Il Papa che bussa per aprire il cuore

Un sacerdote spiega che i cristiani “amano senza condizioni chi ha divorziato, abortito, ucciso, rubato, adulterato”

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Ascolti Papa Francesco e ti appare chiaro e compiuto il Vangelo. Ci stupisce, semina sgomento, in fondo abbiamo sempre pensato alla Chiesa come la nostra casa. Calda, accogliente, le cose in ordine, sempre allo stesso posto, e, soprattutto sicura. Allarme, cani e inferriate a presidiare quello che abbiamo costruito a prezzo di grandi sacrifici, l’unica cosa nostra forse, l’unico posto dove possiamo riposare, protetti e liberi, in mezzo a un mondo ostile.

Così immaginiamo e viviamo la Chiesa, casa nostra, dove abitiamo da sempre con la nostra famiglia. Ma un mattino, papà si sveglia e comincia ad aprire le finestre e spalancare le porte, lega i cani e disinstalla l’allarme. E invita tutti a far colazione, se ne va dai vicini, pure da quelli che ci hanno sempre guardato in cagnesco, con diffidenza, ironia e supponenza. Si è infilato addirittura in casa di quello che non ha mai dissimulato disprezzo per la nostra famiglia, denunciandoci senza vergogna per inadempienze mai commesse.  

Che succede, le persiane aperte troppo in fretta, è presto, si dorme ancora a quest’ora. La luce sparata negli occhi, siamo ancora in pigiama, il trucco accidenti, la doccia, i capelli, e la casa è già piena di gente ad aprire il frigorifero. Ehi, ma che fanno, pensano di stare a casa loro?

Ecco, sta succedendo proprio questo… Non che i predecessori, in un modo o nell’altro non abbiano fatto lo stesso. Chi vive le vicende della famiglia con occhi aperti sa che da duemila anni è sempre andata così, chiedete ai contemporanei di San Francesco e di Sant’Ignazio di Loyola, tanto per rimanere in tema…

Ma ci si dimentica in fretta, non si comprende bene, perché, probabilmente, non abbiamo capito ancora che razza di casa sia la Chiesa. Proprio quando i marosi del mondo cominciano a impaurirci e pensiamo bene di rifugiarci in casa sbarrandone ogni accesso, arriva papà e spariglia tutto.

L’ha costruita Lui, e non noi. E già questo basterebbe. La tiene in piedi Lui, e questo ci dovrebbe far pensare. L’ha voluta aperta a tutti, ventiquattro ore al giorno: l’ha disegnata a sua immagine, come un volto di speranza e misericordia in mezzo al peccato. Ecco che cos’è la nostra casa, la nostalgia del paradiso deposta nel cuore malato e alienato di ogni generazione. Nostalgia di amore e tenerezza, pazienza e gioia vera. Nostalgia di Cristo, da destare nel cuore di ogni uomo.

Papà Francesco, pardon… Papa Francesco è arrivato e ha cominciato ad aprire quello che, noi e non Benedetto, stavamo chiudendo terrorizzati. Ci ha svegliati e ci ha messi, così come siamo, in vetrina davanti al mondo. Mamma mia…. Non eravamo preparati… Qualcuno intento a pensare, qualcun altro a lucidare l’argenteria, altri a guardarsi allo specchio tra rimmel e fondotinta…

Ma Francesco ci ha svegliato di soprassalto. Non lui, ma Colui di cui è vicario, Cristo, il più prossimo a ogni uomo, che si è fatto carne identica alla nostra, che si è fatto peccato…. Francesco Vicario di Cristo, ci ha presi per mano e ci ha buttati in cerca dei peccatori! Ha spalancato la Chiesa verso le periferie dell’esistenza. Ci ha lanciato sui tetti e agli angoli delle strade, ad annunciare il banchetto di misericordia preparato per ogni uomo.

Se n’è andato ai crocicchi trascinandoci dove non bastano i ragionamenti e il Logos si fa carne debole piagata, e le parole sono un abbraccio crocifisso che sussurra incessantemente “Padre perdonali”; ci ha portati dove anche la liturgia non riesce a parlare, perché dove non si conosce Cristo e il peccato divora le anime non c’è gratitudine e lode.

Con la parola e i gesti profetici, ha cominciato a spingere tutti, buoni e cattivi, perché entrino in casa… Proprio come accade a San Francesco quando visitò il Vaticano, cencioso, vestito di un povero sacco, che impressione in mezzo a quegli incensi… Ecco, oggi è ancor più sconvolgente: il carisma inviato a destare la Chiesa, accolto da Innocenzo III come da ogni Papa nella storia, veste l’abito dell’Istituzione. Lo stesso Spirito che rinnova la Tradizione assopita soffia nell’Istituzione e nei carismi, nei movimenti e nelle comunità di cui abbiamo tanta paura.

Papa Francesco ci ricorda la dignità altissima e la missione di ogni cristiano. Ci ripete che la Chiesa esiste solo per essere aperta. Bussa al nostro cuore e lo sconvolge, perché mette in crisi equilibri che crediamo solidissimi e invece sono precari. La fede è annuncio, puzza di pecora, o altrimenti è solo una sua contraffazione.

Papa Francesco ci sferza, con la sua figura gettata in pasto alla gente. Siamo oggi noi cibo per quest’umanità sconvolta? Cristo celebrato e creduto nelle basiliche e nelle cappelline è pane spezzato nelle nostre ore, nei nostri uffici, nelle nostre scuole, attraverso la nostra carne viva nel mondo?

La Chiesa, infatti, osa la stolta arrendevolezza della Croce, il non resistere al male che non è in contraddizione con l’affermazione senza smagliature della verità. Perché la Verità è sempre crocifissa, o non sarà Verità, anche se fosse la professione senza se e senza ma dei principi non negoziabili, anche se trovasse il rifiuto violento e la morte eroica. Resterebbe, appunto, una morte eroica, ma non un martirio.

Il dogma che abbraccia e infonde vita ad ogni altro dogma è la Croce gloriosa di Cristo risorto. Solo questo amore è credibile, nel senso che solo chi ama il nemico sino a dare la vita per lui conferisce anche al dogma, ai valori e ai principi morali irrinunciabili e non negoziabili, l’autorevolezza dell’autenticità. L’amore, infatti, li rivela “in presa diretta” mentre si realizzano nei cristiani, come connaturali all’uomo, come gli unici che si addicono alla persona, di qualunque razza e cultura.

Anche la legge naturale sarà rivelata solo in carni e vite capaci di superare i limiti della natura e delle leggi che Dio stesso le ha imposto, andando a ripescare chi, liberamente e orgogliosamente, le ha infrante. I cristiani entrano nel regno dei morti, si aggirano negli inferi dei quali nessuno si avvede, e toccano, destano e si caricano dei relitti umani che vi si trovano.

Amano senza condizioni chi ha divorziato, abortito, ucciso, rubato, adulterato. Annunciano ovunque il Vangelo capace di dar vita ai morti; sanno che la predicazione di un morto risuscitato è cosa stolta, ma proprio per questo ha il potere di compiere ciò che annuncia.

Così offrono a tutti la loro casa: sanno che è un ospedale da campo dove Cristo cura le ferite dell’umanità e la Parola e i sacramenti son capaci di accompagnare la degenza dei malati sino a riportarli ad essere il prodigio pensato da Dio, “a maggior gloria di Dio”.

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Antonello Iapicca

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