Il mondo mistico di El Greco, tra "illuminazioni" e visioni

La Libreria Editrice Vaticana celebra il 400esimo anniversario della morte dell’artista greco con un volume scritto dal critico Mario Dal Bello

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In occasione del 400esimo anniversario della morte del pittore El Greco, la Libreria Editrice Vaticana celebra l’artista con la pubblicazione del libro El Greco, le illuminazioni,scritto dal critico d’arte Mario Dal Bello.

Perché El Greco è uno dei pittori più originali della storia dell’arte? Perché fu poco apprezzato dai suoi contemporanei, dimenticato dopo la sua morte e riscoperto solo agli inizi del Novecento? Quali tratti della sua arte continuano ancora a stupirci? Questi sono solo alcuni dei quesiti che vengono affrontati nel libro di Mario Dal Bello, che con narrazione rigorosamente scientifica, elaborata in elegante stile letterario, conduce il lettore in un mondo mistico di “illuminazioni” e visioni.

Dominìkos Theotokopoulos nasce nel 1541 a Phodèle, nell’isola di Creta, all’epoca dominio veneziano, in una famiglia benestante: suo padre era esattore d’imposte per conto della Serenessima. Cresciuto, probabilmente, nella fede ortodossa, si formò come pittore d’icone, e ben presto si recò a Venezia (1568), al tempo florido mercato dell’arte, dove operavano personalità del calibro di Tiziano, Tintoretto, Veronese e Bassano. Mario dal Bello nota, con acutezza,come El Greco, durante il suo soggiorno veneziano, abbia  saputo assorbire da costoro le caratteristiche più eclatanti: il colore caldo tizianesco […], il dinamismo spirituale del Tintoretto, gli spazi lucenti di Veronese, le luci artificiali del Bassano”.

Nel 1570, grazie alla raccomandazione di Giulio Clovio – il più grande miniaturista del Rinascimento -, fu ospitato a Roma dal Cardinale Alessandro Farnese, il quale aveva trasformato il suo palazzo nel fulcro intellettuale e artistico della città. Il sodalizio con il Cardinale, tuttavia, fu di breve durata, probabilmente a causa della superbia di El Greco. In proposito, il cronista Mancini ci racconta che, durante il suo soggiorno romano, il pittore cretese ebbe il coraggio di proporsi a Pio V per ridipingere il Giudizio Universale di Michelangelo, affinché la Cappella Sistina potesse essere decorata secondo i nuovi dettami del Concilio di Trento (1563).

Nel 1577, si trasferì in Spagna, probabilmente attratto, come altri artisti dell’epoca, dalle commesse che Filippo II distribuiva per decorare il monastero-palazzo El Escorial. Fu così che, dopo un breve soggiorno a Madrid, si trasferì a Toledo per lavorare a due importanti commissioni: le tele per Santo Domingo el Antiguo e la tela dell’Espolio per la cattedrale della città. Durante i primi anni del suo soggiorno spagnolo, El Greco tentò poi di accreditarsi quale pittore di corte, dipingendo due opere per il re Filippo II: l’Allegoria della Lega Santa (1579-1582) e il Martirio di San Maurizio (1580-82).

Se la prima tela incontrò il gusto del sovrano, la seconda lo scontentò fortemente: Filippo II la fece sostituire con un’altra, e non affidò mai più, all’artista, la realizzazione di altre opere. Non sappiamo quali aspetti del dipinto non piacquero al sovrano; sappiamo però che questi era un ardente sostenitore dei decreti tridentini e che, in base alla testimonianza dell’abate dell’Escorial, José de Siguenza, preferiva che “i Santi fossero dipinti in modo tale da non far svanire il desiderio di pregare davanti a loro”.

La pittura di El Greco è forse tale da non indurre alla preghiera? Secondo Mario Dal Bello il mancato apprezzamento del Martirio di San Maurizio non è da attribuire a circostanza di tal genere, ma allo stile straordinariamente originale: “l’antinaturalismo del pittore con le sue figure allungate, la loro disinvolta eleganza, il forte chiaroscuro, i colori acuti, il doppio episodio – in primo piano Maurizio esorta i soldati al martirio, in secondo piano li conforta prima della decapitazione – e l’affollamento eccessivo, non poteva piacere a un sovrano amante dell’ordine e della chiarezza”.

Fu così che, privato dell’apprezzamento del re, El Greco decise di eleggere Toledo a sua dimora definitiva. Qui visse e lavorò in un fervido clima religioso, ed ebbe modo d’incontrare letterati come Cervantes, Lope de Vega, Gongora e Paravicino.

Il suo inconfondibile stile maturò proprio nel suo soggiorno spagnolo, dove dipinse opere che andavano “oltre lo spirito propangandistico della pittura controriformista rivendicando il ruolo dell’esperienza interiore e promuovendo un realismo di tipo mistico”. Infatti le figure delle sue tele, anche se protagoniste di visioni e apparizioni, sono ben salde, concrete. Questo perché El Greco partendo dalla realtà, realizza, grazie ad un particolarissimo uso della luce e di cromie accese, un’operazione di sublimazione, che culmina nella rivelazione. La luce, che domina e costruisce tutte le sue composizioni, non viene da una fonte esterna alla tela, ma promana dalle figure stesse, come se ardessero di un fuoco interiore: il lume di Dio. Ed è proprio questa luce “interiore”, vibrante negli splendidi sfondi notturni, che conduce alla percezione del mondo invisibile dello Spirito.

Osservando gli sguardi silenziosi dei suoi personaggi e l’atmosfera contemplativa entro cui sono spesso calati, Dal Bello definisce El Greco un “mistico drammatico”; e tuttavia nota come sia sorprendente il fatto che l’ultima tela dell’artista, dipinta tra il 1612-14, destinata al suo sepolcro, non rappresenti l’iconografia della Pietà – scelta da Michelangelo, Tiziano e Tintoretto per la loro sepoltura – ma quella della Natività. Ormai vecchio e prossimo alla fine, El Greco decise di raccontare la vita, con un quadro che lascia trasparire non la paura della morte, ma la certezza del futuro ingresso in quella dimensione divina che tante volte aveva raffigurato.

Il libro El Greco, le illuminazioni, di Mario Dal Bello, costituisce un commosso omaggio alla memoria del grande pittore. Scritto con stile elegante e letterario, si sofferma sulle opere più importanti dell’artista, raccontando, con sapienza e passione, un universo visivo mistico che abbaglia e meraviglia il lettore.

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Giovanni Argan

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