Il dono e il compito di non scandalizzare

Vangelo della XXVI Domenica del Tempo Ordinario

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, giovedì, 27 settembre 2012 (ZENIT.org).- Nm 11,25-29

In quei giorni, il Signore scese nella nube e parlò a Mosè: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito.

Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè. Giosuè, figlio di Nun,..prese la parola e disse: “Mosè, mio signore, impediscili!”. Ma Mosè gli disse: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!””.

Mc 9,38-43.45.47-48

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”. Ma Gesù disse: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi, è per noi. (…) Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato in mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala..(…) E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo..(…) E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna””.

Nelle Letture di questa Domenica troviamo un filo conduttore indicato dalla parola “scandalo”.

Il termine non deve indurre a confusione: non pensiamo alla morbosità di certi fatti ripugnanti di cronaca, o ai cattivi esempi degli uomini corrotti, non solo politici.

Per la Bibbia, “scandalo” è infatti un’insidia materiale sul cammino, un ostacolo che fa inciampare e cadere. Di qui il comprensibile significato metaforico della parola.

Quando sono i piedi a camminare si inciampa fisicamente, ad esempio contro una pietra, un gradino o il tappeto, ma nel cammino della vita interiore ad inciampare è l’anima, il cuore, la coscienza. E la coscienza dei piccoli (fragili nella fede), inciampa facilmente a causa delle cattive testimonianze.

La coscienza, infatti, è il ‘navigatore’ morale e spirituale che Dio dona con la vita ad ognuno perché possa camminare rettamente nella verità, non ostante le suggestioni ingannatrici del mondo: “Tengo lontani i miei piedi da ogni cattivo sentiero, per osservare la tua parola. Non mi allontano dai tuoi giudizi, perché sei tu ad istruirmi. I tuoi precetti mi danno intelligenza, perché odio ogni falso sentiero” (Salmo 119,101-104).

Possiamo così inciampare per colpa nostra (quando non teniamo lontani i piedi da un cattivo sentiero), o per l’insidia altrui, non necessariamente maliziosa.

Un esempio del primo caso è l’episodio raccontato nella prima Lettura.

Lo spirito divino aveva preso possesso di due persone che Mosè non aveva scelto.

Ecco allora che il giovane Giosuè, scandalizzato da quello che giudica un abuso, si alza a protestare, preoccupato di salvaguardare le regole previste: “Mosè, mio signore, impediscili!” (Nm 11,28).

Ma Mosè non rivendica l’esclusiva di profeta, e risponde: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!”” (Nm 11,25-29).

Qui l’“anti-scandalo” per noi, è costituito da quellasemplicitàche sa accogliere e valorizzare il bene senza pregiudizi sulla provenienza delle persone che lo compiono: atteggiamento perfettamente cristiano, frutto e segno di un cuore puro e generoso.

Si tratta di riconoscere che tutti coloro che operano il bene sono al servizio del regno di Dio, anche se non appartengono ai “nostri”. Agendo con tale coscienza, si evita di scandalizzare sia noi (a causa degli altri), sia loro (a causa nostra).

Il Vangelo racconta un episodio simile.

I discepoli, di fronte ad un fatto che li coglie di sorpresa, reagiscono d’impulso mossi dal pregiudizio che chi non fa parte del loro gruppo sia da considerare un avversario:“Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva”. Ma Gesù li corregge prontamente: “Non glielo impedite..: chi non è contro di noi, è per noi.” (Mc 9,38-43).

L’insegnamento è chiaro: nessuno nella Chiesa deve considerare un “tesoro geloso” l’appartenenza al proprio movimento o associazione, assolutizzandone l’esperienza e il metodo a modello per tutti gli altri gruppi. Gesù indica infatti questo criterio di giudizio a reciproco riguardo: “chi non è contro di noi, è per noi” (Mc 9,40).

Tale larghezza di cuore riguarda anche il rapporto con il singolo fratello, specie se emarginato, povero di soldi e di cultura, insicuro, fragile.

E’ facile in questi casi imporsi con piglio drastico e aggressivo (anche su cose buone e vere), ma il rischio è quello di essere così causa di inciampo per questo fratello (“scandalo”), facendolo cadere in una crisi di fede. Quante volte sono proprio i ministri del Vangelo ad essere responsabili di questi “scandali”!

Si perde allora, e forse per sempre, un discepolo del Vangelo, cosa tanto grave e irrimediabile quanto l’essere trascinati in fondo al mare da una macina di mulino legata al collo.

E’ evidente, in questi casi, che i primi ad inciampare però siamo noi stessi, dal momento che la coscienza non ci informa più sul modo retto di farci prossimo. Qualcosa in essa interferisce con il navigatore divino, forse per semplice ignoranza, forse per omissione di formazione, forse per certe abitudini di peccato che ammutoliscono la voce dello Spirito.

Il carmelitano San Giovanni della Croce osserva al riguardo: “Si tratta di un certo orgoglio segreto che induce a soddisfazione per le nostre azioni. Di qui nasce una certa vanità, di voler insegnare più che essere disposti ad imparare. Si è portati a condannare gli altri quando non si vede in essi la nostra linea, il nostro modo di operare .

Quelli invece che si tengono nell’umiltà, agiscono in tutt’altra maniera e con uno spirito molto diverso. Costoro, nella massima serenità e umiltà, desiderano vivamente che si insegni loro tutto ciò che può essere utile, non si sentono maestri di nessuno” (Notte Oscura, I, 2, 1s).

Per far nostro l’atteggiamento di magnanimità e libertà suggerito da Gesù, occorre esercitare anzitutto verso noi stessi questa vigilanza “anti-scandalo”:“Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala.. (…) E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via..” (Mc 9,45-48).

La drasticità delle azioni suggerite è funzionale all’efficacia del messaggio: serve a comprendere che se non si rompe decisamente con il male fin dall’inizio, si finirà travolti da tentazioni mortali irresistibili.

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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