I "balzi in avanti" del Concilio Vaticano II (Terza ed ultima parte)

Intervista con padre Bartolomeo Sorge

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di Renzo Allegri

ROMA, venerdì, 5 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la terza ed ultima parte dell’intervista con padre Bartolomeo Sorge, S.J., ex direttore della Civiltà Cattolica, della rivista Popoli, di Aggiornamenti sociali, fondatore e direttore dell’Istituto di Formazione Politica “Padre Pedro Arrupe” di Palermo e direttore del “Centro culturale San Fedele” di Milano. Padre Sorge ha scritto di recente il libro La traversata – La Chiesa dal Concilio Vaticano II ad oggi.

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Questi tre “balzi in avanti” di natura teologica, quali conseguenze pratiche hanno prodotto in termini di riforma pastorale?

Padre Bartolomeo Sorge: Su questo punto, a 50 anni dall’inizio del Concilio, si ha la netta sensazione di trovarci di fronte a un rinnovamento pastorale rimasto a metà.

In questi decenni di post-concilio, l’attenzione della Chiesa si è rivolta soprattutto all’aggiornamento dei suoi rapporti ad extra con il mondo: alla nuova evangelizzazione, alle relazioni tra Chiesa e Stato, al dialogo interculturale e interreligioso, ai nuovi problemi etici sorti dall’applicazione delle nuove tecnologie alla medicina e alla vita umana, ai problemi della giustizia, della pace, dello sviluppo e della fame. Da qui il forte impegno nel dialogo con il mondo, nella convinzione che la Chiesa non ha solo da dare, ma ha anche molto da ricevere, poiché “parecchi elementi di verità” si trovano anche al di fuori di essa, presso le religioni non cristiane e perfino presso i non credenti”, come indicano i documenti conciliari.

Ma, a fronte di questo notevole impegno ad extra, molto più lento e incerto appare lo sforzo fatto per la riforma interna della Chiesa. Su questo punto, anzi, sembra addirittura prevalere oggi un clima di stallo, se non proprio di riflusso. Certo, nessuno nega che la Chiesa abbia compiuto importanti passi avanti anche nel rinnovamento della sua vita interna; tuttavia maggiori appaiono i ritardi e le lentezze.

Il problema è che troppi, anche all’interno della Chiesa, ragionano ancora con le categorie mentali della vecchia “cristianità” e non si rassegnano al fatto che questa invece sia finita da un pezzo. E’ definitivamente tramontato il tempo, in cui, soprattutto nei Paesi di antica  evangelizzazione, la fede era la culla in cui venivamo accolti nascendo, la famiglia cristiana era la prima “Chiesa domestica”,  la parrocchia era il luogo nel quale ci raccoglievamo ogni domenica a pregare, dove si vivevano gli appuntamenti decisivi della nostra vita: dal Battesimo alla Prima Comunione, alla Confermazione, al matrimonio, ai funerali, quando la vita civile era scandita dalla festività religiose, le leggi erano sostanzialmente coerenti con la morale cristiana, eccetera.  Ebbene, tutto ciò è finito per sempre, sia sul piano storico, sia su quello teologico. Nell’epoca della globalizzazione e della secolarizzazione, il contesto socioculturale è divenuto ormai irreversibilmente pluriculturale, plurietnico e plurireligioso. Per agire da fermento spirituale, culturale e sociale, la Chiesa deve porsi in modo nuovo.

E per porsi in un “modo nuovo”, quali sarebbero, secondo lei, i cambiamenti più urgenti da realizzare?

Padre Bartolomeo Sorge: Quelli indicati, appunto, dal Concilio. Una prima conseguenza delle acquisizioni teologiche del Concilio è il superamento di ogni forma di “clericalismo”: nella Chiesa non vi sono cristiani di serie A (il clero) e di serie B (i laici), ma, come si legge nella Gaudium et Spes al numero 32 “comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia dei figli, comune la vocazione alla perfezione. Nessuna ineguaglianza, quindi, in Cristo e nella Chiesa per riguardo alla razza o nazione, alla condizione sociale o al sesso. Quantunque alcuni per volontà di Cristo sono costituiti dottori e dispensatori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli nell’edificare il corpo di Cristo”. La Gerarchia non è al di sopra, ma all’interno del Popolo di Dio; l’autorità nella Chiesa non è burocrazia o amministrazione, ma è servizio e testimonianza.

Un’altra conseguenza pastorale delle acquisizioni teologiche conciliari è la rivalutazione del ruolo proprio dei fedeli laici nella Chiesa e nel dialogo con il mondo. In una Chiesa non più “società perfetta” ma “popolo di Dio in cammino nella storia”, i fedeli laici non sono più minorenni, né “preti mancati”, né delegati del clero, ma ricevono direttamente da Cristo, nel battesimo e nella confermazione, la missione unica, propria di tutto il “Popolo di Dio”, partecipando – nella loro misura – dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo.

A questo punto è chiaro che, per portare a compimento la riforma voluta dal Concilio, s’impone uno sforzo formativo straordinario, soprattutto sul piano della maturazione della fede. E’ questa la conseguenza pastorale più importante dei “balzi in avanti”, compiuti dal Concilio sul piano teologico e pastorale. Infatti, solo da una fede matura può derivare nella Chiesa la ripresa di spiritualità, di cui ha bisogno per portare a termine il suo necessario rinnovamento interno. La ripresa – insiste il Concilio – troverà il suo alimento soprattutto nella riforma liturgica e nella pratica della lectio divina.

E questo tema – coltivare una fede adulta – è stato scelto come priorità assoluta da Benedetto XVI fin dall’inizio del pontificato. Già nell’omelia del 18 aprile 2005, nella messa pro eligendo pontifice, spiegò: “Fede adulta  non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. E’ questa amicizia che ci apre tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità”.

Papa Benedetto XVI, di recente, ha ripetuto che alla radice dei problemi della Chiesa odierna vi è “una profonda crisi di fede”. E per rispondere a questa crisi, ha indetto, tra l’ottobre 2012 e il novembre 2013, l’“Anno della fede”.

Di fronte al prossimo futuro, qual è il suo stato d’animo?

Padre Bartolomeo Sorge: Positivo e pieno di speranza. Molti “segni dei tempi” annunciano un domani migliore, una maggior comprensione tra i popoli, un futuro di pace, di sviluppo, di promozione dei diritti umani. E’ indispensabile, perciò, che la Chiesa s’impegni con più coraggio nella sua riforma interna, dalla quale dipende il pieno raggiungimento del fine stesso per il quale il Vaticano II è stato indetto 50 anni fa”.

*Renzo Allegri è giornalista, scrittore e critico musicale. Ha studiato giornalismo alla “Scuola superiore di Scienza Sociali” dell’Università Cattolica. E’ stato per 24 anni inviato speciale e critico musicale di “Gente” e poi caporedattore per la Cultura e lo Spettacolo ai settimanali “Noi” e “Chi”. Da dieci anni è collaboratore fisso di “Hongaku No Tomo” prestigiosa rivista musicale giapponese.

Ha pubblicato finora 53 libri, tutti di grandissimo successo. Diversi dei quali sono stati pubblicati in francese, tedesco, inglese, giapponese, spagnolo, portoghese, rumeno, slovacco, polacco, cinese e russo. Tra tutti ha avuto un successo straordinario “Il Papa di Fatima” (Mondatori).

[La seconda puntata è stata pubblicata ieri, giovedì 4 ottobre]

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ZENIT Staff

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