Il Papa esorta a "guarire le ferite delle relazioni tra cristiani ed ebrei"

Il ricordo del “crimine orrendo” della Shoah rafforzi la determinazione delle parti

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CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 12 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha auspicato questo giovedì che il ricordo del “crimine orrendo” della Shoah rafforzi la determinazione a “guarire le ferite che da troppo tempo affliggono le relazioni fra cristiani ed ebrei”.

Lo ha affermato ricevendo in udienza i membri della delegazione della Conference of Presidents of Major American Jewish Organizations, sottolineando che gli incontri di questo permettono ai rappresentanti delle due religioni di “dimostrare il nostro rispetto reciproco”.

“L’odio e il disprezzo per uomini, donne e bambini manifestati nella Shoah sono stati un crimine contro Dio e contro l’umanità”, ha dichiarato il Santo Padre.

“Questo dovrebbe essere chiaro a tutti, in particolare a quanti appartengono alla tradizione delle Sacre Scritture, secondo le quali ogni essere umano è creato a immagine e somiglianza di Dio”.

Per questo motivo, il Papa sostiene che sia “ovvio che qualsiasi negazione o minimizzazione di questo terribile crimine è intollerabile e del tutto inaccettabile”.

Il “capitolo terribile della nostra storia” rappresentato dall’Olocausto “non dovrà mai essere dimenticato”, ha avvertito, sottolineando che il ricordo “è memoria futuri, un ammonimento a noi per il futuro e un monito a lottare per la riconciliazione”.

Ricordare, ha proseguito, “significa fare tutto il possibile per prevenire qualsiasi recrudescenza di questa catastrofe nella famiglia umana, edificando ponti di amicizia duratura”.

In questo contesto, il Papa ha affermato di pregare “con fervore affinché il ricordo di questo crimine orrendo rafforzi la nostra determinazione a guarire le ferite che da troppo tempo affliggono le relazioni fra cristiani ed ebrei”.

“Desidero sinceramente che la nostra amicizia divenga sempre più forte affinché l’impegno irrevocabile della Chiesa per relazioni rispettose e armoniose con il popolo dell’Alleanza portino frutti abbondanti”, ha aggiunto.

Nel suo discorso, pronunciato in inglese, il Pontefice ha anche affermato di ripensare “con gratitudine” alle varie occasioni che ha avuto nel corso degli anni di “trascorrere del tempo in compagnia dei miei amici ebrei”, non potendo dimenticare la visita nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, nel maggio 2006.

“Entrando in quel luogo di orrore, scenario di indicibile sofferenza, ho meditato sugli innumerevoli prigionieri, così tanti di loro ebrei, che avevano percorso quello stesso cammino nella prigionia ad Auschwitz e in tutti gli altri campi di prigionia”.

“Quei figli di Abramo, colpiti dal lutto e spaventosamente umiliati, avevano ben poco per sostenersi oltre alla propria fede nel Dio dei loro padri, una fede che noi cristiani condividiamo con voi, nostri fratelli e nostre sorelle”.

“L’intero genere umano prova una profonda vergogna per la brutalità selvaggia mostrata allora verso il vostro popolo”, ha detto il Papa ai suoi ospiti richiamando alla mente le immagini di quelle “prigioni infami”.

Il Vescovo di Roma ha quindi affermato che si sta preparando a visitare Israele, “una terra che è santa per i cristiani e per gli ebrei, poiché le radici della nostra fede si trovano lì”.

“La Chiesa trae sostentamento dalla radice di quel buon albero di olivo, il popolo di Israele, su cui sono stati innestati i rami di olivo selvatico dei Gentili”, ha spiegato. “Fin dai primi giorni del cristianesimo, la nostra identità e ogni aspetto della nostra vita e del nostro culto sono intimamente legati all’antica religione dei nostri padri nella fede”.

Riconoscendo che la storia bimillenaria del rapporto fra l’ebraismo e la Chiesa “ha attraversato molte diverse fasi, alcune delle quali dolorose da ricordare”, ha ribadito che “ora che possiamo incontrarci in spirito di riconciliazione, non dobbiamo permettere alle difficoltà passate di trattenerci dal porgerci reciprocamente la mano dell’amicizia”.

La Chiesa, ha sottolineato ancora una volta dopo le varie dichiarazioni in questo senso susseguitesi negli ultimi giorni a causa della remissione della scomunica al Vescovo negazionista Williamson, “è profondamente e irrevocabilmente impegnata a rifiutare ogni forma di antisemitismo e a continuare a costruire relazioni buone e durature fra le nostre due comunità”.

Per questo, ha voluto ripetere le parole pronunciate da Giovanni Paolo II sostando presso il Muro occidentale di Gerusalemme nel suo viaggio in Terra Santa nel 2000: “Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi suoi figli, e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza”.

Nel suo saluto a Benedetto XVI all’inizio dell’udienza, il rabbino della Park East Synagogue di New York, Arthur Schneier, Presidente dell’Appeal of Conscience Foundation, ha riconosciuto che quello attuale è “un momento difficile nelle relazioni fra cattolici ed ebrei” e ha ringraziato il Pontefice “per questo incontro che contribuirà alla comprensione reciproca e al superamento delle difficoltà”.

“Il nostro rapporto, basato sul solido fondamento del Vaticano II, può sopravvivere a periodiche battute d’arresto. Possiamo emergere ancora più forti per collaborare nell’affrontare le enormi sfide della nostra civiltà”, ha riconosciuto.

Dal canto suo Alan Solow, presidente della Conference of Presidents of Major American Jewish Organizations, ha chiesto al Papa di “continuare a denunciare l’antisemitismo in tutte le sue forme” e di “esortare i responsabili della Chiesa in ogni Paese a farne una priorità”.

“Il popolo e i responsabili di Israele l’attendono con ansia, così come noi”, ha concluso riferendosi alla visita papale nel Paese, prevista per il mese di maggio.

 

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ZENIT Staff

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