Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Thailandia e Giappone (19-26 novembre 2019) – Incontro con il Primo Ministro, S.E. il Sig. Shinzō Abe (25/11/2019) - Foto © Vatican Media

Il dialogo: “L’unica arma degna dell’essere umano e capace di garantire una pace duratura”

Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Thailandia e Giappone (19-26 novembre 2019) – Incontro con il Primo Ministro e Incontro con le Autorità e il Corpo Diplomatico

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Incontro con il Primo Ministro al Kantei

Alle 18.15 locali (10.15 ora di Roma), il Santo Padre Francesco incontra in privato il Primo Ministro del Giappone, S.E. il Sig. Shinzō Abe, nella Special Guest Room del Kantei. Al termine dell’incontro, dopo lo scambio dei doni, il Primo Ministro e il Papa si trasferiscono nel grande salone dove ha luogo l’incontro con le Autorità e i Membri del Corpo Diplomatico del Giappone.

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Incontro con le Autorità e con il Corpo Diplomatico del Giappone al Kantei

Alle 18.50 locali (10.50 ora di Roma), il Santo Padre Francesco incontra nel grande salone del Kantei le Autorità e i Membri del Corpo Diplomatico del Giappone. Dopo il saluto del Primo Ministro, S.E. il Sig. Shinzō Abe, il Papa pronuncia il Suo discorso. Al termine, il Primo Ministro e il Santo Padre si trasferiscono all’ingresso principale per il congedo. Quindi il Papa rientra in auto alla Nunziatura Apostolica. Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre pronuncia nel corso dell’incontro:

Discorso del Santo Padre

Signor Primo Ministro,
Onorevoli Membri del Governo,
Illustri Membri del Corpo Diplomatico,
Signore e Signori!

Ringrazio il Primo Ministro per le sue gentili parole di benvenuto e saluto rispettosamente voi, illustri Autorità e membri del Corpo Diplomatico. Tutti voi, ognuno nella sua posizione, vi dedicate a lavorare per la pace e il progresso delle persone di questa nobile nazione e delle nazioni che rappresentate. Sono molto grato all’Imperatore Naruhito, che ho incontrato stamattina; auspico ogni bene e invoco le benedizioni di Dio sulla Famiglia Imperiale e soprattutto sul popolo giapponese, all’inizio della nuova era che si è aperta.

Le relazioni di amicizia tra la Santa Sede e il Giappone sono molto antiche, radicate nella stima e nell’ammirazione che i primi missionari ebbero per queste terre. Basta ricordare le parole del gesuita Alessandro Valignano che, nel 1579, scrisse: «Chiunque voglia vedere ciò che il nostro Signore ha dato all’uomo è abbastanza per venire a vederlo in Giappone». Storicamente sono stati molti i contatti, le missioni culturali e diplomatiche che hanno alimentato questo rapporto e hanno contribuito a superare momenti di maggiore tensione e difficoltà. Anche questi contatti sono andati strutturandosi a livello istituzionale a beneficio di entrambe le parti.

Sono venuto per confermare i cattolici giapponesi nella fede, nel loro impegno di carità per i bisognosi e per il loro servizio al Paese di cui con orgoglio si sentono cittadini. Come nazione, il Giappone è particolarmente sensibile alla sofferenza dei meno fortunati e delle persone con disabilità. Il motto della mia visita è “Proteggere ogni vita”, riconoscendo la sua inviolabile dignità e l’importanza di mostrare solidarietà e sostegno ai nostri fratelli e sorelle di fronte a qualsiasi necessità. Un’esperienza molto toccante di ciò l’ho avuta ascoltando le storie delle persone colpite dal triplice disastro, e mi hanno commosso le difficoltà che hanno attraversato.

Seguendo le orme dei miei predecessori, voglio anche implorare Dio e invitare tutte le persone di buona volontà a continuare a promuovere e favorire tutte le mediazioni dissuasive necessarie affinché mai più, nella storia dell’umanità, si ripeta la distruzione operata dalle bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki. La storia ci insegna che i conflitti tra popoli e nazioni, anche i più gravi, possono trovare soluzioni valide solo attraverso il dialogo, l’unica arma degna dell’essere umano e capace di garantire una pace duratura. Sono convinto della necessità di affrontare la questione nucleare a livello multilaterale, promuovendo un processo politico e istituzionale in grado di creare un consenso e un’azione internazionali più ampi.

