"I divorziati risposati non aspettano il Sinodo, si comunicano già ora"

Da una ricerca del sociologo Massimo Introvigne emerge che il 78,4% dei parroci italiani non conosce alcun caso di fedeli in situazioni familiari “irregolari” che attendono il via libera della Chiesa per ricevere l’Eucaristia

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L’immagine di file di divorziati risposati in ansiosa attesa del Sinodo convocato da Papa Francesco per poter fare finalmente la comunione in Italia non corrisponde alla realtà.

Lo sostiene il sociologo Massimo Introvigne, che in occasione di un convegno a Trieste sugli attacchi alla Chiesa presenta i dati di una ricerca, condotta per il quotidiano online La Nuova Bussola Quotidiana,  svolta su un campione di 250 sacerdoti e religiosi di tutte le regioni italiane.

«Il 78,4% dei sacerdoti italiani – spiega Introvigne – afferma di non conoscere nella sua parrocchia neppure un solo caso di divorziati risposati che non si comunicano e affermano di attendere un via libera dalla Chiesa per comunicarsi. Tra la minoranza di sacerdoti che invece ha questi casi in parrocchia, più della metà afferma che le coppie coinvolte sono solo una o due».

Questa attesa massiccia del Sinodo non c’è, continua Introvigne, non solo perché molti divorziati non sono interessati a comunicarsi, ma perché molti di fatto già si comunicano, benché in teoria la Chiesa non lo permetta.

«Secondo la ricerca – riferisce il sociologo – il 75% dei sacerdoti italiani sa che tra i suoi parrocchiani ci sono divorziati risposati che si comunicano regolarmente. Il 41% pensa che lo facciano ignorando completamente il sacramento della Confessione, il 34% riferisce che questi divorziati risposati decidono di comunicarsi dopo un colloquio con il confessore».

Semmai, i preti – che quasi mai rifiutano la comunione a chi si mette in fila e si presenta all’altare – si preoccupano delle ripercussioni sugli altri fedeli del possibile scandalo.

«In effetti – riferisce Introvigne – secondo la ricerca, i sacerdoti pensano che, tra i divorziati risposati che decidono di comunicarsi dopo un colloquio con il confessore, il 75% si comunichi abitualmente fuori della propria parrocchia, seguendo quello che sembrava un consiglio tipico di sacerdoti d’altri tempi – “se ti senti, comunicati, ma fallo in una chiesa dove non ti conoscono per non creare scandalo” – che invece apparentemente è ancora di moda».

«Non ho la competenza per un commento teologico – conclude Introvigne – e naturalmente non possiamo conoscere il contenuto dei colloqui con i confessori che portano molti divorziati risposati alla decisione di comunicarsi. E quelli che lo decidono senza mai confessarsi sono di più. Penso tuttavia che contributi sociologici come questo non siano inutili al Sinodo. Confermano che la situazione è confusa e che la Chiesa non può astenersi dal mettere ordine. Ma, se nei sondaggi si cercano di accertare fatti invece che opinioni, si scopre spesso che i problemi sono diversi da come molti li rappresentano».

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ZENIT Staff

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