Il pellegrinaggio francescano di Benedetto XVI (Prima parte)

Dopo Pavia, Assisi e Bagnoregio, il Papa va alla Verna

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di Marcella Serafini

ROMA, sabato, 12 maggio 2012 (ZENIT.org).- Domani, 13 maggio, Benedetto XVI andrà in visita a La Verna, luogo in cui non solo san Francesco ricevette le stigmate, ma san Bonaventura intuì la sua importante opera Itinerarium mentis in Deum.

Tale opera, come gli altri scritti di san Bonaventura contribuì a formare il pensiero dello stesso Benedetto XVI; infatti se  la sua tesi di dottorato trattò di sant’Agostino, quella di abilitazione all’insegnamento si occupò di san Bonaventura. 

Il viaggio di domenica 13 maggio si può considerare un ulteriore tappa del pellegrinaggio del Pontefice nei luoghi degli autori per lui importanti, dopo Pavia, Assisi e Bagnoregio.

In questo contesto pubblichiamo un articolo della dott. Marcella Serafini inerente un convegno di studi su la ricezione dell’Itinerarium mentis in Deum nel XX secolo, San Bonaventura, Itinerarium mentis in Deum: la ricezione nel secolo XX. Atti dell’Incontro di Studio (Santuario La Verna – Arezzo, 26 settembre 2009; Pontificia università Antonianum – Roma, 27 ottobre 2009 – Firenze 2010).

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In occasione del 750 anniversario (1259-2009) dell’Itinerarium mentis in Deum di san Bonaventura, la provincia Toscana dei Frati Minori, in collaborazione con le Facoltà di Filosofia e Teologia della Pontificia Università Antonianum e con la Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani, ha organizzato un incontro di studio sul tema “San Bonaventura, Itinerarium mentis in Deum: la recezione nel secolo XX”. L’incontro si è tenuto in due sessioni diverse: una di carattere teologico, il 26 settembre 2009, presso il Santuario della Verna; l’altra di carattere filosofico il 27 ottobre presso la Pontificia Università Antonianum.

La scelta della prima sede ha una evidente motivazione storica: nel 1259 Bonaventura, ministro generale dell’Ordine, si recò al monte della Verna, dove Francesco aveva ricevuto le stimmate; meditando tale evento, elaborò l’Itinerarium, in cui narra come l’uomo, prevenuto dalla grazia di Dio, possa passare dalle realtà esteriori a quelle interiori per elevarsi a quelle superiori. Il significato di tale opera è stato ribadito anche da Papa Benedetto XVI il 6 settembre 2009, in occasione della visita a Bagnoregio in onore di san Bonaventura.

La prima sessione dell’incontro è stata introdotta da una comunicazione della prof.ssa Barbara Faes, del Consiglio Nazionale Ricerche, che ha illustrato l’importante opera di edizione critica delle opere di san Bonaventura iniziata da p.Fedele da Fanna negli anni 1871-80 con il paterno sostegno del ministro generale p.Bernardino da Portogruaro.

Quest’ultimo infatti aveva avvertito l’esigenza di promuovere e rinnovare profondamente gli studi all’interno dell’Ordine, per formare, attraverso la lettura diretta dei testi teologico e filosofici medievali, frati spiritualmente preparati e religiosamente motivati. Le vicende di p.Fedele da Fanna, legate a questa prima Edizione dell’Opera Omniadi Bonaventura e alla fondazione del Collegio di Quaracchi, sono state recentemente riproposte nella ristampa anastatica della biografia di p. Vittorino Meneghin O.F.Min.,Il p. Fedele da Fanna dei frati minori (1838-1881), curata dalla stessa Barbara Faes per le Edizioni Porziuncola (2009)

La relazione del prof. Andrea Bellandi, della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, ha avuto per oggetto “La presenza dell’Itinerarium mentis in Deum negli studi inerenti san Bonaventura di Joseph Ratzinger”. L’argomento ha offerto l’occasione per presentare il volume dell’Opera Omnia, edito dalla Herder, contenente tutti gli scritti di Ratzinger inerenti san Bonaventura.

