"Il Fatto" ritira le accuse contro il Papa

Un recente articolo del quotidiano riabilita il ruolo di Bergoglio durante la dittatura argentina

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Sono destinate a cadere sempre più nel dimenticatoio le accuse verso Jorge Mario Bergoglio in merito ai suoi rapporti con la dittatura militare argentina, alla fine degli anni ’70.

È di alcune settimane fa, l’articolo con cui Il Fatto Quotidiano prende le distanze dalle calunnie contro l’operato del futuro papa Francesco ai tempi in cui era superiore dei Gesuiti in Argentina. La posizione ostile verso il Pontefice fu peraltro sostenuta dallo stesso quotidiano, all’indomani dell’elezione di Bergoglio al soglio pontificio.

In un articolo pubblicato lo scorso 17 marzo, a firma di Daniela Padoan, Bergoglio veniva definito addirittura “sprezzante di tutte le figure che sono state vittime della dittatura argentina. Sembra di cattivo gusto evocare le porte chiuse in faccia alle madri e alle nonne di Plaza de Mayo, e le circostanziate testimonianze di una vicinanza a un regime che torturava gli oppositori”.

Dando credito alle parole del giornalista Horacio Verbitsky, che per anni ha indagato sui crimini della dittatura del generale Videla, Il Fatto bollava l’ex arcivescovo di Buenos Aires come “un uomo che non ha fatto mistero della propria collocazione ideale: Dio, patria, famiglia. Gli ideali della dittatura argentina”.

Nel medesimo articolo, per giunta, venivano messi sotto accusa due illustri uomini di Chiesa: il cardinale Pio Laghi, allora nunzio apostolico in Argentina, “che tre mesi dopo il golpe del 1976 benedisse i militari dicendo che l’amore per la patria si equipara all’amore per Dio”, e il cardinale Angelo Sodano, “nunzio apostolico nel Cile di Pinochet” nei medesimi anni. Non veniva risparmiato neppure il beato Giovanni Paolo II, avendo impartito la benedizione “dal balcone di Pinochet”.

Di segno opposto, l’articolo pubblicato dal Fatto lo scorso 14 dicembre, a firma di Maurizio Chierici ed intitolato La lista buona di Bergoglio. Prendendo spunto dal libro di Nello Scavo, La lista Bergoglio (EMI), il giornalista racconta di come il giovane gesuita si fosse prodigato nel proteggere vari dissidenti, talvolta anche con la scusa degli esercizi spirituali.

“Il mascherare la solidarietà pericolosa costringeva Bergoglio a un silenzio interpretato come acquiescenza al regime, malignità che si riaccendono appena eletto papa”, spiega Chierici.

Viene poi ricordato come il già citato Verbitsky abbia “riconosciuto l’errore”, avendo “interpretato male la riservatezza” del futuro pontefice nella drammatica contingenza storica.

“Il bene si fa, ma non si racconta. Ed è bastato un giornalista curioso come Scavo perché ogni malignità si sciogliesse e la verità venisse a galla”, conclude poi l’articolo del Fatto.

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Per approfondimenti:

http://www.uccronline.it/2014/01/08/il-fatto-quotidiano-chiede-scusa-a-papa-francesco/

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ZENIT Staff

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