"Ha 'preso' tutta la nostra umanità e la vive fino in fondo"

Spunti per l’omelia a cura della Congregazione per il Clero per la V domenica del Tempo Ordinario

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Dopo averci mostrato come, davanti a Cristo, davanti all’eccezionalità di Cristo, l’animo umano possa difendersi al punto tale da cacciarlo via, riducendo la realtà che ha di fronte, la santa Chiesa ci introduce, oggi, dentro quell’esperienza di familiarità con Gesù, che è all’origine della chiamata dei primi discepoli, della loro fede e della loro vita.La pagina evangelica che abbiamo ascoltata, tratta dal Vangelo secondo Luca, inizia mostrandoci la “concretezza” con cui il popolo si rapportava con Cristo: «Mentre la gente gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio…» (Lc 5,1). La gente “gli faceva ressa attorno”, cioè lo intravedeva, lo seguiva, gli si avvicinava per ascoltarlo, al punto che il Signore rischia di essere schiacciato e, con la sua straordinaria prontezza, con quel mirabile senso pratico che ogni suo gesto rivela, salta su una barca ormeggiata a riva e domanda a Simon Pietro  di scostarsi un po’ da riva, così ch’egli possa parlare alla gente.

Che Mistero! La Parola di Dio, l’eterno Figlio del Padre, facendosi carne, ha assunto, ha “preso” tutta la nostra umanità e la vive fino in fondo, senza risparmiarsi nulla di ciò che è umano, compresa la fragilità propria della nostra natura: la Parola eterna, per mezzo della quale il Padre ha creato il mondo, ha bisogno di “alzare la voce” per farsi udire; ha bisogno di sottrarsi alla ressa della folla, di quella folla di persone che ama visceralmente, per evitare di rimanere “schiacciato”; di domandare a Simon Pietro ospitalità sulla sua barca. Agli occhi degli israeliti, Cristo appare, perciò, in tutto e per tutto, come un uomo, fatto di carne come ogni uomo, con un corpo soggetto alla fatica fisica, alla fame e alla sete, alle intemperie, come ogni altro uomo, eppure da quell’uomo non potevano stare lontani, da lui non potevano distogliere lo sguardo. Neanche la fame – quella fame che il Signore sazierà con la moltiplicazione dei pani e dei pesci (Gv 6,1ss.) – può distrarli da lui.

Inoltre, è commovente vedere come nulla, con Cristo, accada per caso: egli non sale su una barca tra le altre, ma sulla barca di Simone; questi aveva già incontrato il Signore, quando suo fratello Andrea, arrivando a casa trafelato, gli aveva detto: «Abbiamo trovato il Messia» (Gv 1,41); Simone aveva già trascorso del tempo con lui, tanto che, all’invito del Signore di riprendere il largo, in pieno giorno, il momento meno favorevole per la pesca – anche chi non è esperto di pesca lo sa –, all’invito di gettare nuovamente le reti dopo una notte infruttuosa, arriva già a poter esclamare: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma – aggiunge Simon Pietro – sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5).

Che cosa poteva portare Simone ad un’affermazione apparentemente così illogica? Perché sembra illogico, dopo una notte di lavoro assolutamente infruttuoso, tentare una nuova pesca di prima mattina, quando la luce diurna allontanerebbe tutti i pesci e la fatica fisica richiederebbe soltanto riposo. Illogico! Eppure, Simone dice: «Ma sulla tua parola getterò le reti». Perché? Come può un pescatore di professione dire una cosa simile? Tutto è racchiuso in quel “ma” iniziale: «Ma, sulla tua parola». Nell’ordinarietà della vita, nella prevedibilità degli impegni quotidiani, nella routine del proprio lavoro o nel tepore del focolare domestico, improvvisamente, cominciava a farsi strada un “ma”. Nella vita di Simone, pochi giorni prima, aveva iniziato a farsi strada questo “ma”, proprio quando Andrea l’aveva portato a conoscere Gesù e, trascorsa qualche ora con lui, tornando a casa per prepararsi, come ogni sera, alla pesca notturna, pensando tra sé e sé, aveva iniziato, lentamente, a prendere coscienza che qualcosa di nuovo gli era accaduto, qualcosa che non sapeva esprimere ancora fino in fondo, ma di cui non poteva più fare a meno.

È in questa familiarità con Cristo, progressiva e quotidiana, che cresce e si delinea nel cuore di Simon Pietro una nuova certezza: con Cristo, nella realtà, entra un fattore di assoluta novità, una novità nella quale, misteriosamente, tutta la realtà sembra convergere. Questa novità è, ultimamente, lui stesso, la sua stessa persona, Gesù. Paradossalmente, per Simone, davanti a Cristo, la cosa veramente illogica non era fidarsi di lui contro ogni evidenza, ma dire, come sarebbe parso più normale: “è assurdo, maestro, tentare una nuova pesca adesso. Su, non scherzare!”. Di fronte a qualunque altro uomo, sarebbe stato normale pensare si trattasse di una burla e continuare a riassettare le reti, per andare a casa a riposare, al più presto. Ma con Gesù, no. Con lui, sarebbe stato illogico non tentare, non prendere sul serio la sua parola, nonostante l’esperienza umana sembrasse dire tutt’altro.

E inizia, così, per Simone, un’esperienza nuova, che si rinnoverà per tre anni e fino all’ultimo suo respiro: con Cristo, la realtà non delude mai; Cristo non delude mai! La pesca accade, la barca non basta ad accoglierne il frutto prodigioso, le due barche sembrano affondare e il fratello di Andrea si getta alle ginocchia di Gesù ed esclama: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore!» (Lc 5,8). Sarebbe stato lo stesso che dire: «Tutto di te mi supera, di te, Signore, non sono degno, ma non posso fare a meno di starti attaccato, di gettarmi alle tue ginocchia!».

Domandiamo alla Beata Vergine Maria, che, nella sua vita terrena, ha trascorso più anni con il Figlio – lo aveva concepito ad appena dodici anni! – che senza di lui, di crescere in questa familiarità con Cristo, in questo quotidiano contatto con lui, attraverso uno sguardo alla realtà reso attento dalla preghiera costante, in questo suo “ma”, che è entrato nel mondo per mai più lasciarlo. E uniti a lei, uniti a Pietro, diciamo anche noi, oggi e sempre: «Fiat mihi secundum verbum tuum – Signore, accada di me, secondo la tua parola», «Signore, sulla tua parola getterò le reti». Amen!

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ZENIT Staff

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