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Il Papa alla Roaco: "Pregate per il mio viaggio in Armenia"

Francesco chiede di operare sempre con la certezza che “sotto le incrostazioni materiali e morali, le lacrime e il sangue provocate da guerra, violenza e persecuzione” c’è una speranza

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“Le parole dell’Occidente hanno bisogno delle parole dell’Oriente perché la Parola di Dio manifesti sempre meglio le sue insondabili ricchezze. Le nostre parole si incontreranno per sempre nella Gerusalemme del cielo, ma invochiamo e vogliamo che quell’incontro sia anticipato nella Santa Chiesa che ancora cammina verso la pienezza del Regno”.

Ritornano le parole di Giovanni Paolo II nel discorso che il Papa rivolge ai membri della Roaco (Riunione delle Opere di Aiuto per le Chiese Orientali), ricevuti stamane in udienza al termine della plenaria in Vaticano. Durante i lavori particolare attenzione è stata dedicata alle presenze delle Chiese Siro-Malabarese e Siro-Malankarese nei territori dell’India, al di fuori del Kerala.

Questo, ha detto il Pontefice, “mi fa auspicare che si possa procedere secondo le indicazioni dei miei Predecessori, nel rispetto del diritto proprio di ciascuno, senza spirito di divisione, ma favorendo la comunione nella testimonianza dell’unico Salvatore Gesù Cristo”. Una comunione, ha aggiunto, che “in ogni parte del mondo dove cattolici latini e orientali vivono fianco a fianco, ha bisogno delle ricchezze spirituali dell’Occidente e dell’Oriente, alle quali possono attingere le giovani generazioni di sacerdoti, religiosi e religiose e operatori pastorali”.

“Con un augurio fraterno”, il Papa ha poi salutato padre Francesco Patton, succeduto a Padre Pierbattista Pizzaballa come Custode di Terra Santa. “Colgo l’occasione – ha detto – per esprimere la mia simpatia e la mia riconoscenza a tutti i Frati Minori che da secoli garantiscono il mantenimento dei Luoghi Santi e dei Santuari, anche grazie alla Colletta del Venerdì Santo che ogni anno si rinnova, a partire dalla felice intuizione del beato Paolo VI”.

“Il Signore vi custodisca e vi dia pace!” ha affermato il Santo Padre, auspicando che “con l’aiuto generoso di tanti, siano portati a termine i lavori di restauro della Basilica della Natività e dell’edicola del Santo Sepolcro, anche con il contributo delle altre comunità cristiane”.

Proprio parlando dei restauri a Betlemme, Bergoglio dice di aver saputo che su una parete della navata è venuto alla luce un settimo angelo in mosaico “che, insieme agli altri sei, forma una sorta di processione verso il luogo che commemora il mistero della nascita del Verbo fatto carne”. “Questo fatto – ha osservato – ci fa pensare che anche il volto delle nostre comunità ecclesiali può essere coperto da ‘incrostazioni’ dovute ai diversi problemi e ai peccati”.

“Eppure – ha sottolineato – la vostra opera deve essere sempre guidata dalla certezza che sotto le incrostazioni materiali e morali, anche sotto le lacrime e il sangue provocate dalla guerra, dalla violenza e dalla persecuzione, sotto questo strato che sembra impenetrabile c’è un volto luminoso come quello dell’angelo del mosaico”.

L’invito è quindi a cooperare, attraverso progetti e azioni, a questo “restauro” perché “il volto della Chiesa rifletta visibilmente la luce di Cristo Verbo incarnato”. “Egli è la nostra pace – ha rimarcato il Pontefice – e bussa alla porta del nostro cuore in Medio Oriente, così come in India o in Ucraina, paese quest’ultimo a cui ho voluto che si destinasse una colletta straordinaria indetta nello scorso mese di aprile tra le Chiese d’Europa”.

Prima di congedarsi, il Papa domanda quindi preghiere per sé stesso “che tra pochi giorni mi recherò pellegrino in una terra orientale, l’Armenia, prima tra le Nazione ad accogliere il Vangelo di Gesù”.

[S.C.]

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ZENIT Staff

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