I pregiudizi dei media e la Chiesa irlandese (Prima parte)

Il giornalista David Quinn esprime un punto di vista fuori dal coro, riguardo allo scandalo degli abusi sessuali

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di Ann Schneible

DUBLINO, martedì, 12 giugno 2012 (ZENIT.org) – In un paese dove la Chiesa è sotto attacco, sia esternamente, da parte dei media laicisti, che internamente, dalla corruzione del clero, migliaia di Cattolici di tutto il mondo si sono dati appuntamento questa settimana a Dublino, per celebrare l’Eucaristia.

Parlando del contesto del 50° Congresso Eucaristico Internazionale, David Quinn, direttore dello Iona Institute e collaboratore free-lance dell’Irish Independent e dell’Irish Catholic, ha parlato con Zenit dell’attuale crisi della Chiesa cattolica in Irlanda e della percezione della Chiesa da parte dell’opinione pubblica, sulla base dei media laicisti. Quinn è anche uno degli speaker del Congresso.

Taluni affermano che gli abusi del clero sono un sintomo di decenni di negligenza da parte della Chiesa. Può spiegarci questo concetto?

Quinn: Dopo l’indipendenza del 1922, l’Irlanda rivendicò la sua indipendenza in modo vistoso e decise che un buon sistema per farlo era quello di diventare ultra-cattolici in termini di identità. Nazionalismo e cattolicesimo si sono amalgamati e la Chiesa Cattolica è diventata estremamente potente sul piano sociale e politico, talora persino autoritaria. Tutto ciò, anche al netto degli scandali, ha generato una ripercussione che ha iniziato a fare “corto circuito” a partire dagli anni ’60. Parte dell’eccessiva reazione contro l’autoritarismo del passato è rappresentata dalla sostanziale paura di esercitare l’autorità da parte dei vescovi.

Gli scandali sarebbero parte di tutto ciò. Ad esempio, il rapporto della Diocesi di Dublino che è stata commissionata dal governo – denominato Rapporto Murphy – riscontra che, contrariamente ai luoghi comuni, una delle ragioni alla base dell’esplosione degli scandali sta nell’abbandono del Diritto Canonico. I vescovi, in altre parole, hanno deciso di mostrarsi “pastorali”, ovvero di guardare ai sacerdoti come vittime dei loro impulsi, mandandoli così in terapia, piuttosto che punirli, e hanno preferito  etichettarli come “malati” e non come colpevoli.

Inoltre, abbiamo senz’altro catechesi molto carenti, una liturgia inadeguata, e si tende ad evitare ogni forma di controversia: il quieto vivere prima di tutto. In definitiva, si è affermata di una sorta di religione dell’“io sono a posto, tu sei a posto”, basata sull’idea che lo scopo della vita sia risultare simpatico alla gente ed essere il meno possibile “esigenti”.

Gli scandali sessuali sono finiti al centro dell’attenzione dei media, perché c’è di mezzo la Chiesa?

Quinn: Ovviamente ogni cronaca e ogni commento sulla Chiesa degli ultimi 20 anni è stato dominato dagli abusi sessuali. Ora, infatti, gli abusi hanno raggiunto il loro picco tra il 1965 e il 1985: la maggior parte si sono verificati in questo ventennio. Non a caso è il periodo in cui il Diritto Canonico è stato abbandonato e la situazione è sfuggita di mano; non solo i colpevoli non sono stati denunciati alla polizia ma non si è stati nemmeno in grado di gestirli dall’interno della Chiesa. Ma si tratta di casi venuti alla luce di recente: negli anni ’90 è emerso ciò che avveniva negli anni ’70 e ’80. E ancora oggi stiamo vivendo con il peso della terribile eredità di quegli anni.

L’opinione pubblica generalmente percepisce gli scandali come un avvenimento in corso, avverte che la Chiesa non è in grado di proteggere abbastanza i bambini, e non ha la consapevolezza che i misfatti sono avvenuti per lo più in quel ventennio 1965-1985, quindi ormai parecchio tempo fa. Infatti lo Iona Institute, che io dirigo, ha commissionato un sondaggio e ha scoperto che l’irlandese medio crede che un sacerdote su quattro abbia abusato di qualche bambino, quindi vedendone cento, penseranno che venticinque di quelli abbiano compiuto abusi. E pensano che l’età media di quei bambini sia di cinque anni. Non c’è una vera comprensione del fenomeno e non c’è alcun interesse da parte dei media a favorirne tale comprensione.

Nella copertura del fenomeno si applicano due pesi e due misure. Quando alcune organizzazioni di tipo non-ecclesiale vengono trovate non in grado di offrire alcuna protezione al bambino, non si parla di loro, quanto si parlerebbe della chiesa, né si avverte la stessa sensazione di oltraggio. La gente dice di attendersi un contegno più elevato da parte della Chiesa. La mia risposta è: “Va bene, ma la tua indignazione si dimezza nel caso in cui si parli di fallimenti dello Stato, piuttosto che di fallimenti della Chiesa? Perché tu non ottieni nemmeno il 10% se sei oltraggiato”. Dico tutto questo, con una certa dose di esitazione, poiché la Chiesa merita molte delle critiche che ha ricevuto. Senza dubbio, però, sono stati applicati due pesi e due misure.

[La seconda parte dell’intervista a David Quinn sarà pubblica domani, mercoledì 13 giugno]

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ZENIT Staff

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