Il benessere delle donne include la famiglia

La Missione ONU della Santa Sede discute lo status delle donne

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di Genevieve Pollock

NEW YORK, mercoledì, 2 marzo 2011 (ZENIT.org).- Gli attuali sforzi delle Nazioni Unite per promuovere la salute e il benessere delle donne mancano di apprezzare come l’amore sperimentato in famiglia le aiuti a fiorire, ha affermato Helen Alvaré.

La docente di Diritto e consultore del Pontificio Consiglio per i Laici lo ha commentato con ZENIT dopo aver partecipato come oratrice a un evento svoltosi la settimana scorsa a New York in occasione della 55ma Sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo Status delle Donne.

La discussione su “Salute e Istruzione: Promuovere il Benessere di Donne e Bambini” è stata promossa dalla Missione dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e dalla Missione Permanente di S. Lucia all’ONU, insieme alla fondazione “Path to Peace”.

Commentando l’attuale lavoro in questo settore, la Alvaré ha osservato che “si dà poca attenzione al ruolo giocato da costumi sessuali che tengano conto del valore delle donne, dal matrimonio stabile e dalla cura parentale come fattori che contribuiscono al benessere delle donne”.

“Sembra che ci sia una tendenza a pensare alla donna e alla ragazza come portatrici di diritti individuali”, ha affermato, “nonostante le aspirazioni sia delle donne che delle ragazze ad essere in una famiglia e la significativa quantità di dati empirici che collegano il benessere delle donne – a livello fisico, emotivo, educativo, ecc. – alla loro esperienza di amare ed essere amate in un contesto familiare”.

Spesso, ha riconosciuto la Alvaré, “i veri problemi che possono sorgere nel contesto familiare – la violenza è ovviamente principale – possono impedire che gli osservatori riconoscano il bene che le famiglie portano ai loro membri e alla società”.

“E’ anche possibile che alcune delle congetture – sugli uomini, sul matrimonio e sull’intera nozione di complementarietà, ad esempio – che hanno giocato un ruolo importante alla fine del XX secolo stiano ancora influenzando le percezioni di alcune delle principali voci nazionali e internazionali che parlano per le donne”.

La voce della Chiesa

La Alvaré ha sottolineato che la Chiesa offre il suo contributo unico parlando a favore del benessere delle donne in risposta a queste e altre voci, alle Nazioni Unite e altrove.

“La Chiesa combina in modo unico una chiamata alla dignità e all’uguaglianza della donna come creatura fatta a immagine di Dio e la volontà di riconoscere le differenze tra uomini e donne laddove siano rilevanti per il prosperare di individui, famiglie e società, a sostegno della ‘sinergia’/complementarietà maschile-femminile e nel franco riconoscimento del peccato originale”.

La Chiesa fa questo “in un modo che esorta sia gli uomini che le donne a dare il meglio di sé, aiutando a spiegare o a rendere conto di situazioni in cui non si comportano così”, ha aggiunto.

“Non ha una sfera di cristallo, ma sa che saprà ‘vedere’ meglio il presente e il probabile futuro usando i migliori dati di ragione e fede per illuminare ciò che sta accadendo nel mondo”.

La Chiesa, ha concluso, “si sente libera di andare dove la portano queste prove, indipendentemente dalle correnti popolari o impopolari dei tempi”.

Educazione e valori

Nel contesto dell’incontro della Commissione, Jane Adolphe, docente associato presso la Ave Maria School of Law di Naples (Florida) e membro della delegazione vaticana presso la Commissione ONU, ha parlato a nome dell’Arcivescovo Francis Chullikatt, Osservatore Permanente all’ONU, della partecipazione delle donne e delle ragazze all’istruzione, nonché dell’accesso al pieno impiego e al lavoro dignitoso.

L’istruzione, ha sottolineato, “deve essere fermamente radicata in un profondo rispetto per la dignità umana e per i valori religiosi e culturali”.

“Se ciò manca – ha indicato –, allora l’istruzione non è più un mezzo di autentica illuminazione, ma diventa uno strumento di controllo da parte di coloro che la amministrano”.

La Adolphe ha aggiunto che “il vero progresso delle donne richiede che il lavoro sia strutturato in modo tale che le donne non debbano pagare per il loro avanzamento abbandonando ciò che è loro specifico e a spese della famiglia, in cui le donne e le madri hanno un ruolo insostituibile”.

Circa la questione della discriminazione e della violenza contro le donne, la Adolphe ha ribadito l’insistenza della Chiesa sulla legislazione che difende le ragazze e le donne “da ogni forma di violenza e sfruttamento, dal concepimento in poi, includendo l’aborto, soprattutto quello che compie una selezione in base al sesso, l’infanticidio femminile”.

“Gli Stati devono aumentare gli sforzi concreti e concertati collaborando per porre fine a questo crimine odioso”, ha concluso, invitando anche ad affrontare “adeguatamente la domanda di traffico di persone mediante il rafforzamento delle leggi contro la prostituzione dei bambini e degli adulti, la pedopornografia e lo sfruttamento sessuale”.
[Traduzione dall’inglese di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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