Il card. Scola con i giornalisti: un nuovo concilio?

“No, basta attuare compiutamente il Vaticano II”

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Il modo con cui i giovani usano la rete per esprimersi è un segno di libertà. Gli stessi giovani dimostrano di saper valutare criticamente le notizie veicolate dalla rete. Compito dell’informazione è cercare il vero oltre il verosimile. E sulle difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro per le nuove generazioni un monito a sbarazzarsi dei miti della “Milano da bere” per riscoprire il valore della socialità. È quello che ha detto il cardinale Angelo Scola, dialogando ieri sabato 26 gennaio con il direttore del Tg di La7, Enrico Mentana, davanti ad oltre 300 giornalisti e comunicatori intervenuti stamattina al tradizionale incontro per la celebrazione del santo patrono San Francescodi Sales.

«La franchezza con cui i giovani si esprimono nella rete è un segno di libertà – ha sottolineato l’Arcivescovo di Milano, commentando i dati della ricerca dell’Istituto Toniolo sul rapporto degli under 30 con i mezzi di comunicazione.

«E la questione della libertà resta più che mai fondamentale in una fase storica di transizione come la nostra – ha osservato Scola – perché nel passaggio da moderno al post moderno la libertà non solo è stata ridotta a pura libertà di scelta ma la stessa libertà di scegliere è stata sganciata da ogni principio di bene e  male. E le libertà tanto conclamate sono assai spesso poco realizzate». Di fronte alla grande facilità di accesso all’informazioneil Cardinale ha osservato che i ragazzi  «distinguono bene tra l’ opportunità grande data loro di accedere gratuitamente agli strumenti comunicazione e dimostrano di essere capaci di saper prendere le distanze».

Secondo Scola il problema dell’informazione «è rendere la realtà così come essa è in modo da lasciarsi interpellare e riproporla nella sua verità». «Bisogna  avere la sagacia di tendere al vero e non fermarsi al verosimile».

Rivolgendosi ai giovani e riflettendo sulla loro difficoltà a entrare nel modo del lavoro, il Cardinaleha detto che «gli anni dell’euforia della Milano da bere ci hanno fatto dimenticare che il primo motivo per cui una persona lavora è sostentarsi e sostentare la sua famiglia. Il primo motivo non è l’autorealizzazione, che può venire o non venire». «Il primo motivo è l’esperienza elementare della dimensione di socialità – ha continuato Scola -, che è contenuta nel lavoro, il quale deve essere così dignitoso da trasformare il bisogno nel desiderio, perché la caratteristica dell’uomo non è la pura risposta al bisogno ma la dilatazione del bisogno nel desiderio».

Rispondendo ad una domanda arrivata da twitter, Scola ha riconosciuto «la difficoltà da parte dei cristiani a far emergere la bellezza e la verità dell’incontro con Cristo». E ha spiegato che la ragione è che «i cristiani si sono chiamati fuori dalla realtà». Alla richiesta di Mentana “è allora necessario un nuovo Concilio?” Scola ha risposto che «l’esigenza dell’approfondimento che lei pone è giusta, ma per soddisfarla basta attuare compiutamente il Vaticano II in particolare per quello che i documenti conciliari hanno detto sulla dignità umana e la libertà religiosa».

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ZENIT Staff

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