Il maestro di musica del Papa (parte I)

Parla monsignor Giuseppe Liberto, direttore della “Cappella Musicale Sistina”

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Renzo Allegri*

ROMA, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Sono milioni le persone nel mondo che, durante le principali solennità religiose, seguono, attraverso la televisione e la radio, le celebrazioni del Papa nella basilica di San Pietro. E sono milioni, quindi, le persone che ascoltano e apprezzano i canti che accompagnano quelle cerimonie, eseguiti dal coro più antico che si conosca, la “Cappella Sistina”.

Il nome, mitico, richiama subito alla mente quella particolare chiesa all’interno del Vaticano, dove, da secoli, i Cardinali si radunano per nominare un nuovo Papa. E anche i capolavori pittorici che ne impreziosiscono le pareti, opere immortali di Botticelli, Signorelli, Perugino, Pinturicchio, Ghirlandaio e, soprattutto, gli affreschi di Michelangelo, in particolare il Giudizio Universale.

Ma in quella cappella è anche cresciuta la “Schola cantorum” del Papa, quel coro che da secoli esegue tutte le parti musicali nelle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice. Un complesso artistico unico e prestigiosissimo. E per conoscerlo da vicino abbiamo incontrato il direttore, monsignor Giuseppe Liberto, siciliano, maestro di musica di alto valore, che da 12 anni è alla guida della “Schola cantorum” del Papa.

“Si chiama ‘Cappella Sistina’ in onore di Papa Sisto IV della Rovere, che, subito dopo la sua elezione a Pontefice, nel 1471, se ne occupò personalmente organizzandola in modo sistematico”, dice monsignor Giuseppe Liberto.

Il nome completo è ‘Cappella Musicale Pontificia Sistina’. Esisteva già molto prima di Sisto IV. Si hanno notizie che risalgono alla fine del sesto secolo, sotto Papa Gregorio Magno, il compilatore del canto gregoriano.

Ma fu Sisto IV a darle organicità e una sede stabile. Subito dopo la sua elezione, Papa Della Rovere fece costruire, all’interno dei Palazzi Vaticani, una cappella, riservata alle celebrazioni liturgiche papali. E stabilì che le parti musicali delle celebrazioni fossero eseguite sempre e solo dalla stessa ‘Schola cantorum’ che prese il nome dal fondatore: Cappella Sistina.

Sessantacinque anni, laureato in filosofia e teologia, diplomato in composizione, monsignor Giuseppe Liberto è nato con la musica nel sangue e fin da giovane ha offerto a Dio questo suo grande talento artistico usandolo come mezzo di evangelizzazione.

Subito dopo la sua ordinazione sacerdotale, fu nominato direttore della ‘Schola cantorum’ della Cattedrale di Monreale in Sicilia, la sua diocesi, dove si affermò non solo come ‘direttore musicale’, ma anche come compositore e, nel 1997, Giovanni Paolo II lo volle in Vaticano, assegnandogli il compito di Maestro Direttore della “Cappella Musicale Pontificia Sistina”.

Incarico eccezionale. Giuseppe Liberto saliva sul podio che per un secolo era stato occupato da due celeberrimi Maestri: Lorenzo Perosi, dal 1898 al 1956, e Domenico Bartolucci dal 1956 al 1997.

Ognuno dei due, essendo anche straordinari compositori, ha lasciato un’eredità compositiva di prestigio e ora quel prestigio grava sulle spalle di monsignor Liberto.

“L’incarico comporta realmente una grande responsabilità – dice il maestro –. Non solo perché la musica eseguita dalla ‘Cappella Sistina’ raggiunge oggi, grazie alla radio, alla televisione, ai CD, ai DVD, ecc., un pubblico incalcolabile, ma soprattutto perché il suo compito nei confronti dei credenti è del tutto particolare”.

La musica della Cappella Sistina non deve mirare solo al risultato artistico, che è certamente doveroso, trattandosi della ‘Schola cantorum’ del ‘centro’ della cristianità, che vanta oltre quindici secoli di tradizione, ma deve soprattutto aiutare chi l’ascolta a vivere e seguire con spirito di fede le celebrazioni liturgiche del Papa, e deve quindi diventare essa stessa preghiera. Un compito che diventa “missione”.

Affabile, sorridente, gentilissimo, monsignor Liberto ci introduce nei Palazzi Vaticani. Passiamo per ampi corridoi, sale enormi piene di luce e affrescate da leggendari maestri della pittura. Incontriamo guardie svizzere, monsignori, vescovi, cardinali e tutti salutano calorosamente il maestro, che risponde con altrettanta cordialità.

Conosce tutti. Le sue parole, i suoi gesti, tutto il suo portamento sono armoniosi, “musicali”. Dalla sua persona emana una contagiosa energia positiva e serena.

Ci fa entrare nella Cappella Sistina. Ci indica la cantoria, a destra del grande affresco del ‘Giudizio’ di Michelangelo, e dice: “Ecco, là è nato il coro che io ora dirigo. Sisto IV iniziò a celebrare le funzioni liturgiche in questa cappella intorno al 1473 e proprio da lì il coro eseguiva il suo repertorio. Sono quindi oltre cinquecento anni che, quando i Papi celebrano tra queste mura, la musica si sprigiona da quella cantoria”.

Fa aprire una porticina segreta e attraverso una scaletta ripida e stretta, saliamo nella cantoria. Da lassù si domina l’intera Cappella Sistina. Si vedono i capolavori dei grandi maestri da una prospettiva unica.

Le pareti che delimitano la cantoria brulicano di firme lasciate lungo i secoli. “Sono quelle dei cantori”, spiega monsignor Liberto. “Sapevano di far parte della storia e hanno voluto lasciare un loro segno. Decifrando quei nomi, si potrebbero trovare sorprese incredibili. Per esempio, uno dei cantori della ‘Cappella Sistina’ nel 1500 si chiamava Pier Luigi da Palestrina: proprio lui, il più grande polifonista, autore di capolavori che ancora eseguiamo e stupiscono il mondo. Ma anche altri celebri musicisti di quel tempo furono cantori della ‘Cappella Sistina’.

Per esempio, Luca Marenzio (1553-1599), madrigalista; Cristobal Morales, (1500-1553), il più importante compositore spagnolo di musica vocale della prima metà del Cinquecento; Costanzo Festa (1490-1545); Josquin de Prez (1455-1521), il più famoso compositore della scuola franco-fiamminga e Gregorio Allegri, un presbitero romano, buon musicista, vissuto a Roma dal 1582 al 1652, autore di un ‘Miserere’ a nove voci, divenuto leggendario. Talmente famoso, quel “Miserere”, che il Papa aveva comminato la scomunica a chi ne avesse diffuso lo spartito fuori dal Vaticano.

Veniva eseguito dalla Cappella Sistina in San Pietro durante i riti della Settimana Santa, e suscitava emozioni fortissime. Non solo per la musica, che è abbastanza semplice, ma anche per il luogo dell’esecuzione, il tipo di liturgia in cui era inserito, con il Papa e i cardinali prostrati a terra; le candele e le torce che venivano spente una ad una fino a lasciare la Basilica al buio totale, come quel buio che era calato su Gerusalemme alla morte di Gesù.

Quel canto, eseguito con straordinaria maestria, alternando piani e forti, rallentati, accelerazioni improvvise e filati che sembrano lamenti, diventava indimenticabile. Del resto, provoca ancora grandi emozioni, e lo dimostrano le numerose incisioni che sono in commercio e che hanno un buon mercato.

[Venerdì verrà pubblicata la seconda parte dell’articolo]

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione