Il cristianesimo esalta la dignità del lavoro

Se fatto con amore ed al servizio del bene comune il lavoro eleva l’umanità

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di Antonio Gaspari

ROMA, sabato, 28 aprile 2012 (ZENIT.org).- Il lavoro, cioè la capacità di trasformare la materia animata einanimata in beni e risorse che si moltiplicano e che vengono messi a disposizione di tutti, è una caratteristica che distingue l’umanità da tutte le altre specie.

Ha scritto a questo proposito Giovanni Paolo II “Il lavoro è una delle caratteristiche che distinguono l’uomo dal resto delle creature (…) il lavoro porta su di sè un particolare segno dell’uomo e dell’umanità, il segno di una persona operante in una comunità, e questo segno costituisce la sua natura”

Se questa verità antropologica il cristianesimo ha sviluppato unagrammatica che noi oggi chiamiamo Dottrina Sociale della Chiesa.

Il cristianesimo infatti è la religione che più di tutte haglorificato e magnificato il lavoro, San Giuseppe, Gesù Cristo, Paolo, Pietro, Maria e tutti gli apostoli lavoravano.

San Benedetto fondò il suo ordine monastico sulle basi di “ora, labora e sii lieto”.

Nel corso dei secoli i cristiani hanno costruito cattedrali, ospedali, scuole università, sviluppato scienza, conoscenza e tecnologia, quando è stato necessario hanno fondato sindacati, cooperative, banche, assicurazioni.

A questo proposito la Costituzione pastorale Gaudium et spes afferma al numero 34 “chi lavora con amore nel rispetto della dignità di ogni persona, non solo contribuisce al progresso terreno, ma anche alla crescita del regno di Dio. Prolunga l’opera del Creatore e coopera all’attuazione del disegno della Provvidenza nella storia, associandosi a Cristo redentore”.

Il Dizionario della DSC della Chiesa (pag.442) spiega molto precisamente che “esercitare il proprio lavoro in modo da procurarsi il sostentamento per sé e per la propria famiglia e così prestare un servizio alla società, si può ritenere a buon diritto un prolungamento dell’opera del Creatore e un contributo personale al completamento della redenzione”

Il compendio della DSC al n. 263 precisa che “Il lavoro è espressione della piena umanità dell’uomo, nella sua condizione storica e nella sua orientazione escatologica: la sua azione libera e responsabile ne svela l’intima relazione con il Creatore ed il suo potenziale creativo, mentre ogni giorno combatte lo sfiguramento del peccato, anche guadagnandosi il pane con il sudore della fronte”.

Mantenere il lavoro su una dimensione solamente terrena e materialista è l’errore di molte ideologie.

Al punto 270 il Compendio aggiunge che “La condizione oggettiva del lavoro è la sua capacità produttiva, cioè quella che fa accrescere la bellezza e l’utilità dei beni terreni. La dimensione soggettiva è la capacità che possiede ogni lavoro – come atto umano – di sviluppare la dignità personale del lavoratore”.

Quindi la dignità non è garantita dal lavoro, ma il lavoro (cristianamente inteso) sviluppa la dignità del lavoratore.

Scrive il Compendio che “il lavoro umano procede dalla persona, ma è anche essenzialmente ordinato e finalizzato ad essa”.

Cioè il lavoro non è un totem da utilizzare in questa o quella ideologia, al contrario deve essere in funzione della persona, ed è buono quando aiuta la persona a realizzare il disegni del Creatore, che sono quelli che elevano l’umanità. Mentre se finalizzato a obbiettivi egoistici e utilitaristici rovina la persona.

Nel punto 265 il Compendio afferma che “il lavoro prima di tutto è actus personae, atto umano che può accrescere la dignità della persona che lo realizza umanizzandolo sempre più e che contribuisce allo sviluppo altrui. realizzando in unione con Cristo, si trasforma in preghiera e cammino di santità”.

Interessante che il compendio parla anche del rapporto tra lavoro e capitale e scrive “tra i due fattori (lavoro e capitale) il rapporto deve essere armonico, in quanto tutti e due sono necessari per la produzione” “tra lavoro e capitale ci deve essere complementarietà”.

Anche se il lavoro, precisa il Compendio, “come atto della persona, possiede un’innegabile preminenza sul capitale”.

In merito alla proprietà il Compendio, dice chiaramente che “è legittima soltanto se utilizzata per lo sviluppo della persona e, concretamente, nella produzione, per promuovere il lavoro delle persone”.

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ZENIT Staff

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