"Il diaconato non è una promozione; è chiamata ad annunciare"

Omelia del cardinale Carlo Caffarra nella Messa per la Festa di Santo Stefano

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Riportiamo di seguito il testo dell’omelia tenuta oggi dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, nella Messa per la Festa del protomartire Santo Stefano, patrono dei diaconi.

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Carissimi diaconi, la Chiesa venera S. Stefano col titolo di «Protomartire». E’ stato cioè il primo che ha annunciato il Vangelo nella forma più alta: il martirio. E’ alla luce di questo fatto, di cui oggi la liturgia celebra la memoria, guidati dalla pagina sacra che lo narra, che possiamo riflettere brevemente sulla necessità di evangelizzare.

            La Chiesa prima della proclamazione del Vangelo che voi fate, e vi dice: «il Signore sia nel tuo cuore e sulle tue labbra, perché tu possa annunciare degnamente il suo Vangelo».

1.         La parola della Chiesa mi richiama alla memoria una pagina di S. Paolo, la quale riguarda proprio l’annuncio del Vangelo.

            «Sia nel tuo cuore», vi dice la Chiesa. E l’apostolo: «se… crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede».

            Carissimi diaconi, la fede è una convinzione del cuore. Ed il cuore è ragione, volontà, affetto. Questa certezza del cuore muove Stefano ad annunciare il Vangelo.

            La Scrittura poi dice di lui: «pieno di Spirito Santo». La certezza della fede è prodotta in noi dallo Spirito Santo. Egli, come accaduto a Stefano, ci dona una conoscenza sperimentale di Gesù, dei suoi Misteri, della sua gloria: «Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Oh, se lo Spirito Santo facesse abbondare nella nostra Chiesa, nei ministri del Vangelo in primo luogo, lo spirito di contemplazione! La forza del nostro annuncio sarebbe come quella di Stefano, poiché essa sarebbe generata da un vero incontro colla persona di Gesù risorto; e il Vangelo sarebbe proclamato da persone trasfigurate da questo incontro.

            «La prima motivazione per evangelizzare» ci insegna Papa Francesco «è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto» [Es. Ap. Evangelii gaudium 264].

            «Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei liberti…a disputare con Stefano, ma non riuscirono a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava». Stefano non tiene per sé la convinzione del cuore: egli proclama il Vangelo. L’apostolo infatti ci dice: «se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore…sarai salvo…con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza». L’esempio di Stefano, l’insegnamento dell’Apostolo sono chiari. Non possiamo nascondere nella nostra intimità la convinzione del cuore: mettere la lucerna sotto il moggio. La privatizzazione della fede è una grave mancanza di carità verso i fratelli che, consapevolmente o inconsapevolmente, attendono l’annuncio evangelico. Il diaconato non è una promozione; è chiamata ad annunciare; è missione.

            Ma, come avete sentito, l’evangelizzazione di Stefano avviene in un contesto ostile. Essa è “sfidata” dalla sinagoga dei “liberti”. Non è questo il momento di soffermarmi su quali “sinagoghe dei liberti” oggi sfidano la vostra evangelizzazione. Mi limito a dirvi: abbiate quel discernimento, che è dono dello Spirito ed impegno della vostra ragione, che vi rende capaci di capire ciò che accade nella società di oggi. E’ per questo che un diacono non può ignorare la dottrina sociale della Chiesa.

            Stefano rispondeva “ai liberti”. E’ ciò che ci dice di fare l’apostolo Pietro: «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia, questo sia fatto con dolcezza e rispetto» [1Pt 3, 15].

2.         Vorrei ora, brevemente, richiamare la vostra attenzione su una fra le diverse attitudini che possono spegnere od attenuare in noi l’ardore missionario.

            Intendo dirvi due o tre cose sul “pessimismo sterile” [cfr.l.c. 84-86]. Chi soffre di questa malattia trova sempre di che criticare; e non raramente di che mormorare contro il fratello. E’ una brutta malattia, perché ci chiude non raramente nella tristezza del cuore.  La vera medicina che guarisce da questa malattia è il discernimento. Ve lo spiego con un esempio, e termino.

            Si narra che una grande fabbrica di scarpe inviò due suoi dipendenti in alcuni paesi dell’Africa per sondare possibilità di mercato. Ritornati, uno disse: “non c’è alcuna possibilità di mercato: vanno tutti scalzi”. L’altro disse: “ un grande mercato si apre: nessuno ha le scarpe”. Chi ha il discernimento dello Spirito vede in ogni difficoltà un’opportunità per il Vangelo; chi ne è privo vede in ogni opportunità una difficoltà [cfr. F-X. Van Thuan, La gioia di vivere la fede, LEV 2013, pag. 52].

            Carissimi diaconi, il Signore sia nel vostro cuore e sulle vostre labbra, perché possiate annunciare degnamente il suo Santo Vangelo: «col cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza» [Rom 10, 10].

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ZENIT Staff

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