Cells in a jail

Pixabay CC0 - TryJimmy, Public Domain

“Il carcere a vita è disumano”: 600 ergastolani scrivono al Papa

L’iniziativa è del crotonese Giovanni Lentini, che sconta la pena per omicidio, in vista del Giubileo della Misericordia

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Seicento ergastolani italiani scrivono al Santo Padre in vista del Giubileo straordinario della Misericordia, denunciando che “il carcere a vita è disumano”. L’iniziativa è stata presa dall’ergastolano Giovanni Lentini, 41 anni, un calabrese di Crotone, che sta scontando la pena per omicidio a Fossombrone (PU) e ne dà notizia oggi il quotidiano locale Il Crotonese

Insieme a Lentini, hanno apposto la firma centinaia di persone, ristrette in diverse carceri della Penisola, sul cui certificato di detenzione appare il “12/12/9999 come fine pena”. Praticamente mai. La lettera, con le adesioni, raccolte con l’aiuto di un altro ergastolano, Carmelo Musumeci, è stata recapitata a Papa Francesco che ha risposto tramite l’ispettore generale dei cappellani del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, don Virgilio Balducci. Il sacerdote, rivolgendosi al cappellano di Fossombrone, don Guido Spadoni, ha così scritto: “Testimonia a Giovanni (Lentini ndr) che Papa Francesco prega per lui, perché la giustizia migliori, anche per lui sarà possibile gustare la misericordia del Padre”. 

Proprio quella misericordia a cui anelano anche gli ergastolani italiani, uomini e donne che hanno però un cruccio. “Neanche se riuscissimo a sopravvivere per altri cinquant’anni e quindi per i prossimi Giubilei – scrivono infatti al Pontefice – potremmo avere la possibilità di partecipare personalmente all’indulgenza plenaria poiché siamo condannati ad una pena perpetua”. “La cosa peggiore – aggiungono i firmatarii – è che nelle condizioni in cui ci troviamo non possiamo offrire opere meritorie per ottenere l’indulgenza, ma nonostante i nostri limiti, le nostre debolezze, vogliamo partecipare seppure a distanza a questo evento straordinario inviandoti questo nostro scritto, questa nostra preghiera…”. 

La speranza, che si trova stabilmente anche nelle celle dei condannati pur coabitando con l’afflizione che “pervade l’anima di tutti noi”, spinge gli ergastolani a lanciare perciò un appello a Francesco. “Santo Padre – è la loro supplica – auspichiamo che nell’anno del Giubileo, tu possa rinnovare l’invito agli uomini del potere affinché aboliscano questa pena assurda” che si espande anche “a chi ci sta vicino, i nostri figli e i nostri familiari. Secondo noi – concludono – non esiste un male maggiore ed un male minore, uno da punire ed uno no. Il male è male, è una caduta, un distacco dall’amore divino, tutti cadiamo in un modo o in un altro (…) La cosa più importante però è riuscire a rialzarci con la certezza che siamo già stati salvati da Cristo”. Segno che la misericordia può spalancare alla libertà dello spirito e del futuro qualsiasi porta. Anche quella più spessa e materialmente definitiva. 

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ZENIT Staff

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