"Guardare Lui, fissarlo e ascoltarlo, non v'è altro cammino al Cielo"

Commento al Vangelo della XVI Domenica del Tempo Ordinario. Anno C

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Per chi sono, oggi, i nostri occhi? Per Gesù che abbiamo accolto con amore, ma il nostro sguardo si perde troppo spesso tra giudizi e mormorazioni. Come lo sguardo di Marta, riflesso delle sue troppe preoccupazioni e agitazioni, è appesantito e fissato su quello che non conta. Gli occhi tradiscono il cuore: “La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!” (Mt. 6, 22-23). 

Tenebra sono i giudizi, le gelosie, le mormorazioni, avanguardie della carne malata. Lo sguardo piantato su se stessi, dimentico del Signore che è proprio lì, accanto a noi. Occhi per la Parola, di questi abbiamo bisogno. Non si tratta di una parola qualsiasi, è Dio fatto carne, la Parola eterna che cerca la nostra vita. La parte “buona”, non solo “migliore” come recita la traduzione. La Parola di Gesù è Lui stesso, la parte buona, l’unica, della vita. 

Guardarlo con il cuore, spalancargli le porte, accovacciarci ai suoi piedi come un discepolo. Pendere dalle sue labbra: è l’amore, la nostra possibilità di amore. E’ Lui l’indispensabile, lo sappiamo, lo abbiamo sperimentato. Ma il nostro Io purtroppo ci fagocita e lo sguardo si fa tenebroso. E’ la nostra vita d’ogni giorno. Camminiamo con il Signore, ma restiamo intrappolati nella tristezza. Siamo bloccati dai nostri progetti, dalle nostre idee, dal nostro “fare” da cui speriamo un improbabile “essere”. 

Mentre tutto, assolutamente, ci sfugge di mano, castelli di sabbia che un’onda si porta via. Lavoro, amici, figli, amori, in tutto una precarietà disarmante. Per quanto difendiamo, come Marta, i nostri diritti, le nostre cose, nulla ci può garantire dalla precarietà. Tutto è vanità. Il cielo e la terra passeranno, solo la Sua Parola non passerà in eterno. Scomparirà la scena di questo mondo, resisterà solo chi fa la volontà di Dio. 

E una sola certezza, una sola parte buona che non sarà mai tolta: la parola fatta carne, la volontà del Padre vivente in Cristo. Guardare Lui, fissarlo e ascoltarlo, non v’è altro cammino al Cielo. Chiediamo al Signore la Grazia di stare, oggi, con Lui. Che tutto il nostro desiderio, che ogni nostro pensiero, che ogni sguardo sia per Lui.«Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra (sal. 16) Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio» (Sal 72). 

Che davvero il Signore sia “mia parte di eredità e mio calice” e che la nostra eredità sia magnifica. Una luce sola ad illuminare la tremenda realtà che così spesso ci opprime. Il Regno dei Cieli. La Vita eterna. Il Paradiso, e noi Suoi figli, nel mondo ma non del mondo. Portando ogni giorno nella nostra esistenza le contraddizioni di qualcosa, il Cielo, che è “già e non ancora”.

La totale precarietà di chi, per la prossimità al male, al dolore mortale del peccato, all’inferno, comprende e impara che nulla può fare senza l’Autore della Vita. Accanto alla zizzania, abbandonati al Signore. La sua Croce, la Nostra Croce, questa vita gomito a gomito con l’iniquità, fuori e spesso dentro di noi, e la sua vittoria. In noi. Ogni giorno salvati e amati. Crocifissi con Cristo, nella semplicità di chi non rincorre vendette, giustizia, che non pretende di capire ed estirpare il male con le tecniche sofisticate del principe di questo mondo. Semplici e irreprensibili, figli nel Figlio, astri splendenti in mezzo a una generazione perversa e degenere, segni del Cielo in questo mondo di tenebra. 

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Antonello Iapicca

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione