Il Concilio Vaticano II cinquanta anni dopo: le riflessioni di un laico

Alcuni stralci di uno scritto inedito del prof. André Vauchez, pubblicato dalla rivista “Forma sororum”

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ROMA, lunedì, 17 dicembre 2012 (ZENIT.org).- La rivista Forma sororum. Lo sguardo di Chiara d’Assisi oggi ha pubblicato uno scritto inedito del prof. André Vauchez, Membre de l’Académie des inscriptions et belles-lettres (Parigi) dal titolo Il Concilio Vaticano II cinquanta anni dopo: le riflessioni di un laico. Vauchez, oltre che essere uno dei maggiori studiosi della santità medievale (uno dei suoi ultimi libri è l’importante e fondamentale André Vauchez, Francesco d’Assisi. Tra storia e memoria, Einaudi, Torino 2010), in un certo qual modo è “cresciuto” alla scuola del cardinal Yves Congar. Tutto ciò rende la sua riflessione ancora più interessante.

L’articolo intero è stato pubblicato da Forma sororum. Lo sguardo di Chiara d’Assisi oggi, 49 (2012), p. 286-291. Email: formasororum@clarissecdp.it.

Sotto alcuni stralci del contributo: 

Il Concilio Vaticano II cinquanta anni dopo: le riflessioni di un laico

Ho avuto la fortuna, pur essendo allora un giovane studioso sconosciuto, di potere assistere, grazie a un vescovo che conoscevo di persona, a una delle ultime sessioni del concilio Vaticano II, nell’ottobre 1965 e ne ho conservato un vivissimo ricordo. La riunione di queste migliaia di vescovi cattolici venuti a Roma da tutto il mondo era già in se un fatto impressionante e l’importanza dell’avvenimento non poteva sfuggire all’osservatore, visto la posta in gioco nel dibattito e le speranze che esso aveva sollevato nella Chiesa e anche al difuori degli ambienti cattolici. […]

Per me, l’aspetto forse il più importante del Vaticano II è stato il riconoscimento da parte della Chiesa cattolica del fatto che tutti i battezzati sono ugualmente chiamati alla santità, il che portò a un nuovo modo di concepire i ministeri. Definendo la Chiesa anzitutto come il popolo di Dio in cammino verso la salvezza, il Concilio è riuscito per la prima volta nella storia a elaborare una teologia del laicato nella quale i fedeli non sarebbero solo degli oggetti del ministero pastorale del clero e i “sudditi” della gerarchia ecclesiastica, ma dei membri a pieno diritto della Chiesa e attori della sua realizzazione nel mondo. Questa affermazione non minimizza pertanto l’importanza del sacerdozio, ne quella degli ordini religiosi, che furono invitati a tornare alle loro fonti spirituali più autentiche.

Il Vaticano II è stato in effetti un concilio riformatore; ma bisogna intenderci sul contenuto di questo concetto che è stato talvolta frainteso: contrariamente a quanto gli è stato rimproverato da alcuni ambienti “tradizionalisti”, non si trattò allora di fare un’altra Chiesa, ma di riportare la Chiesa ai principi fondamentali della tradizione cristiana. La Chiesa non si confonde con le usanze sviluppatesi attraverso i secoli in funzione di un contesto sociale o culturale ben preciso, oggi scomparso. Non si tratta di adattarla ad alcune mode odierne; solo una fedeltà maggiore allo Spirito può rendere i cristiani capaci di affrontare il presente e l’avvenire. 

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ZENIT Staff

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