Il magistero di Benedetto XVI sull'ecologia

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di padre Duarte da Cunha*

ROMA, lunedì, 7 dicembre 2009 (ZENIT.org).- Nella Conferenza di Copenhagen, vari Capi di Stato si incontreranno per cercare di redigere un accordo che aiuti a far fronte ai cosiddetti cambiamenti climatici. L’Enciclica di Papa Benedetto XVI Caritas in Veritate ci dice quali sono i temi principali di cui la Chiesa deve tener conto, senza entrare direttamente nella discussione sul riscaldamento globale e su un’ipotetica influenza umana sul clima.

In primo luogo, Benedetto XVI ricorda che tutta la creazione viene da Dio e deve essere amministrata e sviluppata, e non abusata e distrutta. Si tratta di una questione teologica, perché se neghiamo che Dio è il Creatore diciamo che tutto viene dal caso, e allora è difficile percepire ciò che l’uomo deve fare. “Se la natura, e per primo l’essere umano, vengono considerati come frutto del caso o del determinismo evolutivo, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze” (n. 48).

Un altro aspetto fondamentale e che si lega immediatamente a questo è che non si può mai parlare della natura come se fosse nemica dell’essere umano. E’ per questo che la cura della vita umana deve essere la prima preoccupazione da tener presente quando si parla dell’ambiente. Dice il Santo Padre: “La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso. È necessario che ci sia qualcosa come un’ecologia dell’uomo (…). Il degrado della natura è infatti strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando l”ecologia umana ‘ è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio” (n.51).

Ciò solleva la questione sulla quale ha insistito tutto il magistero papale, quella della “tenuta morale della società”. “Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell’uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale. È una contraddizione chiedere alle nuove generazioni il rispetto dell’ambiente naturale, quando l’educazione e le leggi non le aiutano a rispettare se stesse” (n. 51).

Nella prospettiva della cura per la verità dell’essere umano e tenendo presente ogni persona e tutte le persone, lo sviluppo appare come una vocazione che deve essere sottoposta alla regola della carità, per la quale siamo portati a pensare ai più poveri e alle prossime generazioni (cfr. n. 49).

Questo si lega a ciò che intende il Papa quando dice che “è necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita” (n. 51). Usando questa espressione molto in voga tra i cristiani che parlano di ambiente, il Papa, che è contrario tanto alla divinizzazione del progresso tecnologico quando all’idea che lo sviluppo sia un male, difende uno sviluppo che tenga conto della persona umana nella sua totalità.

Contrastando le tesi dell’influenza malthusiana espresse da alcune agenzie dell’ONU, il Pontefice ricorda che “c’è spazio per tutti su questa nostra terra” (n. 50) e si mostra preoccupato del fatto che molti dicano che bisogna ridurre la popolazione a causa di un possibile riscaldamento globale. “L’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica (…). La diminuzione delle nascite, talvolta al di sotto del cosiddetto ‘indice di sostituzione’, mette in crisi anche i sistemi di assistenza sociale, ne aumenta i costi, contrae l’accantonamento di risparmio e di conseguenza le risorse finanziarie necessarie agli investimenti, riduce la disponibilità di lavoratori qualificati, restringe il bacino dei ‘cervelli’ a cui attingere per le necessità della Nazione” (n.44).

Cosa si può attendere e auspicare dalla Conferenza di Copenhagen? Il 24 settembre si sono riuniti a New York per parlare di cambiamenti climatici alcuni responsabili internazionali, ai quali il Papa ha indirizzato un messaggio che riassume quanto ha affermato nell’Enciclica sul ruolo dei Governi. Si ricorda che bisogna essere veritieri e trasparenti circa l’uso e il costo delle energie e delle risorse naturali, che si deve essere solidali e non esigere lo stesso da tutti, perché non tutti hanno le stesse capacità o le stesse responsabilità, e che bisogna aiutare le zone più svantaggiate. Il Pontefice ricorda infine che se si rimane insieme si può raggiungere uno sviluppo umano integrale e benefico per tutti i popoli, ispirato dai valori della carità nella verità.

Senza mai entrare in settori in cui politica, economia, ideologia e scienza si confondono, il Papa parla della responsabilità per la natura e avverte della necessità di essere solidali.

Possiamo concludere dicendo che tutto questo, che è valido per tutti, è un dovere principalmente per quanti credono che Dio è il Creatore e sanno che gli uomini devono aver cura dei doni di Dio tenendo presente il bene di tutti gli esseri umani. La Chiesa in Europa, insieme a tutti i cristiani europei, sa di avere una responsabilità a tale proposito.

C’è un’attenzione molto viva da parte di vari gruppi cristiani, ma è importante non perdere mai di vista ciò che il Papa insegna per non cadere nella tentazione di ridurre il contributo dei cristiani a un moralismo del politicamente corretto che attacca il progresso.

La Chiesa deve essere molto prudente e non condividere tesi scientifiche sul riscaldamento o il raffreddamento perché sono settori dai confini mobili in cui si giocano molti interessi. E soprattutto non può mai lasciare che un male possa avere come soluzione un altro male, cioè che si concluda che la soluzione ai problemi ambientali è la diminuzione forzata della popolazione. Sono grandi sfide. Ringraziamo Dio per il Papa che ci orienta.

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* Padre Duarte da Cunha è Segretario Generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. Il presente articolo è stato pubblicato dall’agenzia “Ecclesia” della Conferenza Episcopale Portoghese.

[Traduzione dal portoghese di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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