Il Beato Pietro Calungsod: un modello per i giovani di oggi

Il vescovo di Guam, mons. Anthony Apuron, racconta la vita del Santo filippino canonizzato oggi da Benedetto XVI

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di Junno Arocho

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 21 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Oggi, Papa Benedetto XVI ha accolto sette nuovi santi nella Chiesa. Tra loro vi è il Beato Pedro Calungsod, un giovane missionario filippino che nel 1672, all’età di 18 anni, fu martirizzato per la fede insieme al Beato Diego Luis de San Vitores,  da un capo della Camorra locale di Guam, che si infuriò per la presenza dei missionari sull’isola.

Ieri, diverse centinaia di pellegrini dalle Filippine riuniti nella chiesa di Sant’Agostino a Roma hanno celebrato una eucarestia per ricordare la sua santa memoria. Concelebrava la Messa, Mons. Anthony Apuron, arcivescovo di Agaña a Guam, l’isola dove fu martirizzato Pedro, che ha raccontato a ZENIT la vita del Beato, il suo significato in questo Anno della fede, e l’impatto con il Sinodo dei Vescovi attualmente in corso a Roma.

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Eccellenza, quali sono i suoi sentimenti per la canonizzazione del Beato Pedro Calungsod?

Arcivescovo Apuron: Penso che sia un momento di orgoglio per tutti i filippini, e soprattutto per quelli della regione Visayan, a cui proprio oggi, prima della Messa molti vescovi hanno detto: “Non dovreste essere voi a chiederci scusa (a nome della Camorra) per aver ucciso Pedro Calungsod, ma noi a ringraziarvi per averci donato un santo”. Ora la Chiesa universale ha veramente un santo a cui guardare. Pedro aveva solo 18 anni, morì circa un minuto e mezzo prima del Beato Diego Luis de San Vitores, uccisero prima lui e possiamo dire per questo che fu un proto-martire, un precursore in cielo per il Beato Diego perché è andato davanti a lui con il suo martirio.

È davvero un momento di gioia, mi auguro che Pedro possa davvero essere modello per i giovani di oggi, un invito a ricordare che siamo tutti chiamati ad essere santi un giorno. Per Pedro è avvenuto in età molto precoce, 18 anni, ma già a 14 anni aveva lasciato le Filippine per venire a Guam, dove visse 4 anni, in servizio alle missioni, fedele ai sacerdoti, ai missionari gesuiti e alla Chiesa. Ora è in cielo con il beato Diego, anche se lo ha “battuto alla santità”. Speriamo che, un giorno anche Diego verrà canonizzato.

Uno dei primi Padri della Chiesa, Tertulliano disse: “Il sangue dei martiri è il seme della Chiesa”. Il Beato Pedro fu ucciso a Guam, da questo seme quali frutti si sono visti nella regiones?

Arcivescovo Apuron: Tanti. Ora abbiamo delle vocazioni native. È stato aperto qualche anno fa un seminario chiamato Redemptoris Mater e il prossimo 3 novembre ordinerò 11 presbiteri. Ci sono poi 40 seminaristi provenienti da 16 nazioni di tutto il mondo. Sei di loro sono nativi delle Filippine e uno di loro si sta avvicinando, perché spero che l’anno prossimo sarà ordinato diacono. Quindi, le vocazioni stanno arrivando e penso che la Chiesa è ancora forte in Guam. Dopo più di 300 anni di cristianizzazione la Chiesa sopravviverà!

Qual è il significato di questo Santo in un momento particolare come l’Anno della Fede?

Arcivescovo Apuron: E’ ovvio: lui è morto per la fede. Ecco perché il Santo Padre ha voluto mostrare al mondo e alla Chiesa che può essere un esempio soprattutto per i giovani. La gioventù di oggi, infatti, tende a farsi ingannare per le vie del mondo e Pedro è un fulgido esempio di ciò che un individuo può diventare se si sceglie di stare vicino a Cristo, nella sequela di Cristo. Spero davvero che possa continuare ad essere un esempio attuale, un santo per i tempi moderni, nonostante sia morto più di 300 anni fa, perché è il modello di un giovane che veramente ha dato la sua vita all’estremo sacrificio. Molte volte si parla di soldati che si sacrificano e muoiono per il loro paese. Pedro è morto per la Chiesa, è morto per Cristo ed è morto per tutta la cristianità.

Lei avrà sicuramente seguito da vicino il Sinodo dei Vescovi ancora in corso. Qual è il suo pensiero riguardo a ciò che emerso finora dalle assemblee sinodali e che cosa spera?

Arcivescovo Apuron: Spero che i Padri sinodali si renderanno conto che c’è davvero un grido per la Nuova Evangelizzazione, che bisogna ri-evangelizzare gli evangelizzati dal momento che molti di loro tendono ad essere confusi oggi. Mi auguro, inoltre, che questo Sinodo sarà un aiuto per far emergere, con misure e frutti positivi, ciò che possiamo ancora fare come Chiesa in questo mondo moderno; per contribuire a portare il Vangelo e il suo messaggio duraturo di fede, di speranza e di amore ad un popolo tante volte disperato, che non ha amore, e che sta chiedendo un po’ di speranza. Prego, quindi, che possa aiutare tutti noi a rinnovarci.

[Traduzione dall’inglese a cura di Salvatore Cernuzio]

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ZENIT Staff

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