Il Papa ricorda le chiavi dell'azione pastorale con i militari

Solida formazione e disponibilità allascolto e al dialogo

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 23 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Una solida formazione umana e spirituale e capacità di ascolto e dialogo sono gli elementi che devono caratterizzare l’azione pastorale di quanti si dedicano all’evangelizzazione del mondo militare.

E’ quanto ha sottolineato Benedetto XVI ricevendo questo sabato mattina in udienza i partecipanti al sesto Convegno Internazionale degli Ordinariati Militari e al terzo Corso Internazionale di formazione dei Cappellani militari al diritto umanitario.

Le due iniziative, promosse dalla Congregazione per i Vescovi e dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, assumono “un’importanza particolare” perché si collocano nel contesto del 25° anniversario della Costituzione Apostolica di Giovanni Paolo II Spirituali militum curae, ha osservato il Papa.

Con quel documento, ha segnalato, “si intese dare agli Ordinariati Militari la possibilità di promuovere un’azione pastorale sempre più adatta e meglio organizzata per una parte importante del Popolo di Dio, cioè i militari e le loro famiglie, con le loro istituzioni quali caserme, scuole militari e ospedali”.

A 25 anni dalla composizione del testo, si rileva con soddisfazione che gli Ordinariati Militari “hanno dimostrato in genere di avere acquisito uno stile sempre più evangelico, adeguando le strutture pastorali alle urgenti esigenze della nuova evangelizzazione”.

Azione

Il Pontefice ha quindi ricordato “l’esigenza di garantire agli uomini e alle donne delle Forze Armate un’assistenza spirituale che risponda a tutte le esigenze di una vita cristiana coerente e missionaria”.

“Si tratta di formare dei cristiani che abbiano una fede profonda, che vivano una convinta pratica religiosa e che siano autentici testimoni di Cristo nel loro ambiente”, ha osservato, indicando che per raggiungere questo scopo Vescovi e Cappellani militari devono sentirsi “responsabili dell’annuncio del Vangelo e dell’amministrazione dei Sacramenti dovunque siano presenti i militari e le loro famiglie”.

I sacerdoti impegnati nel ministero di evangelizzare il mondo castrense, “rendendo possibile l’incontro con Gesù Cristo e la santità di vita a cui tutti gli uomini sono chiamati”, devono avere “una solida formazione umana e spirituale, una costante cura per la propria vita interiore e, al tempo stesso, essere disponibili all’ascolto e al dialogo, per poter cogliere le difficoltà personali e ambientali delle persone loro affidate”, che “hanno bisogno di un continuo sostegno nel loro itinerario di fede, poiché la dimensione religiosa riveste speciale significato anche nella vita di un militare”.

L’opera di evangelizzazione nel mondo militare, ha aggiunto il Vescovo di Roma, richiede “una crescente assunzione di responsabilità, affinché anche in questo ambito vi sia un annuncio sempre nuovo, convinto e gioioso di Gesù Cristo, unica speranza di vita e di pace per l’umanità”.

Militari per amore

La vita militare di un cristiano, ha aggiunto, “va posta in relazione con il primo e il più grande dei comandamenti, quello dell’amore a Dio e al prossimo, perché il militare cristiano è chiamato a realizzare una sintesi per cui sia possibile essere anche militari per amore, compiendo il ministerium pacis inter arma”.

In particolare, il Papa ha citato l’esercizio della carità “nel soldato che soccorre le vittime dei terremoti e delle alluvioni, come pure i profughi, mettendo a disposizione dei più deboli il proprio coraggio e la propria competenza”.

Allo stesso modo, la carità emerge “nel soldato impegnato a disinnescare mine, con personale rischio e pericolo, nelle zone che sono state teatro di guerra”, e nel militare che, “nell’ambito delle missioni di pace, pattuglia città e territori affinché i fratelli non si uccidano fra di loro”.

“Vi sono tanti uomini e donne in divisa pieni di fede in Gesù, che amano la verità, che vogliono promuovere la pace e si impegnano da veri discepoli di Cristo a servire la propria Nazione favorendo la promozione dei fondamentali diritti umani dei popoli”, ha riconosciuto Benedetto XVI.

In questo contesto, ha indicato, si inserisce il rapporto tra il diritto umanitario e i Cappellani Militari, poiché “una fattiva collaborazione tra organizzazioni umanitarie e responsabili religiosi sviluppa feconde energie volte ad alleviare le asprezze dei conflitti”.

“E’ sotto gli occhi di tutti come nelle devastanti lacerazioni prodotte dalle guerre, la dignità umana venga spesso oltraggiata e la pace sconvolta”, ha concluso il Papa.

La sola dinamica del diritto, tuttavia, “non basta a ristabilire l’equilibrio perduto”: “bisogna percorrere il cammino della riconciliazione e del perdono”.

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ZENIT Staff

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