I Vescovi del Costa Rica denunciano piani per legalizzare le unioni gay

In un messaggio ai deputati del Congresso della Repubblica

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di Nieves San Martín

SAN JOSÉ, giovedì, 9 settembre 2010 (ZENIT.org).- I Vescovi del Costa Rica hanno reso pubblico questo lunedì un messaggio indirizzato ai deputati del Congresso della Repubblica di fronte al fatto che “negli ultimi mesi si è affermato il dibattito sociale sulla concessione di uno status sociale e giuridico alle unioni tra persone omosessuali”.

Nel testo, firmato dal presidente della Conferenza Episcopale, monsignor Hugo Barrantes Ureña, Arcivescovo di San José, i Vescovi offrono “alcune considerazioni volte alla difesa della dignità del matrimonio, base della famiglia, e alla promozione e alla difesa del bene comune della società, della quale questa istituzione è parte costitutiva; tutto questo nel contesto del rispetto dei diritti umani”.

“Come Chiesa – affermano i Vescovi –, vediamo nel matrimonio, base fondamentale della famiglia, un valore importantissimo, che deve essere difeso da ogni minaccia che ne metta in pericolo la solidità. Il matrimonio non è un’unione qualsiasi tra persone umane. E’ stato fondato dal Creatore, che lo ha dotato di una natura particolare, di proprietà essenziali e di finalità innegabili”.

Ciò, aggiungono, ha portato a opporsi “ripetutamente ai vari progetti che, in modo aperto o meno, vogliono equiparare le unioni tra persone dello stesso sesso al matrimonio eterosessuale, perché la loro legalizzazione deforma la percezione dei valori morali fondamentali e sminuisce l’istituzione matrimoniale in quanto tale”.

Di conseguenza, “la famiglia come elemento naturale e fondamentale della società e dello Stato deve ricevere la massima difesa possibile da questi, soprattutto nel momento della sua costituzione, e durante tutto il processo della cura e dell’educazione dei figli”.

I Vescovi ricordano anche che “rappresenta un dovere fondamentale dello Stato – vincolante per il Potere Esecutivo, Legislativo e Giudiziario – la difesa giuridica della natura intrinseca dell’istituzione familiare, cioè la promozione dei valori propri dell’autentico matrimonio e della fecondità di nuove vite, che hanno bisogno di una sana educazione e di un contesto legislativo basato sul rispetto della legge naturale”.

“Mettendo l’unione tra persone dello stesso sesso in una situazione di uguaglianza di condizioni giuridiche con il matrimonio o la famiglia, lo Stato agisce arbitrariamente ed entra in contraddizione con i propri doveri”, assicurano.

La persona umana, “creata a immagine di Dio, è degna di ogni rispetto”, sottolineano i presuli. Per questo, “gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e bisogna evitare ogni discriminazione nei loro confronti”.

Ad ogni modo, “la Chiesa distingue tra il rispetto per ogni persona, indipendentemente dal suo orientamento sessuale, e il rifiuto delle pratiche omosessuali, come atto oggettivamente contrario al progetto di Dio per l’essere umano”.

Constatano quindi che, “a favore di questo tipo di iniziative, in genere si invocano argomentazioni come il principio del rispetto e la non discriminazione delle persone”, e il fatto che la legge “non impone alcun comportamento in particolare, ma si limita a rendere legale una realtà di fatto che apparentemente non implica un’ingiustizia contro nessuno”.

In questo senso, i Vescovi esortano a riflettere “sulla differenza tra comportamento omosessuale come fenomeno privato e lo stesso come comportamento pubblico, legalmente previsto, approvato e trasformato in una delle istituzioni protette e promosse dall’ordinamento giuridico”.

Ricordano anche che il principio di uguaglianza, contenuto nella Costituzione, “non implica che in tutti i casi si debba concedere un trattamento uguale prescindendo dai possibili elementi differenziatori di rilevanza giuridica che possano esistere; o, il che è lo stesso, non ogni disuguaglianza rappresenta necessariamente una discriminazione”.

I Vescovi sottolineano dunque che, anche se recentemente sono state rese note diverse inchieste in cui “la stragrande maggioranza dei costaricani esprime la propria opposizione al riconoscimento legale delle unioni omosessuali”, “le organizzazioni gay-lesbiche, che si profilano come un vero movimento politico (lobby gay), continuano a promuovere, con il sostegno di alcuni mezzi di comunicazione e di alcuni membri di partiti politici, varie iniziative a favore del riconoscimento legale delle unioni tra omosessuali come il il disegno di legge per l’Unione Civile tra persone dello stesso sesso o il disegno di legge sulle Società di Convivenza”.

Per i presuli, “è falsa l’argomentazione per cui la legalizzazione delle unioni tra persone omosessuali sarebbe necessaria per evitare che i conviventi, per il semplice fatto della loro convivenza omosessuale, perdano l’effettivo riconoscimento dei diritti comuni che hanno in quanto persone e cittadini”.

In realtà, sostengono, “come tutti i cittadini, anche loro, grazie alla loro autonomia privata, possono sempre ricorrere al diritto comune per ottenere la tutela di situazioni giuridiche di interesse reciproco”.

“Al contrario – aggiungono –, rappresenta una grave ingiustizia sacrificare il bene comune e il diritto della famiglia per ottenere beni che possono e devono essere garantiti in modi che non danneggino la generalità del corpo sociale”.

Concludono quindi esortando i membri del Congresso, “in particolare quanti confidano in Cristo”, “a consacrarsi con sincerità, rettitudine, carità e forza alla missione a voi affidata da Paolo, cioè legiferare sulla base dei principi etici e a beneficio del bene comune”.

 

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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