Il Concilio come Elvis e Vasco

Cinquant’anni fa si apriva un incontro unico, irripetibile, che ha ancora molto da insegnare ai giovani

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di Carlo Climati

ROMA, venerdì, 12 ottobre 2012 (ZENIT.org).- “Se vuoi toccare sulla fronte il tempo che passa volando, in un marzo di polvere e di fuoco e come il nonno di oggi sia stato il ragazzo di ieri. Se vuoi ascoltare non solo per gioco il passo di mille pensieri chiedi chi erano i Beatles, chiedi chi erano i Beatles…”.

Sono le parole di una bellissima canzone degli Stadio, che invita i giovani a fare un salto nel tempo, per riscoprire un periodo di grandi sogni e speranze.

Cinquant’anni fa usciva il primo disco dei Beatles. Nello stesso periodo prendeva vita il Concilio Vaticano II, voluto da Papa Giovanni XXIII. Un momento d’incontro e di dialogo straordinario, che ha portato una nuova primavera nella Chiesa.

A un giovane del terzo millennio, oggi, potremmo dire: “Chiedi cos’era il Concilio. Conoscilo! Scoprilo! Abbraccialo!”

Il Concilio è ancora vivo e pulsante. Ha tanto da comunicare alle ragazze e ai ragazzi di oggi, che non lo hanno vissuto, ma possono imparare a conoscerlo e ad amarlo.

E’ stato un incontro unico, irripetibile. Infatti, tutti lo chiamano semplicemente “il Concilio”. Come Elvis e Vasco.

Elvis è Elvis. Vasco è Vasco. Non c’è bisogno d’aggiungere il cognome. Il Concilio è il Concilio. Basta la parola!

Il legame profondo tra il Concilio Vaticano II e le generazioni del futuro si evidenzia chiaramente nello splendido messaggio dedicato ai giovani il 7 dicembre 1965: “… Noi vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate, di dar libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale!” 

La speranza di quegli anni era proprio questa: costruire un mondo migliore. Ed è la speranza di ogni tempo, il sogno di chi desidera dare un contributo allo sviluppo di una nuova società, senza odio, egoismo e violenza.

Lo ritroviamo nei discorsi di John Fitzgerald Kennedy, di Martin Luther King e soprattutto nelle indimenticabili parole pronunciate da Papa Giovanni XIII all’apertura del Concilio in piazza San Pietro, di fronte ad una folla in festa e allo splendore della luna: “Facciamo onore alle impressioni di questa sera, che siano sempre i nostri sentimenti come ora li esprimiamo davanti al cielo e davanti alla terra. Fede, speranza, carità, amore di Dio, amore di fratelli. E poi, tutti insieme, aiutati così nella santa pace del Signore alle opere del bene. Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare. Dite una parola buona. Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza”.

Quante volte abbiamo ascoltato queste parole, con commozione, cliccando e ricliccando su Youtube! Quel messaggio semplice, “Dite una parola buona”, ha ancora oggi un grande significato, in un’epoca in cui le parole rischiano di essere sostituite dall’urlo.

I documenti del Concilio Vaticano II sono caratterizzati da un tono di grande serenità e di apertura nei confronti degli altri. Oggi abbiamo tanto bisogno di questo spirito! Basta accendere la televisione per trovarsi di fronte a dibattiti accesi tra persone che si insultano e rinunciano ad ascoltarsi.

Perfino i nostri uomini politici, a volte, rifiutano di dialogare e propongono spettacoli indegni. Il Concilio, invece, insegna a tutti la gioia dell’incontro, del dialogo, dell’ascolto senza pregiudizi. Basterebbe solo questo per comprendere l’attualità del suo messaggio!

Mi capita spesso di incontrare giovani delusi e sfiduciati. Hanno grandi ideali e vorrebbero davvero cambiare il mondo. Ma avvertono una sensazione di impotenza. Sembrano quasi schiacciati dal peso di quelle che Papa Giovani Paolo II chiamava “strutture di peccato”. Ovvero, i meccanismi del male che appaiono difficilissimi da combattere nella società di oggi: corruzione, mafia, clientelismo, arrivismo, carrierismo, incomunicabilità, disparità sociale.

Il Messaggio del Concilio ai giovani invita a costruire “nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale”. Ma è veramente possibile cambiare il mondo? Possiamo farlo davvero, noi, con le nostre piccole mani e la nostra zoppicante umanità?

Il mondo, forse, non si potrà cambiare dall’oggi al domani. Ma un passo avanti potrebbe nascere proprio dal nostro impegno personale, ispirato da una riscoperta del Concilio, sempre profondamente vivo ed attuale.

Il Cardinale Carlo Maria Martini, in uno dei suoi libri più belli, “Tu mi scruti e mi conosci” (Editrice Àncora), si rivolge a Dio con queste bellissime parole: “Signore, tu mi capisci, tu sei colui che prende sul serio la mia vita. Qualche volta io rischio di giocare con la mia vita. Tu però mi guardi perché mi hai fatto, mi hai creato, mi dai la vita. Tu mi vedi in un modo che mi fa sentire preso sul serio e capito a fondo”.

Riscoprire, vivere, respirare il Concilio Vaticano II oggi. E’ questa la strada giusta per alimentare gioia e speranze, per conoscere e riconoscere un Dio che ci ama e ci prende sul serio.

Come spiega il Cardinale Martini nel suo libro, “Dio ha veramente visitato il suo popolo, ha visitato ciascuno di noi, di voi. Noi siamo l’epifania di Dio”.

Certamente, con il Concilio Vaticano II, Dio ha trovato una nuova occasione per farci visita, per bussare alla nostra porta e cercarci. Lasciamolo entrare! Abbracciamolo! Scopriremo, insieme, che è davvero possibile costruire un mondo nuovo, tenendoci stretti a Lui e scoprendo la sua amicizia.

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ZENIT Staff

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