Journalist team of ZENIT during the Meeting of Rimini 2014 in the pressroom

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I mutamenti della professione giornalistica

L’indagine conoscitiva dell’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM)

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A metà giugno L’AGCOM ha presentato i risultati dell’Indagine conoscitiva “Informazione e Internet in Italia: modelli di business, consumi, professioni”.  La ricerca ha analizzato ogni componente del sistema dell’informazione nazionale, evidenziando la radicale trasformazione che sta coinvolgendo forme di consumo, modelli di business, modalità di generazione, composizione e offerta del prodotto informativo, fino alla natura stessa della professione giornalistica [1]. A quest’ultima, lo scorso autunno, l’Autorità ha dedicato un’indagine sul campo (Osservatorio sul giornalismo) alla quale hanno risposto poco più di 2300 giornalisti italiani [2].

Si concentra l’analisi, in questo intervento, su quanto emerso in merito alla professione giornalistica. Prima di tutto, alcuni elementi sulla distribuzione socio-economica dei giornalisti attivi in Italia nel 2014: Per genere; il 58,9% sono maschi ed il 41,1% femmine. Per reddito;  il 64,5% guadagna fino a 35mila euro annui mentre il 7,2% oltre i 105mila euro. Per classe di età; il 10,8% hanno fino a 30 anni mentre la frequenza maggiore (30,4%) nella classe di età tra i 41 ed i 50 anni.

Peraltro, se la quota maggiore di giornalisti opera nelle regioni del centro-nord, quelli del centro-sud sono maggiormente soggetti a fenomeni di intimidimento da parte della criminalità, tema sul quale ritorneremo nella conclusione.

Per quanto concerne la dinamicità della professione, il progresso delle tecnologie digitali sta radicalmente modificando l’offerta delle notizie, stringendo sempre di più il legame tra lettore e giornalista sino ad una sovrapposizione tra le pagine dei social media del professionista ed il brand editoriale per il quale scrive.

Analizzando le prime dieci attività svolte regolarmente dai giornalisti si evidenzia: Il 75,7% la redazione di articoli; il 55,1% il reperimento di notizie sul campo; il 51,8% le interviste; Il 43,4% l’Editing/Titoli/Impaginazione; il 43,2% lo Sviluppo di notizie da agenzie di stampa/ web; il 42,5% il coordinamento di più persone; il 40,2% Inchieste/Approfondimenti/ Reportage; il 28,4% web content; il 21,4% sia corrispondente/inviato che editoriali. Quasi sempre la percentuale maggiore di queste attività è svolta da donne tranne che per il coordinamento di più persone, il corrispondente/inviato e gli editoriali.

Inoltre, l’evoluzione multimediale della professione (e la riduzione delle strutture redazionali) si ripercuote in maniera significativa (e negativa) sul tempo che il giornalista ha a propria disposizione sia per ricercare e verificare le fonti, sia per approfondire gli argomenti e le informazioni. Infatti, alle domande su come sia cambiata la professione di giornalista, questi i riscontri forniti dando conto delle maggiori frequenze: Il 65% ritiene che sia rimasta invariata l’autonomia rispetto alle scelte editoriali; il 54% che sia aumentato il numero di ore di lavoro; il 52% che sia rimasto invariato il tempo per ricerche e verifiche; il 47% che sia diminuito il tempo per gli approfondimenti; il 41% che sia aumentata l’interazione con il pubblico.

Infine, la diffusione dell’informazione online, ha imposto una modifica all’organizzazione delle redazioni che ha investito tutto il mondo editoriale. In particolare, se sono nate delle nuove professioni (web designer, web editor) vi è stato in parallelo il ripensamento complessivo dell’organizzazione della filiera informativa, anche dal punto di vista logistico ed architettonico accompagnato anche da un ridimensionamento delle strutture produttive.

Per concludere, ritornando al tema delle minacce ai giornalisti si riportano integralmente le conclusioni dell’Autorità: “Ciò evidenzia un drammatico divario nel Paese che non può che produrre effetti sulla qualità e la quantità di informazione, soprattutto di tipo locale, presente nelle varie aree geografiche dell’Italia. Se si considerano inoltre i forti legami tra l’informazione e la correttezza del processo di scrutinio e selezione della classe politica, tale situazione appare suscettibile di produrre effetti non solo di tipo economico-sociale, ma anche sulla complessiva tenuta democratica di alcune importanti zone del nostro Paese”.

***

NOTE

[1] – Oltre alla professione giornalistica, sono state oggetto di analisi sia l’offerta che la domanda informativa. Dal punto di vista dell’offerta con un approfondimento sia per l’editoria classica e radiotelevisiva che quella emergente (online) anche per gli aspetti di finanziamento. Per la domanda, una vista su come l’utilizzo di nuovi supporti (tablet, smartphone oltre ai tradizionali carta e radiotelevisivo) stiano modificando sia i picchi di domanda durante l’arco della giornata che la tipologia di informazioni ricercate. Il riferimento per una lettura completa è la Delibera 146/15/Cons.

[2] – Nel complesso, gli iscritti all’Ordine dei Giornalisti sono oltre 110mila, che non rappresentano però il totale dei giornalisti attivi ed operanti nel paese. Tra questi, nel 2014, il 25,5% sono professionisti, il 66,5% pubblicisti. Per la metodologia di analisi seguita al questionario, le informazioni sono disponibili nell’apposita sezione del sito www.agcom.it.

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Antonio D'Angiò

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