Faithfull wait for Pope Francis prior the Mass at the Shrine of the Virgin of Caacupe

ANSA

Il Papa dei poveri nel Sud del mondo

Il viaggio “rivoluzionario” di Francesco in Ecuador, Bolivia e Paraguay

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La visita pastorale di Papa Francesco in Ecuador, Bolivia e Paraguay, caratterizzata da incontri cui hanno partecipato folle oceaniche e da discorsi di grande impatto, per i quali spesso al testo scritto il Pontefice ha preferito il parlare a braccio con immediatezza e coinvolgimento emotivo molto intenso, costituisce in se stessa un evento di grande significato. Essa lancia anche visivamente il messaggio della priorità che questo Papa sente di dover dare ai poveri del mondo, a quel Sud del pianeta che spesso nei giochi di potere del “villaggio globale” è stato strumentalizzato a vantaggio dei più ricchi e dei più forti. Proprio così, questo viaggio rappresenta il naturale controcanto a un’altra visita importante, quella che Francesco farà dal 19 al 28 settembre a Cuba e negli Stati Uniti, con tappa anche all’Onu, decimo viaggio internazionale del Suo pontificato, che andrà letto anche nell’ottica della volontà di far risuonare in quei contesti la voce dei Paesi del Sud del mondo. Che cosa i tanti incontri e discorsi vissuti dal Papa in questi giorni dicono a tutti noi, al di là di ciò che hanno detto – pare molto incisivamente – a quanti erano presenti? Tre temi risultano particolarmente presenti, tanto da costituire il nucleo ispirativo di tutto quanto il Vescovo di Roma ha voluto proporre.

Il primo tema è la rilevanza della fede: in un continente come quello latino-americano dove il rapporto con la potenza economica e militare degli Stati Uniti ha fatto spesso da sfondo tanto a scelte rivoluzionarie di tipo marxista, quanto a colpi di stato e dittature di segno opposto, Francesco ha voluto chiarire senza ombra di dubbio che la motivazione del vastissimo impegno della Chiesa per i poveri e al loro fianco è totalmente radicata nell’amore al Figlio di Dio fatto uomo e agli ultimi, cui Lui si è fatto solidale con la sua incarnazione. Così, l’8 luglio in Bolivia il Papa ha affermato: “La fede è una luce che non abbaglia; le ideologie abbagliano, la fede non abbaglia. La fede è una luce che non acceca, ma che illumina e guida con rispetto la coscienza e la storia di ogni persona e di ogni convivenza umana”. Rilevando, poi, come il cristianesimo abbia svolto un ruolo importante nella formazione del popolo boliviano, ha aggiunto: “La fede non può ridursi all’ambito puramente soggettivo e non è una subcultura”. Questo no deciso alle pretese dell’ideologia in nome della fede fa eco alla storia delle ultime decadi del continente sud-americano, dove il prezzo pagato a opzioni ideologiche di destra e di sinistra è stato fortissimo,  e dove la fedeltà alla scelta di fede al servizio dei più poveri è costata il sacrificio di tanti martiri, il cui sangue ha fecondato l’impegno delle comunità cristiane, diffuse capillarmente in quei Paesi. Lungi dall’essere evasione consolatoria, la fede è sorgente di impegno per la giustizia e di solidarietà vissuta, prima accanto al povero e poi per lui e il suo cammino di liberazione e di promozione umana integrale.

