Il 2015 sarà un anno dedicato alla vita consacrata

Papa Francesco incontra “fuori programma” l’Unione dei Superiori Generali, dialoga con loro e a braccio risponde alle domande su missione, vocazione e formazione

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Più che un’udienza quella di Papa Francesco stamane con l’Unione dei Superiori Generali, in Aula del Sinodo, è stata una chiacchierata tra amici. Tanto più che questo incontro con i 120 Superiori, riuniti a Roma dal 27 novembre per l’82° Assemblea generale, non era neppure previsto dall’agenda pontificia.

Si è trattato pertanto di un “fuori programma” di Bergoglio, che un comunicato dell’Unione ha descritto come “un lungo incontro di tre ore, in cui il Pontefice non ha pronunciato un discorso preparato, ma ha risposto a braccio alle domande che gli venivano poste”. E quando improvvisa, si sa, Francesco dà il meglio di sé. Oggi, dopo lo scambio di opinioni, domande e analisi, prima di lasciare l’aula del Sinodo, ha infatti sorpreso tutti annunciando che il 2015 sarà un anno dedicato alla vita consacrata.

Un annuncio importante, che implica una buona responsabilità da parte dell’Unione dei Superiori Generali. L’organismo – guidato da padre Adolfo Nicolás, Preposito generale della Compagnia di Gesù, Presidente dell’Unione dal maggio scorso – nasce infatti con lo scopo di favorire la vita degli Istituti di Vita Consacrata al servizio della Chiesa, con una più efficace collaborazione tra questi, e di promuovere contatti con la Santa Sede e la Gerarchia ecclesiastica.

Il motivo di dedicare un anno a questo ambito della Chiesa lo ha spiegato lo stesso Papa Francesco: “La vita consacrata è profezia”, “sono uomini e donne che possano svegliare il mondo”, ha detto. Rispondendo a delle domande sull’identità e la missione della vita consacrata, ha poi affermato che i religiosi “sono chiamati a seguire il Signore in maniera speciale”, con una radicalità maggiore di quella che già è richiesta ad ogni cristiano. Dio, ha sottolineato il Papa, “ci chiede di uscire dal nido che ci contiene ed essere inviati nelle frontiere del mondo, evitando la tentazione di addomesticarle. Questo è il modo più concreto di imitare il Signore”.

Riguardo al tema della vocazione, il Santo Padre ha invece osservato che sono tante le Chiese giovani che donano ultimamente frutti nuovi. Ciò rende necessario ripensare l’inculturazione del carisma. E soprattutto – ha rimarcato – “la Chiesa deve chiedere perdono e guardare con molta vergogna gli insuccessi apostolici a causa dei fraintendimenti in questo campo, come nel caso di Matteo Ricci”.

Il primo passo da compiere è introdurre nel governo degli Istituti religiosi persone di varie culture che diano una ventata di aria fresca al carisma, permettendo di viverlo secondo diverse sfaccettature. Un altro aspetto da rivedere è la formazione, che, secondo il Papa, non deve essere univoca e intrisa di “ipocrisia” e “clericalismo”, ma “spirituale, intellettuale, comunitaria e apostolica”. Comune denominatore è un dialogo “franco e aperto su ogni aspetto della vita”; perché, ha evidenziato il Pontefice, “la formazione è un’opera artigianale, non poliziesca”. L’obiettivo è “formare religiosi che abbiano un cuore tenero e non acido come l’aceto. Tutti – ha soggiunto – siamo peccatori, ma non corrotti. Si accettino i peccatori, ma non i corrotti”.

Tra gli spunti offerti dalle domande, Francesco ha poi affrontato il tema della fraternità. Essa, ha affermato, ha una forza di attrazione enorme dal momento che presuppone “l’accettazione delle differenze e dei conflitti”. Seppur non facile, la fraternità va vissuta in pienezza, perché “se non la si vive non si è fecondi”, ha rilevato il Pontefice. “Mai – ha detto – dobbiamo agire come gestori davanti al conflitto di un fratello: bisogna accarezzare il conflitto”. Ciò interessa anche la relazione tra i religiosi e le Chiese particolari nelle quali sono inseriti. Una ‘parolina’ il Papa l’ha infatti indirizzata anche ai vescovi, perché, come lui stesso ha ammesso, certe dinamiche le conosce per esperienza e sa quali sono i problemi possibili.
Quindi ha affermato: “Noi vescovi dobbiamo capire che le persone consacrate non sono materiale di aiuto, ma sono carismi che arricchiscono le diocesi”. 

Interrogato infine sulle frontiere della missione dei consacrati, il Papa ha esortato a cercarle “sulla base dei carismi”. Naturalmente tra i campi d’azione sono prioritarie le periferie e le realtà di esclusione; ad esse si aggiungono le “sfide” culturali ed educative in scuole ed università. Francesco ha quindi indicato tre pilastri per una educazione che diventi veicolo della fede: “Trasmettere conoscenza, trasmettere modi di fare, trasmettere valori”. “L’educatore – ha aggiunto – deve essere all’altezza delle persone che educa, e interrogarsi su come annunciare Gesù Cristo a una generazione che cambia”.

Infine, dopo la notizia di un 2015 dedicato alla vita consacrata, il Pontefice ha salutato i 120 Superiori Generali dicendo: “Grazie, per quello che fate e per il vostro spirito di fede e la ricerca del servizio. Grazie per la vostra testimonianza e anche per le umiliazioni per le quali dovete passare”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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