È comunemente noto l’influsso che Agostino ha esercitato nella vita del teologo, sacerdote e uomo di fede J. Ratzinger; meno noto è l’apporto della riflessione bonaventuriana nel pensiero dello studioso bavarese. Non sono molti gli scritti dedicati da Ratzinger al santo francescano: tutti risalgono al primissimo periodo della sua attività accademica e riguardano la complessa questione del rapporto tra rivelazione, scrittura e tradizione; i rimandi di Ratzinger all’Itinerarium sono pochissimi e quasi tutti all’interno della ricerca giovanile concernente la filosofia della storia (di cui è uscita una nuova edizione a cura di L. Mauro; cfr. J.Ratzinger, San Bonaventura. La teologia della storia, Edizioni Porziuncola, Assisi 2008). Secondo Bellandi, invece, l’influenza del Maestro medievale sull’impianto teologico dello studioso bavarese è stata più ampia di quanto i riferimenti diretti potrebbero far pensare.

La prima parte della relazione è stata rivolta a sintetizzare i maggiori contributi che tale lavoro ha portato nella formazione teologica di Ratzinger; la seconda parte è stata orientata a dimostrare come la prospettiva teologica e spirituale presente nel testo bonaventuriano sembri riecheggiare nelle coordinate fondamentali della riflessione di Ratzinger.

Lo studio del concetto di rivelazione, espressa dal Dottor Serafico in consonanza con la teologia del suo tempo, ha condotto il teologo Ratzinger a riscoprire un concetto di rivelazione nuovo e inedito: il carattere dinamico, storico, della Rivelazione, che non coincide con i contenuti, ovvero con la S.Scrittura. Di conseguenza, la nozione di rivelazione è sempre più ampia del solo scritto: non può esistere un mero ‘sola Scriptura’, ma alla Scrittura è legata la Chiesa, quale soggetto destinatario della Rivelazione, e dunque la tradizione.

Tali conclusioni, cui Ratzinger pervenne nella sua ricerca, vennero considerate inaccettabili dal relatore della tesi e il giovane ricercatore fu costretto, per ottenere l’abilitazione, a presentare il lavoro in forma ridotta, cioè espunto delle prime due parti e limitato alla terza, che prende direttamente in esame la teologia della storia del Dottore francescano. Nella sua autobiografia (La mia vita, trad. it. San Paolo, Cinisello Balsamo 1997) Ratzinger si sofferma ampiamente su tali vicende. Tale ricerca ha costituito un punto di riferimento per la comprensione dell’idea di rivelazione.

Nel suo lavoro il giovane teologo dimostrava per la prima volta che il Santo francescano si era confrontato minuziosamente con Gioacchino da Fiore, cercando di accogliere quanto poteva essere utile e integrandolo nell’insegnamento della Chiesa, segno di grande disponibilità al dialogo. Un particolare aspetto della teologia della storia bonaventuriana su cui Ratzinger si sofferma è il Cristocentrismo, inteso come forza operante nella storia attraverso l’azione dello Spirito. La relazione Cristo-Spirito, caratteristica anche dell’Itinerarium, allontana il Doctor Seraphicus dalla visione storica gioachimita. Contenuto della speranza salvifica attesa all’interno della storia è la pace, termine ricorrente nell’Itinerarium.

Nel capitolo conclusivo dell’opuscolo, Bonaventura, sotto l’influsso della teologia di Dionigi l’Areopagita, coglie, ad avviso di Ratzinger, un concetto di rivelazione più ampio di quello codificato dalla teologia tridentina. L’idea medievale di rivelazione, infatti, non si rivolge esclusivamente al passato, ma apre al presente e proietta al futuro, implicando correlativamente un’accoglienza di fede e di amore nel soggetto cui si rivolge. Tale comprensione ampia di rivelazione è stato il contributo particolare di Ratzinger durante le discussioni conciliari che hanno portato alla redazione della Costituzione dogmatica “Dei Verbum”.

Dalla mistica dell’Areopagita deriva a Bonaventura anche l’idea della precedenza dell’amore sulla conoscenza, con una coerente immagine della teologia. Spesso, nei suoi interventi, Ratzinger ha ribadito lo stretto rapporto tra fede, esperienza spirituale e teologia, alla luce dell’asserto metodologico che
esclude la possibilità della conoscenza vera di un oggetto senza una qualche partecipazione affettiva del soggetto conoscente. Ciò richiama il tema della, ovvia, connessione tra teologia e santità, evidente nell’impostazione stessa dell’Itinerarium, che tenta di descrivere l’immedesimazione con l’esperienza di Francesco, totalmente assorbito dall’amore del Crocifisso.