Questo forte accento posto sulla fede ha portato Francesco a evidenziare anche la forza rivoluzionaria dell’evangelizzazione e della gratuità che essa richiede e suscita. Il 5 luglio, all’arrivo in Ecuador, il Papa ha detto: “Vengo come testimone della misericordia di Dio e della fede in Gesù Cristo. La stessa fede che per secoli ha plasmato l’identità di questo popolo… Non perdete mai la capacità di rendere grazie a Dio per quello che ha fatto e fa per voi; la capacità di difendere il piccolo e il semplice, di aver cura dei vostri bambini e dei vostri anziani, che sono la memoria del vostro popolo, di avere fiducia nella gioventù, e di provare meraviglia per la nobiltà della vostra gente e la bellezza singolare del vostro Paese”. Chi parla così non ha della fede alcuna concezione ideologica alienante, vi riconosce al contrario una forza propulsiva e trasformante, capace di cambiare il destino degli uomini. Il 7 Luglio, durante la messa celebrata al Parco del Bicentenario, sempre in Ecuador, Papa Francesco ha affermato con forza che la fede “è sempre rivoluzionaria”, e che se l’evangelizzazione “può essere veicolo di sogni e perfino di certe utopie”, il grido di libertà “che proruppe duecento anni fa” in quelle terre funzionò “solo quando lasciò da parte i personalismi, l’aspirazione ad un’unica autorità, la mancanza di comprensione per altri processi di liberazione con caratteristiche diverse, ma non per questo antagoniste”, e si coniugò al rispetto del diverso, ponendosi con gratuità al servizio del bene di tutti. La gratuità è per Francesco lo stile con cui Dio ci ama e quello che la fede deve ispirare ai credenti, perché la loro azione sia efficace e tale da vincere le ingiustizie e incidere nei processi di liberazione. Al santuario mariano di Nuestra Señora del Quinche, dove nella mattina di mercoledì 8 luglio si sono riuniti sacerdoti, religiosi, suore e seminaristi, il Papa ha detto con grande energia: “Ritornate alla gratuità con cui Dio vi ha scelti. Voi non avete pagato l’ingresso per entrare in seminario, per entrare nella vita religiosa. Non ve lo siete meritato… Tutta la vita di un religioso, di una religiosa, di un sacerdote e di un seminarista – e già che ci siamo diciamo: e dei vescovi – deve andare per questa strada della gratuità… Siamo oggetto della gratuità di Dio. Se dimentichiamo questo, lentamente ci allontaniamo da ciò che è la base”. Alla logica dell’interesse e dello sfruttamento, che tanta devastazione ha prodotto nell’ambiente, casa comune di tutti, e nella vita specialmente dei poveri, il Papa ha voluto opporre con decisione il principio di gratuità come sola forza veramente rivoluzionaria, umanizzante ed efficace.

Infine, Francesco ha insistito in più occasioni sulla centralità del noi e il valore della famiglia. Di fronte al milione di persone che gremivano la grande spianata del parco de Los Samanes, a Guayaquil, il Papa ha detto: “La famiglia è una scuola dove il pregare ci ricorda anche che c’è un ‘noi’, che esiste un prossimo vicino, evidente, che vive sotto lo stesso tetto, che condivide con noi la vita e ha delle necessità… La famiglia è l’ospedale più vicino: quando uno è malato lo curano lì, finché si può. La famiglia è la prima scuola dei bambini, è il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, è il miglior asilo gli anziani. La famiglia costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire, che dev’essere aiutata e potenziata, per non perdere mai il giusto senso dei servizi che la società presta ai suoi cittadini. Questi servizi non sono una forma di elemosina, ma un autentico ‘debito sociale’ nei confronti dell’istituzione familiare, che è la base e che tanto apporta al bene comune. La famiglia forma anche una piccola Chiesa, la chiamiamo ‘Chiesa domestica’, che, oltre a dare la vita, trasmette la tenerezza e la misericordia divina”. La buona novella che la Chiesa propone si carica dunque di concretezza esistenziale quando essa annuncia il valore e la bellezza della famiglia, scuola di umanità e di socialità, di vita ecclesiale e di fede. Nell’approssimarsi del Sinodo dei Vescovi che in ottobre sarà dedicato proprio alla vocazione e alla missione della famiglia nel mondo contemporaneo, questa insistenza del Papa sulla famiglia, in contesti così bisognosi di liberazione e di promozione umana, diventa un appello a rilanciare la centralità dell’istituto familiare e l’accompagnamento ad esso, in vista di una sempre più piena integrazione di ciascuno dei suoi membri nel tessuto vitale della comunità, come compito prioritario e oggi più che mai ineludibile di ogni discepolo di Cristo, come di ogni donna o uomo che voglia servire la causa del bene comune.

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Fonte: Il Sole 24 Ore, domenica 12 Luglio 2015, pp. 1 e 13

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Bruno Forte

Arcivescovo di Chieti-Vasto

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