I rischi di una società in cui l’uomo è senza Dio

La ricerca di ristoro in posti sbagliati che illudono e schiavizzano

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La voce dei profeti in ogni angolo della terra e in qualsiasi periodo storico, del passato e del presente, trova facilmente resistenza nel cuore degli uomini. Da sempre i “mandati” del Signore hanno cercato con tutti i mezzi di gridare al popolo che la salvezza viene dalla Parola di Dio, nella quale ognuno dovrebbe serenamente radicarsi, stabilizzarsi e cementarsi. La cosa, pur bella e straordinaria, trova ostacoli a realizzarsi. Quanti messaggeri del Signore hanno consumato la loro vita in questa missione di verità, ricevendo in cambio ostilità e irriverenza?
La storia è piena di esempi, da Geremia e Isaia agli uomini e donne illuminati del nostro tempo. Chi parla nel nome del Signore non è disposto a compiacere alcuno o a far finta di non vedere i peccati che gli scorrono innanzi. Fotografa la realtà e indica i passaggi per evitare nuove capitolazioni sociali e morali. L’uomo che parte da se stesso non recepisce il valore di quel messaggio. Se lo fa è perché si trova in un momento di bisogno e di disperazione e presto non avrà nessun tipo di esitazione a rinnegare ogni cosa ascoltata e per necessità acquisita temporaneamente nel suo cuore.
L’ostinazione nei peccati è sempre più grande in una società che da una parte si rivela inquieta, ma dall’altra si presenta sicura nell’azzerare la sua inquietudine. Per farlo utilizza addirittura le istituzioni, deliberando nuovi diritti privi di riferimenti ontologici e permettendo ad attitudini e comportamenti dei singoli individui, fino ad oggi discutibili, di trovare in un pensiero relativistico l’appoggio normativo per essere superati. Il peccato diventa così un elastico da stendere in base alle “convenienze” del momento. Non vorrei che a maggioranza si decidesse un giorno, anche nel nostro Paese, che le voci profetiche, trascorse e attuali, non siano in nessun caso compatibili con il progresso scientifico o con l’evoluzione del mercato.
Un modo ufficiale per lavarsi l’anima ed esorcizzare un qualcosa che di fatto da sempre accompagna l’uomo senza Dio. Se invece leggiamo oggi il profeta Geremia ci accorgiamo della sua eccezionale attualità e di quanto la parola del Signore continui ad interrompere i sonni tranquilli di quella parte di comunità che non vuole rifarsi alla sapienza divina. “Perché dal piccolo al grande tutti commettono frode; dal profeta al sacerdote tutti praticano la menzogna. Curano alla leggera la ferita del mio popolo, dicendo: «Pace, pace!», ma pace non c’è. Dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli, ma non si vergognano affatto, non sanno neppure arrossire”.  
Parole forti che descrivono senza veli l’esistente e fanno crollare gli accordi di quel mondo, gestore delle cose secondo parametri che nulla hanno a che vedere con i principi morali più evidenti. Non di meno sono le riflessioni che Isaia fa guardando le dinamiche del suo tempo. Ancora oggi si possono leggere con interesse, viste le condizioni generali dei nostri giorni in cui l’etica viaggia lontano da tante situazioni pubbliche e private.  
“…..le vostre iniquità hanno scavato un solco fra voi e il vostro Dio; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere il suo volto per non darvi più ascolto. Le vostre palme sono macchiate di sangue e le vostre dita di iniquità; le vostre labbra proferiscono menzogne, la vostra lingua sussurra perversità. Nessuno muove causa con giustizia, nessuno la discute con lealtà. Si confida nel nulla e si dice il falso, si concepisce la malizia e si genera l’iniquità”.
L’uomo necessariamente deve compiere un atto di vera rivoluzione, se vuole ribaltare un contesto che gli sta sfuggendo dalle mani. Non gli resta che affidarsi al Vangelo e non certo per limitare il suo percorso e “confessionalizzare” il suo impegno quotidiano, ma per bonificare i suoi pensieri e renderli strumenti di effettivo progresso per il suo tempo.
Anche molti credenti vengono e vanno a Cristo. Il ristoro che serve alla gente non è temporaneo, né casuale, ma permanente. Se il vangelo da sempre ha saputo ristorare ogni cuore, non si può oggi vivere fuori di esso, perché si rischia di avallare la deriva che in molti campi ormai si espande a macchia d’olio.
Ristoro e Parola sono quindi una cosa sola. Chi segue il Signore trova quel beneficio che cerca per natura nel migliorarsi e progredire assieme al suo prossimo. Non bisogna mai scoraggiarsi nemmeno se le parole di luce vengono spesso filtrate o adattate all’opinione corrente. Quanti attualmente traducono nel loro linguaggio i messaggi illuminanti e senza alcuna “fuliggine” di Papa Francesco? Quanti ancora dimenticano le omelie della domenica uscendo fuori dalla Chiesa? Chi riporta di questi tempi nella sua vita giornaliera i moniti e le testimonianze di donne e uomini del Signore che magari si ritrova accanto? Non è forse pronto a nasconderli, per vergogna o disinteresse, nel buio della propria ipocrisia?
Troppi sono coloro che non si calano concretamente nella Parola del Signore, mentre una società sempre di più inquieta continua a cercare ristoro nei posti sbagliati o in una serie di paradisi artificiali già intercettabili su internet anche a buon mercato.
 
 
 

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Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

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