I clown dottori, professionisti del sorriso

Intervista a Gabriele Sergiacomi, dell’associazione Andrea Tudisco Onlus

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La clownterapia è una disciplina che utilizza gli effetti benefici della comicità per volgere in positivo le emozioni negative vissute nei contesti socio-sanitari. I bambini sono i destinatari principali delle attività dei clown dottori, ma chi sono queste figure a metà fra il teatro e la medicina? ZENIT l’ha chiesto direttamente a uno di loro, Gabriele Sergiacomi, che i piccoli pazienti conoscono con il nome di Dottor Broccolo. Gabriele lavora presso l’Associazione Andrea Tudisco Onlus, attiva dal 2002 in diversi ospedali romani. Spiega che “i clown dottori sono una nuova figura professionale che unisce competenze artistiche di improvvisazione teatrale con altre di tipo sociosanitario, quali la conoscenza della psicologia dell’età evolutiva, della psicologia dell’umorismo, della psicofisiologia”. Continua: “Tramite le tecniche artistiche si riesce a intervenire sull’emozione dei bambini e a facilitare il loro percorso di cura, trasformando le emozioni negative come ansia, paura e stress, tipiche del ricovero, in emozioni positive. Si restituisce al bambino un ambiente di allegria e di gioco più simile alla sua dimensione, un clima di serenità che permette a lui e alla sua famiglia di affrontare al meglio l’esperienza della malattia. I clown dottori, inoltre, affiancando medici e infermieri, sono un supporto anche per il loro lavoro”.

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I clown dottori non sono, quindi, dei semplici volontari…

Dott. Sergiacomi: Il clown dottore è, a tutti gli effetti, una figura professionale che lavora praticamente ogni giorno in ospedale, quindi la sua attività non è più gestibile solo come volontariato. Ci sono alcuni volontari che svolgono un’altra professione e a questa dedicano parte del loro tempo libero, ma la maggior parte dei clown dottori della nostra associazione è fatta di professionisti il cui lavoro richiede alta formazione. È necessario, infatti, essere preparati per poter agire bene in ospedale, in sintonia con l’équipe medica e all’interno di un contesto particolare. Il nostro intervento riguarda anche reparti come neurochirurgia, oncologia, day hospital. Per esempio, all’Ospedale Bambin Gesù di Roma affianchiamo gli infermieri durante i prelievi. Ciò facilita molto il loro lavoro e permette al bambino di affrontare un’esperienza per lui traumatica in maniera più tranquilla. L’alta professionalità deve essere sempre garantita.

Come si diventa clown dottore?

Dott. Sergiacomi: Esistono associazioni in tutta Italia che da anni garantiscono questo servizio e offrono percorsi formativi. I corsi che danno una reale professionalità variano dalle 300 alle 600 ore di formazione, quindi durano quasi un anno. In alcune regioni la figura professionale del tecnico clown di corsia inizia ad essere riconosciuta. Ci auguriamo che, prima o poi, ci sia tale riconoscimento e che quindi anche la formazione venga standardizzata, per far sì che negli ospedali vadano solo persone qualificate. Allo stato attuale, purtroppo, non è così: chiunque può mettersi un naso rosso e andare in ospedale, con il rischio di fare dei danni al bambino o a se stessi. Questo è un mestiere molto bello, ma anche delicato perché si interviene in contesti di sofferenza, quindi è fondamentale che la formazione del clown sia di qualità e piuttosto lunga.

Lavorate anche in altri contesti?

Dott. Sergiacomi: L’esperienza del clown dottore nasce principalmente per i bambini, però con il tempo si è allargata ad altre realtà. Come Associazione Andrea Tudisco accompagniamo in sala operatoria odontoiatrica i diversamente abili, abbiamo partecipato a situazioni di emergenza e insegniamo nelle scuole i benefici della risata e l’importanza delle emozioni positive. Il clown dottore è diventato funzionale anche all’interculturalità. Lo vediamo con bambini e famiglie provenienti da altri Paesi: sebbene non parlino la nostra lingua, riescono a entrare in contatto con il clown, che diventa un mediatore culturale perché fa cose comprensibili a tutti. D’altro canto la figura del buffone, di colui che sdrammatizza e porta allegria nella comunità è presente in ogni cultura.

Vi ispirate a qualcuno in particolare, ad esempio a Patch Adams?

Dott. Sergiacomi: A livello mediatico Patch Adams, soprattutto tramite il film, ha dato visibilità alla possibilità di portare negli ospedali l’umorismo in chiave terapeutica. Più che altro era un medico che ha capito l’importanza delle emozioni positive, poi, però, la figura del clown dottore si è sviluppata, divenendo oggi molto più avanzata rispetto alla rappresentazione cinematografica. In realtà, la storia del clown di corsia nasce più dalla Clown care unit del Big Apple Circus di New York.

Avete in programma iniziative per Natale?

Dott. Sergiacomi: Nessuna iniziativa specifica, a parte i consueti interventi di clownterapia negli ospedali. Trascorreremo il Natale nella nostra casa di accoglienza, un’ampia struttura in cui ospitiamo gratuitamente le famiglie che vengono da fuori Roma per curare i loro bambini affetti da gravi patologie. Condivideremo il periodo natalizio in questa grande comunità, con tante famiglie che ne formano una sola.

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Laura Guadalupi

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