I giovani, l'Europa e la crescita

Relazione introduttiva al seminario “Innovare per crescere in Europa. Cultura, impresa e tecnologia”

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ROMA, giovedì, 24 maggio 2012 (ZENIT.org) – Riprendiamo la relazione introduttiva al seminario Innovare per crescere in Europa. Cultura, impresa e tecnologia, che si è svolto giovedì 17 maggio presso la Pontificia Università Lateranense nell’ambito del corso di alta formazione “Etica, finanza e sviluppo”.

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di Valerio De Luca

Le questioni globali che agitano il mondo economico e il lavoro, la crisi della politica e le istanze acute del disagio sociale, l’emergenza educativa e i nodi strutturali che ostacolano la crescita del nostro Paese richiedono di porre al centro nuovo metodo di “formazione dei formatori”, miratonon solo alla competenza tecnica e specialistica al c.d. Know How, il “saper fare”, masoprattutto all’educazione del know why , al saper essere meglio comprendere il “perchè” e il “senso” di ogni azione, decisione e risultato.

Pensiero e azione sono strettamente intrecciati così da formare personalità integrali pronte a cogliere le sfide presenti attraverso decisioni utili, ma anche dotate di senso, nella consapevolezza che crescita o declino economico sono anche sempre frutto di sviluppo o declino etico, sociale e culturale.

Di qui l’importanza della “Formazione dei Formatori”: la leadership non è un mezzo, ma un fine per raggiungere il bene comune.

Investire in persone, competenze e professionalità diventa allora la via maestra per crescere in Europa e nel mondo, dove l’insegnamento della scienze economiche e della finanza innovativa alle giovani generazioni si pone entro un orizzonte di senso, in cui la cultura e l’etica vanno viste come un tutto unitario.

Questo perché, come afferma anche il Santo Padre in CV (n.21) “Gli aspetti della crisi e delle sue soluzioni, nonché di un futuro nuovo possibile sviluppo, sono sempre più interconnessi, si implicano a vicenda, richiedono nuovi sforzi di comprensione unitaria e una nuova sintesi umanistica”.

E’ allora dal connubio tra scienza e umanesimo, tra know howe know why, che si possono realizzare sia lo sviluppo di straordinarie scoperte e teorie innovative, sia la riflessione sui grandi interrogativi umani, valorizzando i talenti e le vocazioni individuali.

Il nuovo mondo ha, infatti, bisogno di donne e uomini nuovi, consapevoli, responsabili e capaci di utilizzare le forme inedite e gli strumenti innovativi, offerti dalla finanza, dalla tecnologia e dal mercato per orientarli verso finalità etiche e verso uno sviluppo che sia aperto alla vita, al suo rispetto e alla sua tutela.

La strategia Europa 2020 punta a rilanciare l’economia dell’Unione nel prossimo decennio attraverso cinque obiettivi, che riguardano l’occupazione, la ricerca e l’innovazione, il cambiamento climatico e l’energia, l’istruzione e la lotta contro la povertà.

In un mondo che cambia l’Unione Europea si propone di diventare un’economia intelligente, sostenibile e solidale.

–crescita intelligente: sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione;

–crescita sostenibile: promuovere un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva;

–crescita inclusiva: promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale.

Su questi pilastri si fonderanno la credibilità delle istituzioni europee e di qualsiasi politica nazionale che, dopo il rigore e l’austerità, intendano rilanciare seriamente l’occupazione e la crescita nella vecchia e stanca Europa, restituendo soprattutto speranza e futuro ai giovani.

Per andare oltre la crisi e cercare di rifondare la solidità dell’economia europea e l’efficacia delle risposte globali, bisogna confrontarsi su proposte che superino i momenti della miopia politica e delle divisioni, aprendo una prospettiva nuova per l’Europa, dove i frutti di una “primavera europea” e il desiderio di cambiamento delle nuove generazioni siano impiantati in modo sano e sapiente nella terra coltivata dallo spirito e dalla tradizione dei padri fondatori.

Parafrasando la parabola del Vangelo di Giovanni, come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, allo stesso modo senza l’Europa, la sua storia, i suoi valori, e le sue radici, nessun buon frutto potrà crescere, né tantomeno potrà prosperare un vero sviluppo integrale dei popoli e delle nazioni europee.

E’ essenziale, allora, la condivisione di principi e radici comuni, regole e strumenti, capaci di gestire il cambiamento, superare gli interessi di parte e mobilitare le energie più sane e capaci della società, per rilanciare la crescita economica e il progresso civile.

