Il "Mistero di Natale" secondo Edith Stein

La nascita del Salvatore e la sua attualità

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di Eric de Rus

ROMA, giovedi, 22 dicembre 2011 (ZENIT.org) – “Il Natale è l’inizio di un’avventura che non è altro che quella della grazia nelle nostre vite”. Ad offrire ai lettori di ZENIT questa lettura del “Mistero di Natale” e della sua attualità oggi, alla scuola di Edith Stein, la santa carmelitana convertita dall’ebraismo, martirizzata ad Auschwitz nel 1942, è Eric de Rus, professore associato di Filosofia nell’insegnamento cattolico (a Rueil Malmaison, un comune nel dipartimento dell’Hauts-de-Seine). Lo scrittore ha pubblicato due raccolte di poesie nonché saggi dedicati al pensiero di Edith Stein e al suo metodo artistico.

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Nel 1931, a Ludwigshafen (nel Land della Renania-Palatinato, in Germania), la filosofa cattolica Edith Stein pronunciò una conferenza sul tema del Mistero di Natale. Questa meditazione ci permette di sondare l’incredibile profondità del mistero della nascita del Salvatore e della sua attualità nelle nostre vite e per il mondo.

Edith Stein ci fa immediatamente contemplare il “Bambino che porta la pace sulla terra”. Ma attenzione: la stella che splende, in alto e pura nella notte di Natale, ci comunica che l’arrivo della Luce tra di noi non viene immediatamente accolto a causa dello spessore del peccato. Natale è il grande mistero dell’amore seminato nel buio, e finalmente vittorioso! “E’ una verità difficile e grave, che l’immagine poetica del Bambino nella mangiatoia non deve mascherare”.

Edith Stein decifra il bagliore della stella seguita dai pastori nella notte come una chiamata che deve aprire dolorosamente il suo cammino nei nostri cuori. Perché il Natale è già lo scrigno della chiamata del Salvatore, che i discepoli sentiranno risuonare: “Seguimi”. Aggiungendo: “Lo dice anche a noi, mettendoci davanti alla scelta tra la luce e l’oscurità”.

In altre parole, il Natale è l’inizio di un’avventura che non è altro che quella della grazia nelle nostre vite. Edith Stein aveva imparato alla scuola dei maestri del Carmelo, Teresa d’Avila e Giovanni della Croce in particolare, che la grazia si sviluppa in noi come un seme di vita che ci trasforma, facendoci partecipe della Vita stessa di Dio. Ed è proprio in Gesù che questo mistero si compie, Lui, di cui noi diventiamo, attraverso il battesimo, membra vive del suo Corpo che è la Chiesa.

Per questo motivo, il seguito della meditazione di Edith Stein insiste sui segni fondamentali di un’esistenza umana unita a Dio: l’amore caritatevole verso il prossimo, “che sia parente o no, che lo troviamo simpatico o no, che sia moralmente degno del nostro aiuto o no”, e la remissione della nostra volontà nelle mani del Padre. Fare la volontà di Dio è “mettere le nostre mani in quelle del Bambino divino” ad imitazione della Vergine Maria, di San Giuseppe e di tutti i santi. Nella sua contemplazione del Bambino-Dio, Edith Stein ci porta sui sentieri di una vera e propria configurazione a Cristo e al mistero della salvezza. Perché accogliere il Bambino-Dio è partecipare alla disposizione fondamentale del Cuore di Cristo tutto intero amorevolmente rimesso al Padre, come suo figlio tanto amato, in una fiducia “incrollabile”.

Di conseguenza, la sfida di Natale è quella di lasciare la grazia “penetrare di vita divina tutta la vita umana”. Questo presuppone di “essere ogni giorno in relazione con Dio” attraverso l’ascolto della sua parola, la preghiera liturgica ed interiore e la vita sacramentale. Alla scuola del Bambino-Dio, noi impariamo a vivere da “figlio di Dio” per “nascere all’immensità della vita di Cristo”. Questo è il “cammino aperto a tutti noi, a tutta l’umanità”.

In questa conferenza di Edith Stein, ritroviamo, ancora e sempre, l’insegnante e fenomenologa, che educa il nostro sguardo interiore. In questa sede si tratta di decifrare, sotto l’apparente insignificanza del presepe, le dimensioni di una chiamata immensa, cioè di partecipare alla “grande opera del Redentore”.

Se il Natale è la festa della gioia, è probabilmente perché la gioia è un movimento che ci tira fuori da noi stessi. La contemplazione di Gesù nella mangiatoia realizza precisamente questa uscita da noi stessi. Il meravigliarsi davanti alla bellezza nascosta del Salvatore ci libera da noi stessi e ci apre al mondo che aspetta che noi Lo annunciamo con le nostre vite, la “Luce Eterna, che è Amore e Vita”.

Edith Stein aveva un’amica molto stimata nella persona della poetessa e membro della resistenza tedesca, Gertrud von le Fort. In modo stupendo, la poetessa riassume la chiamata che il Natale fa, tintinnando nel cuore di ogni cristiano: “Cantatelo nell’attesa dell’alba, cantatelo dolcemente, dolcemente all’orecchio delle tenebre del mondo!”.

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ZENIT Staff

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