I principi non negoziabili: una sfida educativa (Prima parte)

L’intervento di monsignor Enrico Dal Covolo all’inaugurazione della Scuola di Formazione Politica promossa dal Movimento PER

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Riportiamo di seguito una sintesi del discorso di monsignor Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, in occasione dell’inaugurazione della Scuola di Formazione Politica promossa dal Movimento PER (Politica Etica Responsabilità), avvenuta lunedì 14 gennaio.

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[…] La politica potrà riscattarsi dalla situazione di declino in cui versa, solo a condizione di recuperare con lungimiranza e profondità di pensiero il suo ancoraggio all’etica. Di qui l’opportunità, che ad essa è fornita, di confrontarsi con l’oggetto formale del ciclo di lezioni che oggi inizia, appunto i cosiddetti “principi non negoziabili”.

Come è ben noto, questa espressione è stata introdotta da un autorevole intervento della Congregazione per la Dottrina della fede di dieci anni fa (novembre 2002), dal titolo Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica. Tali questioni sono state poi illustrate a più riprese dal Magistero del Papa Benedetto XVI e da altre prese di posizione degli episcopati nazionali, tra cui quello italiano.

Ebbene, che cosa si intende per “principi non negoziabili”? Anzitutto, essi sono dei “principi”, dunque postulati indimostrati, perché dotati di una loro evidenza di ragione; stanno all’inizio, cioè alla base di una successiva argomentazione morale, destinata successivamente a entrare in dialogo con mores et ius, ossia a ispirare, da una parte, l’organizzazione e lo sviluppo della cultura, dall’altra la regolamentazione giuridica in uno stato di diritto.

I principi non negoziabili sono dunque un dato che appare coerente al riconoscimento della ragione, anche se la fede cristiana ne conferma il valore e ne rafforza la cogenza. Il logos ha sempre riconosciuto la loro esistenza e ha sempre reagito con fermezza alla pretesa da parte del nomos di ignorarne la priorità e l’intangibilità.

Quattro secoli prima di Cristo la tragedia greca, una delle espressioni più elevate e universali del pensare umano, ha espresso il primato di un diritto di natura antecedente l’organizzazione della polis, e anzi fondante la stessa formazione ordinata della polis. L’eroina sofoclea Antigone così dichiara a Creonte: “Altre leggi  furono imposte agli uomini; e i tuoi bandi io non credei che tanta forza avessero, da far sì che le leggi dei Celesti, non scritte, e incrollabili, potesse soverchiare un mortale: ché non adesso furono sancite, o ieri. Eterne vivono esse; e niuno conosce il dì che nacquero” (Sofocle, Antigone, vv. 452-457; trad. di E. Romagnoli).

Probabilmente Benedetto XVI passerà alla storia come il Pontefice vindice della bontà e delle capacità della ragione umana. Ai parlamentari che egli incontra nei suoi viaggi apostolici, in Inghilterra come in Germania, non cessa di ricordare che la laicità è declinazione non della fede (evidentemente), ma della ragione. Ed è la ragione che nel suo esercizio non può non ammettere la presenza e l’inviolabilità dei principi non negoziabili.

È questo un insegnamento che tanto sta a cuore al Papa, che egli lo propone anche in interventi rivolti ai fedeli quasi in forma di catechesi. Ricordo, per esempio, ciò che egli disse presentando il pensiero di un teologo medievale, Giovanni di Salisbury. “Esiste anche”, fece notare il Papa in quell’occasione (era il 16 dicembre 2009), “una verità oggettiva e immutabile, la cui origine è in Dio, accessibile alla ragione umana, e che riguarda l’agire pratico e sociale. Si tratta di un diritto naturale, al quale le leggi umane e le autorità politiche e religiose devono ispirarsi, affinché possano promuovere il bene comune. Questa legge naturale è caratterizzata da una proprietà che Giovanni chiama equità, cioè l’attribuzione a ogni persona dei suoi diritti. Da essa discendono precetti che sono legittimi presso tutti i popoli, e che non possono in nessun caso  essere  abrogati. […] Il tema del rapporto tra legge naturale e ordinamento giuridico-positivo, mediato dall’equità, è ancor oggi di grande importanza. Nel nostro tempo, infatti, soprattutto in alcuni Paesi, assistiamo a uno scollamento preoccupante tra la ragione, che ha il compito di scoprire i valori etici legati alla dignità della persona umana, e la libertà, che ha la responsabilità di accoglierli e di promuoverli. Forse Giovanni di Salisbury ci ricorderebbe oggi che sono conformi all’equità solo quelle leggi che tutelano la sacralità della vita umana e respingono la liceità dell’aborto, dell’eutanasia e delle disinvolte sperimentazioni genetiche, quelle leggi che rispettano la dignità del matrimonio tra un uomo e una donna”.

Nel discorso, da cui ho ricavato la citazione proposta, il Papa ha indicato i primi due dei tre principi non-negoziabili presentati con sobria ed efficace chiarezza nel marzo del 2006, quando egli accolse i partecipanti al convegno promosso dal Partito Popolare europeo.

Essi sono: a) “La tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale”; b) “il riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e la sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale”; c) “la tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli”.

Proseguendo il mio intervento, mi fermerò soltanto sul primo dei principi non negoziabili, il diritto alla vita, e argomenterò il mio pensiero basandomi su tre fonti del sapere che mi sono più congeniali. Anzitutto, a motivo del servizio che presto come Rettore dell’Università del Papa, vorrei richiamare alcuni elementi del Magistero pontificio del Beato Giovanni Paolo II; in secondo luogo, la docenza e la ricerca nell’ambito della letteratura cristiana antica mi inducono a valorizzare l’insegnamento dei Padri della Chiesa; infine, la mia esperienza come postulatore delle cause dei santi della Famiglia salesiana mi ha messo a contatto con la testimonianza di tanti credenti, la cui vita è in sé una lezione di vita.

[La seconda parte sarà pubblicata domani, mercoledì 16 gennaio]

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ZENIT Staff

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