Grazie alla loro forza immaginativa, al desiderio di cambiamento, ad una sana trasgressione verso i vecchi schemi e dogmi, e soprattutto all’utilizzo di nuove forme di interazione, di comunicazione e di organizzazione ramificata nei networks, i giovani del nostro tempo rappresentano il driver ’innovazione sociale e del rinnovamento culturale.

Sono in grado di generare dal basso processi di innovazione e di produzione di idee, e conoscenze, valori e prassi, capaci nel loro insieme di ridefinire gli assetti socio-economici e di offrire nuove e concrete possibilità di miglioramento.

L´economista Jeffrey Sachs della Columbia University afferma che quando i “figli di Internet” prenderanno le redini del proprio destino, saranno gli unici in grado di affrontare i grandi problemi globali e risolverli, con pragmatismo e senso di responsabilità.

Condivido le parole di Sachs. Sono anch’io convinto che i giovani della Net Generation cambieranno il mondo perché sono, soprattutto, riformatori e non rivoluzionari: non vogliono sovvertire il sistema, ma cambiarlo dall’interno.

Bisogna allora impegnarsi con determinazione per introdurre riforme strutturali che riportino al centro dell’azione dei governi la cultura europea attraverso l’investimento in conoscenza, il merito, la valorizzazione del capitale umano e dei beni relazionali, che oltre a stimolare l’innovazione, la competitività e la produttività, sono capaci anche di generare importanti “esternalità positive”, come la trasmissione intergenerazionale di valori, il senso civico ed etico, il rispetto delle regole e la coesione sociale.

La persona umana deve tornare al centro di tutto il mondo economico, perché non è l’economia che domina l’uomo, ma è l’uomo che si serve dell’economia. Così scrive infatti il Papa: «Desidererei ricordare a tutti, soprattutto ai governanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e sociali del mondo, che il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità: “L’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale”» (n. 25).

Un nuovo modello di sviluppo economico e sociale dipende, infatti, dal rinnovamento culturale dell’uomo e dal senso della vita che sapremo scegliere per noi stessi e per le future generazioni.

Pertanto, prima di porsi ogni questione riguardante la riforma del sistema finanziario e degli strumenti idonei a raggiungere gli obiettivi di crescita e di sviluppo, bisogna risolvere le problematiche complesse della promozione dell’uomo e lanciare la sfida culturale di una nuova economia per un nuovo umanesimo.

In questa prospettiva di rinnovamento, l’apertura alla vita, intesa anche come produzione di nuovo capitale umano, deve tornare al centro dell’economia e del vero sviluppo e, per questo, che l’etica della vita non può essere disgiunta dall’etica economica e sociale.

Sono illuminanti al riguardo le parole di Benedetto XVI : “L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo. Quando una società s’avvia ver
so la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo”.

Infatti, come potremmo mai legare la crescita economica, all’innovazione e alla formazione del capitale umano, senza interrogarci prima sulle questioni che agitano la generazione della nuova vita?

La vita umana, come le nuove idee hanno bisogno di promozione e protezione attraverso il monopolio legale dei diritti di esclusiva, allo stesso modo anche alla famiglia deve essere riconosciuto una sorta di monopolio naturaledella produzione del biòs.

La famiglia è, infatti, il luogo dove la vita viene generata e accolta in un contesto che non è solo amore, gratuità e solidarietà reciproca, ma anche catena di trasmissione di valori, esperienze e tradizioni, dove la persona sin dall’inizio si forma, matura e sviluppa pienamente negli affetti e nella responsabilità, educandosi al vivere civile, economico e sociale.

Per questo la famiglia è la cellula prima della società, in cui la complementarietà tra uomo e donna sprigiona una energia relazionale, capace di generare nuova vita e diffondersi nell’intera comunità di popoli e nazioni, creando legami di reciproca appartenenza e rafforzando la coesione sociale.

In questo quadro, la famiglia e i valori che essa diffonde nella società diventano il vero motore della crescita, capace di rappresentare il “volto umano” dell’economia, che ha per oggetto “tutto l’uomo”, perché presuppone lo sviluppo integrale della persona.

Dunque, più Europa, più giovani e più innovazione per lanciare la sfida di un nuovo umanesimo europeo che rappresenta il primo pilastro a sostegno della crescita e della competitività di tutti i paesi dell’Unione.

* Presidente dell’Accademia Internazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale, direttore del corso di Alta Formazione Etica, Finanza e Sviluppo alla Pontificia Università Lateranense PUL, docente di Business Ethics and Corporate Governance alla Facoltà di Economia di Tor Vergata.

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ZENIT Staff

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