I movimenti ecclesiali a servizio di tre Papi

Il cardinale Rylko e Guzman Carriquiry tra i relatori al Congresso Mondiale promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici

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Si è conclusa a Roma la seconda giornata del terzo Congresso Mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, voluto dal Pontificio Consiglio per i Laici per rispondere alla chiamata alla conversione missionaria che papa Francesco ha rivolto a tutti i cristiani nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium.

Più di 300 membri di associazioni laicali provenienti da circa 100 realtà di più di 40 paesi del mondo si sono riuniti per riflettere sul tema “La gioia del Vangelo: una gioia missionaria (cfr. EG 21). Si tratta del terzo incontro di questo tipo dopo quelli voluti da Giovanni Paolo II nel 1998 e da Benedetto XVI nel 2006.

Il cardinale Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, ha introdotto ieri mattina i lavori ricordando il ricco Magistero degli ultimi pontefici su quella che Giovanni Paolo II ha definito «La nuova stagione aggregativa dei fedeli laici»

Il porporato ha ricordato come “l’improvvisa e inaspettata fioritura di tante nuove realtà ecclesiali […] è stata interpretata dal Magistero pontificio come una risposta tempestiva dello Spirito Santo alla difficile sfida dell’evangelizzazione del mondo contemporaneo. In particolare, san Giovanni Paolo II ha seguito e guidato da vicino il rapido sviluppo dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, accompagnandoli con la sua parola chiara e illuminante”.

Nella Pentecoste del 1998, ha continuato il cardinale, “Papa Wojtyła decise di imprimere una svolta nella storia della nuova stagione aggregativa dei fedeli laici: con intuito profetico indicò una nuova tappa per la vita dei nuovi carismi, che ormai necessariamente doveva seguire la fioritura iniziale, ovvero la tappa della maturità ecclesiale”.

Il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici ha proseguito la sua rassegna del Magistero sottolineando che per Benedetto XVI “la multiformità e l’unità dei carismi e ministeri sono inseparabili nella vita della Chiesa. Lo Spirito Santo vuole la multiformità dei movimenti al servizio dell’unico Corpo che è appunto la Chiesa”.

Il cardinale Rylko ha poi ricordato come papa Francesco, che conosce bene la realtà dei movimenti ecclesiali insiste nel dire che i nuovi carismi “non sono un patrimonio chiuso, consegnato ad un gruppo perché lo custodisca; piuttosto si tratta di regali dello Spirito integrati nel corpo ecclesiale, attratti verso il centro che è Cristo, da dove si incanalano in una spinta evangelizzatrice”.

I lavori sono proseguiti con la relazione del prof. Hadjadj che ha offerto la propria lettura dei segni dei tempi per porre le basi della discussione successiva.

Secondo Hadjadj, “Cristo ci avverte che colui che respinge la grazia, finisce per perdere la natura, colui che ignora il Creatore, finisce per dimenticare la creatura, colui che disprezza l’invisibile, non sa più vedere che quello che vuole”.

La seconda giornata del Terzo Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità è stata caratterizzata da due tavole rotonde precedute dalla relazione introduttiva di Guzman Carriquiry, a lungo sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici ed oggi vice presidente della Commissione per l’America Latina.

Carriquiry ha inserito il cammino dei movimenti in quella che ha definito l’ora di grazia del pontificato di papa Francesco. In questo contesto “la prima domanda che dobbiamo porci – ha detto – è questa: lo Spirito di Dio cosa ci sta dicendo, cosa ci sta chiedendo di cambiare, per mezzo dell’odierno pontificato? Cosa dicono concretamente le sue parole e  i suoi gesti al nostro movimento, alla nostra comunità? Se non ci poniamo a fondo queste domande è forse segno preoccupante del nostro rimanere attaccati alle nostre sicurezze, incuranti delle sorprese dello Spirito”.

Una delle questioni centrali dell’odierna giornata di lavori è stata quella sul rapporto di papa Francesco con i movimenti ecclesiali. Carriquiry ha spiegato che papa Bergoglio li conosce bene e li apprezza fin da quando era arcivescovo di Buenos Aires.  Ma c’è una diversità nel suo approccio: “il suo stile sembra più pacato. Forse non suscita la vostra auto-esaltazione. Vuol dire che è meno convinto dei movimenti? No! Forse è più esigente”.

Per papa Francesco, secondo Carriquiry, il cuore del problema è la conversione missionaria: “se abbiamo applaudito quando papa Benedetto ha richiamato i movimenti ecclesiali ad essere sempre di più collaboratori del ministero universale del Papa, quanto importante è sentirsi chiamati, tra l’altro, dal Medio Oriente in tempesta (in cui le minoranze cristiane rischiano di scomparire) all’ Estremo Oriente (dove c’è un “mondo” da evangelizzare). Sentirsi chiamati anche dai Paesi africani assai abbandonati, dai Paesi del continente americano (che hanno bisogno urgente di rivitalizzare la loro tradizione cattolica), dall’ Europa sempre più scristianizzata (dove, in molte parti, si può parlare di un mondo post-cristiano), dalla Russia sino alla Siberia (nel dialogo con l’Ortodossia e gli enormi territori senza cura pastorale). Occorre anche proseguire sulla strada dell’ecumenismo con i nostri fratelli cristiani e nel dialogo e nell’amicizia con i credenti di altre tradizioni religiose. Guai a qualsiasi imborghesimento!”.

I lavori sono continuati con la tavola rotonda dal titolo Un popolo dai molti volti, all’interno della quale Daniela Martucci, mons. Dominique Rey, p. Gianfranco Ghirlanda ed Anna Pelli hanno individuato alcuni ambiti concreti nei quali i movimenti possono vivere la conversione pastorale e missionaria chiesta da papa Francesco.

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ZENIT Staff

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