Ehrhard svolse il servizio militare nelle truppe germaniche perché in quel periodo l’Alsazia era sotto dominazione tedesca. Entrò nel noviziato dei frati trappisti il 7 maggio del 1891.
Nel febbraio del 1893 fu inviato all’abbazia delle Tre Fontane, dove fu ordinato sacerdote nel 1894. Nel 1900 dopo aver svolto per sei anni maestro dei fratelli conversi, divenne Priore dell’Abbazia delle Tre Fontane.
Negli anni terribili della seconda guerra mondiale e dell’occupazione nazista di Roma, l’abbazia divenne un rifugio per ebrei, oppositori del regime e tanti altri che aspettavano l’arrivo degli Alleati.
Dopo la barbara razzia avvenuta nel ghetto di Roma il 16 ottobre 1943, il Priore e gli altri frati accolsero con coscienza e partecipazione quelle persone che rischiavano di essere prese e uccise dalle truppe nazifasciste.
Alla fine della guerra gli ebrei scampati alla persecuzione per propria iniziativa regalarono all’abbazia un bassorilievo in marmo rappresentante una Madonna con Bambino e la scritta Emanuel. Il bassorilievo è tuttora collocato nell’arco di ingresso denominato di Carlo Magno.
A memoria di quanto accadde sul lato sinistro dello stesso arco, frati d’accordo con le famiglie Sonnino e Di Porto, fecero collocare una lapide in cui è scritto: J. Sonnino e A.S.A. Di Porto persecutionem nazistam in iudeos dire saevientem fugientes hic deipara favente sospites beneficii memores posuere A.D. MXMXLVI (tradotto in italiano: “J. Sonnino e Angelo, Settimo e Alberto Di Porto mentre fuggivano la crudele persecuzione nazista degli ebrei, furono salvati per intervento della Madre di Dio in questo luogo. Memori di questo beneficio hanno posto questa lapide”).
Da una ricerca sulla storia dell’abbazia delle Tre Fontane, condotta da padre Alfoso Barbiero, risulta che “tra i rifugiati cerano parecchi ebrei capitati in Abbazia dopo le prime retate che i tedeschi avevano fatto in città e s’erano infilati alla spicciolata nell camerette mischiandosi agli operai avventizi”.
Racconta sempre don Alfonso, tra gli ebrei nascosti Giuseppe Sonnino, Alberto e Fortunata Spizzichino, Angelo Settimio Alberto di Porto ed alcuni appartenenti alla famiglia Benigno. Il rifugio fu trovato da Giuseppe Sonnino il quale intratteneva prima della guerra contatti commerciali con l’abbazia fornendo loro i sacchi (Saccheria Sonnino) necessari a contenere i prodotti agricoli venduti sul mercato.
I suddetti entrarono nell’abbazia. Circa dici giorni dopo il 16 ottobre 1943. Furono accolti dai Frati che li ospitarono facendoli passare per sfollati di Napoli, fuggiti davanti all’avanzata americana che si dirigeva da Sud verso Roma.
L’anonimato era necessario in quanto nell’abbazia erano presenti militari appartenenti alla polizia militare tedesca posti nella tenuta per sorveglianza. Giuseppe Sonnio lavorava nella preparazione del vino, mentre Angelo e Alberto lavoravano nella tenuta come contadini.
Tutte le persone rifugiate sia cloro che si fermarono sino alla Liberazione, sia altri che furono di passaggio per pochi giorni furono accolti fraternamente dai frati e dal Priore, i quali offrirono loro rifugo e vitto senza mai chiedere in cambio alcunché. A riprova della riconoscenza, le persone sopra elencate alla Liberazione regalarono all’abbazia un bassorilievo in marmo rappresentante una Madonna con bambino che è ancora visibile sull’architrave del portale interno.