Il Medioevo: un'epoca costellata di ombre che ha prodotto eminenti bagliori di luce

Intervista al prof. Alessandro Barbero, docente all’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”

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Alessandro Barbero, professore di Storia medievale all’Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, potrebbe sembrare «un po’ un guastafeste». Del resto, è così che lo studioso stesso, noto anche per la sua dote di raffinato oratore, si sente «quando – precisa -, dopo lunghe e accurate verifiche, gli tocca sentenziare che tutte quelle immagini pittoresche legate al Medioevo sono false». Immagini propinateci sin dai primi anni di scuola e che finiscono, inevitabilmente, per cristallizzarsi nella mente. Scorrono davanti agli occhi di ognuno di noi ed evocano una realtà condita da superstizione, squallore e brutalità. Folle atterrite che si rifugiano nelle chiese in attesa di un fittizio anno Mille apportatore di catastrofi, scienziati costretti a rinunciare dalle autorità ecclesiastiche ad insegnare che la terra sia tonda, signorotti che si appropriano delle vergini del villaggio durante ogni prima notte di nozze. Ebbene, il professor Barbero spiega che «se si va a controllare si scopre, con non poco stupore, che di queste cose nel Medioevo non si parlava affatto, e che sono state tutte inventate dopo».

È a causa di invenzioni successive, dunque, che si è formata e diffusa l’idea che il Medioevo fosse interamente avvolto dalle tenebre. Zenit ha intervistato il professor Barbero nell’intento di dirimere un po’ di questo buio, rendendo giustizia a un’epoca che, sebbene costellata di ombre, ha saputo produrre eminenti bagliori di luce.

Professor Barbero, l’immaginario collettivo associa al Medioevo grevi superstizioni. Tra queste, la più nota concerne la fine del mondo attesa allo scoccare dell’anno Mille. Si tratta di una credenza realmente diffusa a quei tempi o di un falso mito?

Prof. Alessandro Barbero: Bisogna distinguere. Che nel corso del Medioevo, prima e dopo l’anno Mille, siano spesso emersi dei predicatori che annunciavano l’avvicinarsi della fine del mondo, e che abbiano suscitato localmente dei movimenti collettivi, è vero. La fine del mondo e il giudizio universale erano preoccupazioni vere all’epoca, ognuno sapeva che prima o poi quel giorno sarebbe venuto e almeno un po’ se ne preoccupava. I movimenti millenaristici, che cioè proclamavano l’imminenza della fine del mondo, non sono però mai stati incoraggiati ufficialmente, anzi di solito messi a tacere, e non hanno mai avuto grande diffusione. È quindi un’invenzione moderna, sette-ottocentesca, la descrizione di un’intera società che all’avvicinarsi dell’anno Mille si paralizza in preda al terrore.

L’ostinata convinzione che la terra fosse piatta è la cartina di tornasole che si usa sovente per dimostrare l’arretratezza culturale dei popoli durante il Medioevo. Lei smentisce anche questa teoria, non è così?

Prof. Alessandro Barbero: Non è tanto una teoria quanto un pregiudizio, e non sono io che la smentisco, sono i fatti. Basta guardare qualunque raffigurazione di un imperatore medievale, che sia la famosa statuetta bronzea di Carlo Magno a cavallo, una miniatura raffigurante Federico Barbarossa, o il bassorilievo di un imperatore bizantino, per vedere che tutti tengono in mano il simbolo del loro potere sul mondo: un globo… Del resto il più noto trattato medievale sulla forma della terra, presente in tutte le biblioteche, si intitolava “La sfera”.

Veniamo poi ad una delle più pervicaci convinzioni che aleggiano intorno al Medioevo, quella dello ius primae noctis. Ritiene che l’arcinoto «diritto del signore» sia soltanto un “vezzo da letteratura scandalistica”, privo di un riscontro storico?

