Il messaggio di Benedetto XVI per la 45° Giornata mondiale della Pace 2012

Le parole del Pontefice rivolte ai giovani ed ai responsabili dell’educazione

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 18 dicembre 2011 (ZENIT.org) – Venerdì 16 dicembre, è stato pubblicato il messaggio di Benedetto XVI per la 45° Giornata Mondiale della Pace del primo gennaio 2012 sul tema “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Di seguito ne viene riportata una sintesi a cura della Radio Vaticana.

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1. Il Papa invita a guardare il 2012 con “atteggiamento fiducioso” anche se nell’ultimo anno “è cresciuto il senso di frustrazione per la crisi che sta assillando la società, il mondo del lavoro e l’economia; una crisi le cui radici sono anzitutto culturali e antropologiche. Sembra quasi che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno”. Si rivolge in particolare ai giovani “nella convinzione che essi, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova speranza al mondo”. “Le preoccupazioni manifestate da molti giovani in questi ultimi tempi, in varie Regioni del mondo – sottolinea – esprimono il desiderio di poter guardare con speranza fondata verso il futuro”. “E’ importante che questi fermenti e la spinta ideale che contengono trovino la dovuta attenzione in tutte le componenti della società. La Chiesa guarda ai giovani con speranza, ha fiducia in loro”, “li incoraggia a ricercare la verità” e “a difendere il bene comune”.

2. Benedetto XVI si rivolge ai responsabili dell’educazione. Oggi “sono più che mai necessari autentici testimoni, e non meri dispensatori di regole e di informazioni; testimoni che sappiano vedere più lontano degli altri, perché la loro vita abbraccia spazi più ampi”. Il Papa esorta i genitori “a non perdersi d’animo” nonostante le difficoltà: “viviamo in un mondo in cui la famiglia, e anche la vita stessa, sono costantemente minacciate e, non di rado, frammentate. Condizioni di lavoro spesso poco armonizzabili con le responsabilità familiari, preoccupazioni per il futuro, ritmi di vita frenetici”. Si rivolge ai responsabili delle istituzioni che hanno compiti educativi affinché “abbiano cura che ogni giovane possa scoprire la propria vocazione” assicurando “alle famiglie che i loro figli possano avere un cammino formativo non in contrasto con la loro coscienza e i loro principi religiosi”. Si rivolge ai responsabili politici, “chiedendo loro di aiutare concretamente le famiglie e le istituzioni educative ad esercitare il loro diritto-dovere di educare. Non deve mai mancare un adeguato supporto alla maternità e alla paternità. Facciano in modo che a nessuno sia negato l’accesso all’istruzione e che le famiglie possano scegliere liberamente le strutture educative ritenute più idonee per il bene dei propri figli. Si impegnino a favorire il ricongiungimento di quelle famiglie che sono divise dalla necessità di trovare mezzi di sussistenza. Offrano ai giovani un’immagine limpida della politica, come vero servizio per il bene di tutti”. Lancia un appello “al mondo dei media affinché dia il suo contributo educativo”. Ma responsabili sono anche i giovani che “devono avere il coraggio di vivere prima di tutto essi stessi ciò che chiedono a coloro che li circondano”.

3. Il messaggio sottolinea quindi la necessità di “educare alla verità e alla libertà”. “Il volto umano di una società dipende molto dal contributo dell’educazione a mantenere viva” l’insopprimibile domanda sulla verità, su chi è l’uomo: “l’uomo è un essere che porta nel cuore una sete di infinito, una sete di verità – non parziale, ma capace di spiegare il senso della vita – perché è stato creato a immagine e somiglianza di Dio”. Riconoscere questa verità porta ad “avere un profondo rispetto per ogni essere umano”. D’altra parte “solo nella relazione con Dio l’uomo comprende anche il significato della propria libertà”. “Questa non è l’assenza di vincoli o il dominio del libero arbitrio, non è l’assolutismo dell’io. L’uomo che crede di essere assoluto, di non dipendere da niente e da nessuno, di poter fare tutto ciò che vuole, finisce… per perdere la sua libertà”. Oggi minaccia la libertà la “massiccia presenza” del “relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie, e sotto l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione, perché separa l’uno dall’altro, riducendo ciascuno a ritrovarsi chiuso dentro il proprio “io”. “Il retto uso della libertà è dunque centrale nella promozione della giustizia e della pace, che richiedono il rispetto per se stessi e per l’altro, anche se lontano dal proprio modo di essere e di vivere”.

4. Occorre poi “educare alla giustizia” in un mondo che tende “a ricorrere esclusivamente ai criteri dell’utilità, del profitto e dell’avere”. La giustizia “non è una semplice convenzione umana”: infatti “ciò che è giusto” è determinato non da un contratto ma “dall’identità profonda dell’essere umano” creato da Dio. Oggi “certe correnti della cultura moderna, sostenute da principi economici razionalistici e individualisti, hanno alienato il concetto di giustizia dalle sue radici trascendenti” con la conseguenza di separarlo “dalla carità e dalla solidarietà”.

5. “La pace – ribadisce il Papa – non è la semplice assenza di guerra e non può ridursi ad assicurare l’equilibrio delle forze contrastanti”. “La pace è frutto della giustizia ed effetto della carità”. “E’ anzitutto dono di Dio” ma “anche opera da costruire. Per essere veramente operatori di pace, dobbiamo educarci alla compassione, alla solidarietà, alla collaborazione, alla fraternità, essere attivi all’interno della comunità e vigili nel destare le coscienze sulle questioni nazionali ed internazionali e sull’importanza di ricercare adeguate modalità di redistribuzione della ricchezza, di promozione della crescita, di cooperazione allo sviluppo e di risoluzione dei conflitti”. Il Papa invita i giovani “ad avere la pazienza e la tenacia di ricercare la giustizia e la pace, di coltivare il gusto per ciò che è giusto e vero, anche quando ciò può comportare sacrificio e andare controcorrente”.

6. “Non sono le ideologie che salvano il mondo – afferma Benedetto XVI – ma soltanto il volgersi al Dio vivente” che è amore: “e che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore?”. Il Papa, invitando a guardare “con maggiore speranza al futuro”, lancia, infine, un accorato appello ai giovani: “Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi. Non abbiate paura di impegnarvi, di affrontare la fatica e il sacrificio … Siate coscienti di essere voi stessi di esempio e di stimolo per gli adulti, e lo sarete quanto più vi sforzate di superare le ingiustizie e la corruzione, quanto più desiderate un futuro migliore e vi impegnate a costruirlo. Siate consapevoli delle vostre potenzialità e non chiudetevi mai in voi stessi, ma sappiate lavorare per un futuro più luminoso per tutti. Non siete mai soli. La Chiesa ha fiducia in voi, vi segue, vi incoraggia e desidera offrirvi quanto ha di più prezioso: la possibilità di alzare gli occhi a Dio, di incontrare Gesù Cristo, Colui che è la giustizia e la pace”.

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ZENIT Staff

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