Il domani appartiene ai 'pro-life'

Uno studio di due sociologi americani dimostra che l’opinione pubblica nel corso degli anni si è orientata sempre più a favore della vita, grazie al fatto che i ‘pro-life’ fanno più figli dei sostenitori dell’aborto

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La battaglia a favore della vita è destinata ad essere vinta, basta che chi la conduce attui concretamente i principi che la animano. È questo l’insegnamento che deriva da uno studio dell’istituto d’indagine demografica General Social Survey condotto da Alex Kevern e Jeremy Freese, sociologi della Northwestern University. Secondo quanto emerso, la tendenza degli americani è andata nel corso degli anni a spostarsi sempre più verso la cultura della vita, per il semplice fatto che i pro-life fanno più figli dei pro-choice.

Il documento è stato pubblicato dal Social Science Research Network lo scorso 7 luglio e si chiama Differenziale di fertilità come fattore determinante della tendenza dell’opinione pubblica in merito all’aborto negli Stati Uniti. Esso dimostra che in un arco di tempo di 34 anni, dal 1977 al 2010, i pro-life hanno avuto circa 2,82 figli in media per ogni due bambini nati da persone che si dichiarano pro-choice. Ciò significa, entrando più nel dettaglio statistico, che i pro-life hanno avuto il 27% di figli in più rispetto ai pro-choice.

La maggiore prolificità in sé non è tuttavia sufficiente a spiegare il cambio di tendenza da parte dell’opinione pubblica sul tema. I due sociologi hanno infatti dimostrato che è più alta la probabilità che all’interno di un nucleo familiare composto da genitori pro-life i figli ne raccolgano il testimone ideale di apertura alla vita.

I ricercatori stimano inoltre che se non vi fosse stato “differenziale di fertilità” tra pro-life e pro-choice a favore dei primi, la percentuale degli americani che si dichiarano “per la vita” sarebbe stata inferiore di cinque punti percentuali rispetto a quanto lo è oggi. Tale “differenziale di fertilità”, rilevano Kevern e Freese, si è incrementato in modo significativo verso la fine degli anni ’70, periodo storico in cui grande fu la diffusione di una cultura progressista tesa a far assurgere l’aborto a diritto delle donne.

Un “diritto” che, tuttavia, rischia di spingere verso l’estinzione la cultura che lo ha trainato. Lo studio sottolinea del resto che, se l’impatto di tali differenze d’atteggiamento rispetto all’aborto continuerà su questa linea, la percentuale di pro-life è destinata a dilatarsi ulteriormente a discapito di quella dei pro-choice.

Gli studi dei due sociologi confermano i dati pubblicati nel luglio scorso dalla prestigiosa società di sondaggi americana Rasmussen Reports, secondo la quale il 48% degli elettori degli Stati Uniti si considerano pro-life. Mai nella storia americana si era raggiunto un numero così alto di persone favorevoli alla cultura della vita. L’ultimo sondaggio prima di questo fotografava una situazione in cui la percentuale di pro-life variava dal 35 al 43%.

Bradley Mattes, direttore esecutivo del gruppo pro-vita Life Issues Institute, commenta questi dati affermando che come genitori “con le nostre convinzioni non stiamo forgiando soltanto i nostri figli e le nostre figlie; stiamo forgiando il futuro del mondo”.

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Federico Cenci

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