Una cultura di incontro e dialogo – caratterizzata da saggezza, visione e ampiezza di orizzonte – è essenziale per costruire un mondo più giusto e fraterno. Il Giappone ha riconosciuto l’importanza di promuovere contatti personali nei settori dell’istruzione, della cultura, dello sport e del turismo, sapendo che questi possono contribuire notevolmente all’armonia, alla giustizia, alla solidarietà e alla riconciliazione, che sono il cemento della costruzione della pace. Possiamo vedere un esempio evidente di questo nello spirito olimpico, che unisce atleti di tutto il mondo in una competizione che non si basa necessariamente sulla rivalità ma sulla ricerca dell’eccellenza. Sono certo che i Giochi Olimpici e Paralimpici, che l’anno venturo si terranno in Giappone, serviranno da stimolo per far crescere uno spirito di solidarietà che superi i confini nazionali e regionali e cerchi il bene di tutta la nostra famiglia umana.

In questi giorni ho nuovamente apprezzato il prezioso patrimonio culturale che il Giappone, nel corso di molti secoli di storia, è stato in grado di sviluppare e preservare, e i profondi valori religiosi e morali che caratterizzano questa antica cultura. Il buon rapporto tra le diverse religioni non è essenziale solo per un futuro di pace, ma anche per preparare le generazioni presenti e future a valorizzare i principi etici che servono come base per una società veramente giusta e umana. Con le parole del Documento sulla Fratellanza Umana, che ho firmato con il Grande Imam di Al-Azhar nel febbraio scorso, la nostra comune preoccupazione per il futuro della famiglia umana ci spinge ad «assumere la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio».

Nessun visitatore del Giappone può non ammirare la bellezza naturale di questo Paese, espressa attraverso i secoli dai suoi poeti e artisti, e simboleggiata soprattutto dall’immagine dei fiori di ciliegio. Tuttavia, la delicatezza del fiore di ciliegio ci ricorda la fragilità della nostra casa comune, soggetta non solo ai disastri naturali ma anche all’avidità, allo sfruttamento e alla devastazione per mano dell’uomo. Quando la comunità internazionale ha difficoltà a rispettare i propri impegni per proteggere il creato, sono i giovani che, sempre più, parlano ed esigono decisioni coraggiose. I giovani ci sfidano a considerare il mondo non come un possesso da sfruttare, ma come una preziosa eredità da trasmettere. Da parte nostra, «a loro dobbiamo risposte vere, non parole vuote; fatti, non illusioni» (Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato 2019).

In questo senso, un approccio integrale per la protezione della nostra casa comune deve considerare anche l’ecologia umana. Un impegno per la protezione significa affrontare il crescente divario tra ricchi e poveri, in un sistema economico globale che consente a pochi privilegiati di vivere nell’opulenza mentre la maggioranza della popolazione mondiale vive nella povertà. Conosco la preoccupazione per la promozione di vari programmi che il governo giapponese attua a questo proposito e vi incoraggio a continuare nella formazione di una crescente consapevolezza di corresponsabilità tra le nazioni. La dignità umana dev’essere al centro di ogni attività sociale, economica e politica; occorre promuovere la solidarietà intergenerazionale e, a tutti i livelli della vita comunitaria, bisogna dimostrare preoccupazione per coloro che sono dimenticati ed esclusi. Penso in particolare ai giovani, che spesso si sentono oppressi di fronte alle difficoltà della crescita, e anche alle persone anziane e sole che soffrono di isolamento. Sappiamo che, alla fine, la civiltà di una nazione o di un popolo non si misura dal suo potere economico ma dall’attenzione che dedica ai bisognosi, come pure dalla capacità di diventare fecondi e promotori di vita.

Ora che la mia visita in Giappone volge al termine, esprimo ancora una volta la mia gratitudine per l’invito che ho ricevuto, per la cordiale ospitalità con cui mi avete accompagnato e per la generosità di tutti coloro che hanno contribuito al suo felice risultato. E nel proporvi questi pensieri, desidero incoraggiarvi nei vostri sforzi per dar forma a un ordine sociale sempre più capace di proteggere la vita, sempre più rispettoso della dignità e dei diritti dei membri della famiglia umana. Su di voi e sulle vostre famiglie, e su tutti coloro di cui siete posti al servizio, invoco l’abbondanza delle benedizioni divine. Grazie!

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ZENIT Staff

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