L’intervento di Paolo Martinelli ha evidenziato alcune influenze dirette dell’Itinerarium nell’opera di Von Balthasar (in particolare per quanto riguarda il rapporto tra esperienza spirituale e teologia, sensi spirituali e bellezza). All’interno dell’opera enciclopedica di Von Balthasar è possibile individuare una certa attenzione nei confronti dell’esperienza spirituale di San Francesco e di temi francescani; Bonaventura è, tra i Francescani, l’autore più citato in tutta la trilogia, in particolare dove si fa riferimento ai sensi spirituali, alla cristologia e al rapporto fra Trinità e creazione.

Nel II volume dell’“Estetica Teologica” Bonaventura è considerato ‘creatore di stili’, cioè di una modalità originale di far corrispondere esistenza e rivelazione. Persino Tommaso, in genere molto citato, è in questo caso trascurato da Von Balthasar, che nel parlare di ‘stile teologico’ preferisce il Dottor Serafico; nel II volume dell’Estetica Teologica si trovano anche riferimenti espliciti all’Itinerarium. Secondo Von Balthasar, la teologia di Bonaventura scaturisce da una esperienza fondamentale: quella dell’origine trascendente della rivelazione, che ha la sua sorgente in Dio.

Da ciò deriva il supremo gaudio, che è l’esperienza di Dio come bellezza, sperimentato da chi è radicato nell’amore. Qui emerge il tema bonaventuriano del rapporto tra teologia, santità e spiritualità, diffusa nelle opere di Von Balthasar: è la consapevolezza dell’unità del sapere teologico, in stretto collegamento con l’esperienza presente nei Padri e negli autori medievali; la separazione è successiva. Per quanto riguarda i sensi spirituali, Von Balthasar privilegia l’Itinerarium; l’interesse per Bonaventura è legato all’intenzione di ribaltare il metodo del manualismo e del neotomismo partendo dalla bellezza. L’Itinerarium sembra testimoniare la bontà di questa intuizione, segno del fascino di Dio ma nello stesso tempo di un atteggiamento che non rinuncia al vero: l’approccio estetico non è una scorciatoia alla fatica del pensiero, ma innalza i sensi e l’esperienza umana.

Il giorno 27 ottobre è stato dedicato agli influssi dell’Itinerarium in due autori di formazione filosofica: Guardini e Stefanini.

Silvano Zucal, dell’Università di Trento, ha parlato della presenza di Bonaventura in Romano Guardini. Il prof. Zucal si è occupato nelle pubblicazioni di Rahner, Guardini, Von Balthasar, Bonhoeffer, ma per quanto riguarda l’attività di ricerca assume un particolare rilievo l’interesse più che decennale per Romano Guardini. È anche membro del comitato scientifico per la pubblicazione dell’Opera Omnia di Guardini in lingua italiana presso l’Editrice Morcelliana; l’ultimo volume è dedicato proprio agli scritti su Bonaventura.

Guardini dedica a Bonaventura due lavori: la tesi di laurea del 1915 e quella di abilitazione alla docenza del 1922; ritorna inoltre su Bonaventura in altri due saggi. Nelle monografie emerge un carattere tipico di Guardini: il tentativo di entrare in relazione empatica con gli autori. Bonaventura è il primo autore trattato da Guardini ma anche l’unico cui egli ha dedicato un approccio sistematico. Ciò che di Bonaventura lo affascinava era la capacità di tematizzare a livello teoretico una profonda sensibilità esistenziale; il Dottore francescano era per lui un maestro spirituale, un teologo e solo indirettamente un filosofo: la sua filosofia gli appariva infatti per la gran parte una teologia nascosta. Guardini era affascinato dal profilo spirituale di Bonaventura quale uomo di preghiera, oltre che logico e artista, architetto del pensiero e dell’espressione.

Per il pensatore italo-tedesco, Bonaventura non è mai un teorico impersonale, ma traduce nelle opere l’impronta della propria mitezza e interiorità, nella convinzione che la teologia abbia origine e culmine nella preghiera. Bonaventura, sottolinea Guardini, ha una sensibilità mistica: fa derivare la conoscenza dalla preghiera e dalla relazione con Dio; la teologia pertanto risulta essere una sintesi di teoria e prassi, il cui scopo è quello di rendere gli uomini migliori rivolgendosi al loro cuore. Si tratta di una scienza affettiva che non deriva dal puro pensiero ma dalla virtù, che coinvolge pensiero, volontà e cuore per condurre ad una conoscenza che migliora l’esistenza. L’incontro con Bonaventura durante gli anni di formazione ha costituito per Guardini un’influenza decisiva, fornendo al suo pensiero un’impronta platonico-agostiniana, che resterà costante.

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ZENIT Staff

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