Il mercato non è capace di autogoverno

I campi d’azione della cultura cattolica

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di Rosario Sitari
Segretario Nazionale Associazione Italiana Docenti Universitari

ROMA, giovedì, 26 giovedì 2012 (ZENIT.org).- Il Welfare State nacque dal fallimento di un mito che ora si ripresenta con la globalizzazione: il mito del mercato capace di autogovernarsi.

La questione che allora fu risolta a livello nazionale col solidarismo del Welfare State, si ripropone oggi a livello di sistema globale.

Il sistema globale esiste, ed esiste sostanzialmente come area di competizione capitalistica nella sua versione più devastante: quella finanziaria. Ora si tratta di costruire una Comunità internazionale fondata sul principio di sussidiarietà, regolata dal diritto e ordinata al bene comune.

Per passare dalla Babele della crisi attuale allo spirito della Pentecoste è necessario che la società civile faccia propri sistemi educativi che si spingano nel mare aperto di tutte le forme del sapere in modo da fruire degli apporti di filosofi, teologi e scienziati per una ricerca comune di significato. Un’educazione alla cittadinanza democratica planetaria, dunque, che postula approcci interculturali per la conquista di un’identità solidale.

Questi sistemi educativi possono diventare i vettori di una cultura per passare da una globalizzazione egemonizzata dagli aspetti finanziari ad una globalizzazione capace di superare concetti parziali e riduttivi dell’uomo: occorre recuperare un’etica della responsabilità e della reciprocità all’interno della riflessione economica. Ma non si può avere coscienza di sé senza educazione alla coscienza comunitaria e senza accogliere la diversità, il pluralismo e la reciprocità, né si può valorizzare il riferimento locale senza una valorizzazione all’appartenenza planetaria, così come non si fa educazione ai valori nazionali senza apertura all’interdipendenza tra le nazioni e le varie istituzioni.

Si tratta di dare risalto al momento della problematicità storica in un‘ottica post-conciliare e prendere coscienza che il campo di azione della cultura cattolica è quello proprio dei corpi intermedi dove si può marcare una presenza significativa e articolata non solo nella dimensione individuale, ma anche nella dimensione collettiva e in quella istituzionale.

In questa sussidiarietà orizzontale si schiudono opportunità di negoziazione e di testimonianza e occasioni per collocare tutti gli elementi di modernità, come il volontariato e il no profit, proprio nel momento in cui la globalizzazione e la desertificazione dell’area pubblica cancellano il territorio che diventa virtuale e dove, invece, i diritti fondamentali della dimensione locale preesistono anche rispetto al diritto positivo della società politicamente organizzata in Stato sovrano. La dimensione territoriale, dove i diritti umani sono tutelabili nella solidarietà in chiave locale, costituisce l’humus dove il messaggio sociale evangelico può radicarsi a rete e, perciò, esprimersi nel villaggio globale. Nella dimensione locale si concilia economia e politica, ricchezza e distribuzione, concorrenza e cooperazione. Il contributo che la Chiesa può offrire all’applicazione del Principio di sussidiarietà è insostituibile perché essa è diffusa capillarmente e ha una forte capacità di incidere sulla coscienza dei credenti per orientarli nel mondo in cui vivono, potendo agire sia localmente che globalmente1.

Orbene, per evitare che l’umanesimo si banalizzi nella filantropia va proposta come filosofia pubblica moderna la dottrina sociale della Chiesa che può trovare espressione anche nel pluralismo teorico e metodologico della scienza economica.

Una scienza, cioè, in grado di consentire l’individuazione di criteri per formulare giudizi sulla proporzione dei mezzi rispetto ai fini, sulla scelta dei mezzi più adatti nelle circostanze storiche date, sulla equa ripartizione dei costi e benefici sociali dello sviluppo e, infine, sulla distribuzione delle risorse tra impieghi a breve, medio e lungo termine.

La speranza, dunque, non va annoverata tra le buone intenzioni perché essa non si affida, deus ex machina, a un’oscura ‘mano invisibile’ liberistico-capitalistica; poggia invece sulla relazionalità fraterna e sul realismo della tensione progettuale della ‘mano visibile’ e consapevole del politico, dell’economista, dell’operatore e di tutti gli uomini di buona volontà.

In questa tensione progettuale l’economia si fa politica economica che persegue obiettivi comuni e condivisi. Nella politica economica incentrata sui valori della persona umana trova posto la collaborazione tra credenti e non credenti e tra credenti di altre religioni nella prospettiva di lavorare per la giustizia e la pace della famiglia umana.

*

NOTE

1 Cfr. G. P. Salvini, Recensione al vol. di C. Albini, Quale Cristianesimo in una società globalizzata? Milano, Paoline, 2003, in La Civiltà Cattolica III 2004, pagg. 549 e 550.

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ZENIT Staff

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