Il "Cristo della fede" è il "Gesù della storia"

La seconda persona della Trinità si è incarnata in un uomo, ed è veramente risorto e asceso al Cielo.

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di Maurizio Moscone

ROMA, sabato, 10 novembre 2012 (ZENIT.org).- In gioventù lessi le opere di Rudolf Bultmann, e il pensiero di questo teologo protestante modificò radicalmente la mia interpretazione della Sacra Scrittura e, in particolare, del Vangelo, che mi colpiva per il suo linguaggio concreto e realistico.

Bultmann rivoluzionava il modo tradizionale di leggere il Nuovo Testamento, perché sosteneva che il linguaggio con cui era scritto era “mitico”, per cui l’evento centrale e fondante del Cristianesimo, cioè la resurrezione di Gesù Cristo, era intesa, sottolinea Jean Daniélou, come “un mito che significa soltanto il rinnovamento interiore operato dalla fede”.

Quindi quel Gesù che mi affascinava per il suo insegnamento, dava senso alla mia vita e mi prometteva una vita di gioia senza fine, non era veramente risorto e allora aveva ragione Ludwig Wittgenstein quando diceva: “Se non è risorto, si è putrefatto nella tomba come ogni uomo. Egli è morto e putrefatto. Allora è un maestro come qualsiasi altro e non può più essere di aiuto; e noi siamo di nuovo in esilio, soli”.

Mi ritrovai di nuovo solo, dopo essermi riavvicinato al Cristianesimo, soprattutto grazie all’incontro e alla frequentazione di Carlo Carretto nella comunità dei Piccoli Fratelli di CharlesdeFoucauld, che si trovava nella campagna di Spello.

In questa località Carretto aveva ricevuto in usufrutto dei casolari sparsi nel territorio, i quali venivano utilizzati come eremi, dove più volte ho trascorso periodi di preghiera e di lavoro nei campi. Al centro della spiritualità dei Piccoli Fratelli c’era la meditazione della Parola di Dio letta e interpretata secondo la tradizione della Chiesa.

Carretto, quotidianamente, leggeva un brano della Scrittura e lo attualizzava alla vita concreta di ogni giorno e comunicava, con la sua fede, che Gesù è una presenza viva, tangibile, verificabile esistenzialmente.

A Spello sperimentavo che il Cristianesimo è semplicemente Gesù che vive in una comunità, ma questa esperienza che vivevo a Spello non trovava riscontro nelle parrocchie che conoscevo.

Provai a frequentare dei gruppi biblici, dove si leggeva la Scrittura e un sacerdote forniva una spiegazione alla quale seguiva il commento dei presenti all’incontro. Lasciai presto questi gruppi perché le riunioni erano per me molto noiose e le esegesi molto intellettualistiche senza alcuna attinenza con la mia vita concreta e al mio bisogno di trovare il senso della vita.

La Parola di Dio esercitava comunque un fascino su di me e cominciai a frequentare un gesuita, molto colto e gran conoscitore della Bibbia. Partecipai, insieme ad altre persone, a vari ritiri spirituali da lui guidati e diretti.

In breve tempo si formò un gruppo di giovani e adulti che, con regolarità, partecipava a tutti gli incontri proposti dal sacerdote, il quale, pur essendo una persona molto disponibile, onesta e generosa, interpretava, di fatto, la Scrittura, seguendo la scuola di Bultmann e non la Chiesa, e affermava che Gesù era un “rabbì” ebreo e la sua persona non era divina, i racconti riguardanti i miracoli e le liberazioni dei demoni da parte di Gesù erano modi simbolici di dire, così come un simbolo del male era considerato satana. Quando gli obiettavo che soprattutto nel prologo del Vangelo di Giovanni Gesù è presentato esplicitamente come Logos, come Dio, mi rispondeva che si trattava di una “ellenizzazione”, cioè sarebbe stato introdotto nella mentalità giudaica un modo di pensare greco, ma Gesù era soltanto un uomo.

Dopo la morte di questo sacerdote, iniziai un cammino di fede in una comunità cattolica, che mi era stata indicata da Carretto. Partecipai a una serie di catechesi svolte da laici, sotto la guida di un sacerdote.

Fui colpito dal fatto che, come a Spello con Carretto, questi laici testimoniavano la fede non in qualcuno che è morto e sepolto, ma che è vivo e operante nella storia ed è capace di far risorgere dalla morte alla vita chi crede in Lui. Dopo le catechesi si formò una comunità della quale, dopo 22 anni, faccio ancora parte.

Nella comunità ho ritrovato lo spirito di Spello e dei Piccoli fratelli e la Parola di Dio è tornata a parlare al mio cuore e a rispondere alle domande che, prima o poi ogni uomo si pone: “Chi sono io? Da dove vengo e dove vado? Perché la presenza del male? Cosa ci sarà dopo questa vita?”.

Il pensiero di Bultmann e gli insegnamenti del gesuita erano però rimasti come un  tarlo dentro di me e avevo bisogno di fare chiarezza sul piano razionale.

Avevo conosciuto il gesuita Ignace de la Potterie, uno dei migliori esegeti contemporanei, fedele al Magistero della Chiesa, gli chiesi se poteva chiarire i miei dubbi riguardanti la corretta interpretazione della Sacra Scrittura. Il sacerdote acconsentì e, durante una lunga conversazione, smontò scientificamente la teoria esegetica di Bultmann e criticò fortemente tutti quei biblisti cattolici che interpretano il Nuovo Testamento in chiave simbolica e metaforica e distinguono fra il “Gesù della storia” e il “Cristo della fede”.

Il gesuita affermò più volte, durante la conversazione, che il Nuovo Testamento parla di fatti concreti storicamente accaduti, in contesti geografici ben precisi. Esemplificando il discorso, disse che Gesù, dopo la resurrezione, veramente mangiò il pane e i pesci con gli apostoli, così come è riportato nel Vangelo, e che il credente è chiamato a comprendere il significato profondo di questo fatto realmente accaduto come di tutti gli altri (miracoli, liberazione degli indemoniati ecc.) contenuti nella Scrittura.

Padre de la Potterie confermò, sul piano esegetico, tutto il contenuto delle catechesi che avevo ricevuto in comunità e liberò la mia mente dalle false dottrine che avevo appreso in passato.

“Cristo della fede” è il “Gesù della storia”: la seconda persona della Trinità si è incarnata in un uomo, concepito da Maria, il quale è vissuto in Palestina, ha compiuto miracoli ed esorcismi, è veramente risorto e asceso al Cielo.

La scorsa estate sono stato in Terra Santa con la mia comunità e sono stato preso da un grande stupore nel constatare che oltre al “Gesù della storia” si può parlare anche del “Gesù della geografia”, nel senso che i luoghi citati nei Vangeli esistono realmente e in essi il Figlio di Dio ha vissuto e operato.

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ZENIT Staff

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