Prof. Alessandro Barbero: Su questo esiste oggi un sostanziale consenso da parte degli storici. Lo ius primae noctis non è mai esistito; non c’è mai nessuno nel Medioevo che ne parli come di qualcosa che esiste effettivamente, neppure nella vastissima documentazione sulle lamentele dei contadini verso i loro signori, neppure nella novellistica che pure – Boccaccio insegna – tratta il sesso con estrema disinvoltura e non ignora certo i rapporti fra sesso e potere. Di una consuetudine del genere si comincia a parlare solo fra Medioevo e Rinascimento, ed è sempre attribuita agli “altri”: la si ritrova regolarmente attribuita agli indigeni nelle relazioni dei navigatori e dei conquistadores; e a un certo punto comincia a essere evocata quando si parla dei brutti vecchi tempi, di com’era pesante in un lontano passato la tirannia dei signori – sempre in contesti in cui gli autori, per esaltare la libertà comunale o la giustizia del re, hanno interesse a dipingere la signoria con i colori più cupi.

Come spiega, allora, una tale diffusione di simili idee intorno al Medioevo?

Prof. Alessandro Barbero: Il fatto è che l’idea di Medioevo è nata fin dall’inizio allo scopo di designare, appunto, un’epoca negativa. Gli artisti e i letterati del Rinascimento che si opponevano all’arte “moderna” (da loro stessi battezzata “gotica”, cioè barbara), i protestanti interessati a denigrare un’epoca in cui il papa aveva effettivamente diretto la società europea, gli illuministi in lotta contro la monarchia assoluta e il sistema feudale, avevano tutti interesse a dipingere il passato con i toni più cupi, mettendola in contrasto con la loro epoca di progresso.

Perché, a suo avviso, non si riesce ancora a giungere a quella maturità intellettuale per poter finalmente guardare al Medioevo senza pregiudizi figli di un’epoca, quella illuminista, ormai passata da tempo?

Prof. Alessandro Barbero: A parte il fatto che è un gran peccato che l’epoca illuminista sia passata, e anzi avremmo un gran bisogno che tornasse (e pazienza se per combattere delle battaglie sacrosante gli illuministi hanno spesso distorto la storia), il fatto è che poi del Medioevo tenebroso si è appropriato il gusto romantico; e si è scoperto che quell’epoca così buia, che agli illuministi faceva orrore, in realtà invece come sfondo di romanzi o di opere liriche piaceva moltissimo. Ed è ancora così. Alla gente piace immaginare che c’è stata un’epoca barbara e oscura (da cui, naturalmente, siamo molto lontani) e leggere romanzi storici o vedere film che rappresentano gli eccessi di quell’epoca. Ci piace talmente tanto che quell’epoca l’abbiamo sdoppiata con l’invenzione del fantasy, che non pretende di essere una rappresentazione autentica del Medioevo, ma al Medioevo si ispira visibilmente. Perciò credo che sul piano del gusto popolare non sarà facile dissipare quei pregiudizi, che però convivono, paradossalmente, con una grande fascinazione.

Un filone letterario di enorme successo – cito, su tutti, il libro “Il Codice Da Vinci” – ha provocato un nutrito interesse intorno all’epoca medievale. Al contempo, però, simili pubblicazioni hanno alimentato luoghi comuni denigratori. Ciò, a suo parere, è da attribuire alle mere esigenze commerciali dell’editoria di largo consumo o vi è la volontà di far perseverare un’idea distorta, o assai parziale, del Medioevo?

Prof. Alessandro Barbero: Mere esigenze commerciali!

Qualche lettura consigliata al fine di apprezzare i bagliori di luce prodotti da quella che viene definita “epoca buia”?

Prof. Alessandro Barbero: Per esempio Régine Pernoud, “Luce del Medioevo”, o l’antologia “Il bel Medioevo” di Jacques Le Goff, a cura di Francesco Sircana.

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Federico Cenci

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