Grande festa per Don Bosco, il Santo della gioia

L’Omelia del Rettore Maggiore del Salesiani, don Pascual Chavez, in occasione dell’anniversario della nascita del fondatore della Congregazione Salesiana

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di Eugenio Fizzotti

ROMA, venerdì, 17 agosto 2012 (ZENIT.org) – In occasione della ricorrenza della nascita di San Giovanni Bosco, fondatore della Congregazione Salesiana, avvenuta il 16 agosto 1815, il Rettore Maggiore dei Salesiani, Don Pascual Chavez, ha celebrato la S. Messa nella Chiesa del Colle a Castelnuovo Don Bosco, alla quale erano presenti numerosi salesiani sacerdoti, coadiutori, ex-allievi e i giovani confratelli di tutt’Italia che si preparano alla Professione Perpetua dei voti di povertà, castità e obbedienza.

Nonostante nei mesi scorsi abbia vissuto una forte esperienza di malattia per cui si presenta ancora un po’ stanco ma sempre entusiasta e paterno, Don Chavez ha tenuto un’omelia particolarmente adatta a favorire la conoscenza profonda di Don Bosco in modo da «amarlo più intensamente e imitarlo più fedelmente nella sua assoluta consegna a Dio e nella sua totale dedizione ai giovani».

Ricordando che proprio ieri iniziava la seconda fase di preparazione al bicentenario della nascita di Don Bosco che si celebrerà nel 2015, Don Chavez ha sottolineato che nell’anno 2012-2013 si è invitati a contemplare il Santo come educatore e quindi ad approfondire e aggiornare il suo Sistema Preventivo.

A tal proposito, ha affermato: «Dopo aver scoperto come Don Bosco si sentì inviato da Dio ai giovani, che erano per lui la sua ragione d’essere, la sua missione, la più preziosa eredità, dovremo ora riscoprire che cosa offriva loro: il Vangelo della gioia attraverso la pedagogia della bontà».

Si tratta, in effetti, di un programma educativo e di un metodo pedagogico che lo ha reso noto in tutto il mondo «come un santo che ha seminato a piene mani tanta gioia». Egli, ha evidenziato, ha fatto dell’allegria cristiana “l’undicesimo comandamento”, il che vuol dire che l’esperienza lo ha convinto che «non è possibile un lavoro educativo senza questa meravigliosa spinta che è la gioia».

Don Bosco era solito affermare: “Sta’ allegro, ma la tua allegria sia quella di una coscienza monda dal peccato”; queste parole, secondo Don Chavez, chiariscono ciò che il Santo ha sempre sostenuto nell’incontro con i ragazzi: “Se volete che la vostra vita sia allegra e tranquilla, dovete procurare di starvene in grazia di Dio, poiché il cuore del giovane che è in peccato è come il mare in continua agitazione.

Se è vero che “Don Bosco aveva per arma la bontà”, la gioia è indubbiamente il suo più concreto biglietto da visita, la sua bandiera che ha permesso ai ragazzi – ai tempi spazzacamini, apprendisti di muratori e garzoni dai mille lavori – di passare una giornata diversa, perché consapevoli di essere amati da un prete che sapeva spendere ore e ore per farli felici.

Originale è stata l’affermazione di Don Chavez, a nome di Don Bosco, di voler rivelare: «io non mi sono mai considerato un educatore che era anche prete; io ero un prete che esercitava, viveva e testimoniava il suo sacerdozio mediante l’educazione. Meglio ancora, sono divenuto educatore dei giovani perché ero prete per loro. Qualcuno, a volte, mi presenta come l’eterno saltimbanco dei Becchi e pensa di farmi un grosso favore. Ma è un’immagine molto riduttiva del mio ideale. I giochi, le passeggiate, la banda di musica, le rappresentazioni teatrali, le feste erano un mezzo, non un fine. Io avevo in mente ciò che apertamente scrivevo ai miei ragazzi: “Uno solo è il mio desiderio: quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità”».

Intimamente convinto che per Don Bosco il gioco e l’allegria erano stati una forma di vero apostolato, Don Chavez ha rimarcato che per il fondatore della Congregazione Salesiana «la gioia era un elemento inseparabile dallo studio, dal lavoro e dalla pietà». E parlando proprio a suo nome ha ricordato che a Francesco Besucco, un altro splendido ragazzo suo seguace, suggerì: “Se vuoi farti buono, pratica tre cose e tutto andrà bene. Eccole: Allegria, Studio, Pietà”.

Nel contesto esistenziale della gioia, il Rettore maggiore ha inserito anche l’importanza data alla celebrazione delle feste “sacre o profane che fossero”, in quanto “possedevano un’enorme carica pedagogica e finivano per parlare al cuore”. Ecco perché era forte il suo impegno a valorizzare il teatro, la musica e il canto, a organizzare nei minimi dettagli le celebri passeggiate autunnali, grazie alle quali entrava nei paesi con la banda musicale, organizzava spettacoli teatrali su palchi improvvisati nelle piazze principali. Perchè tutto ciò dimostrava che: “il servire a Dio può andar bellamente unito all’onesta allegria”.

A tal proposito, è stato ricordato il libro di formazione cristiana che Don Bosco stampò nel 1847, dal titolo Il Giovane Provveduto, di cui queste erano le prime parole: “Il primo e principale inganno con cui il demonio suole allontanare i giovani dalla virtù è far loro venire in mente che il servire il Signore consista in una vita malinconica e lontana da ogni divertimento e piacere. Non è così, cari giovani. Io voglio insegnarvi un metodo di vita cristiana, che vi possa nel tempo stesso rendere allegri e contenti, additandovi quali siano i veri divertimenti e i veri piaceri”.

Convinto che “un santo triste è un santo che non affascina, che non convince”, Don Bosco parlava di gioia e non di incoscienza o di superficialità. Per lui, sempre a dire del Rettore, «la gioia sfociava dritta nell’ottimismo, nella fiducia amorosa e filiale in un Dio provvidente; era una risposta concreta all’amore con cui Dio ci circonda e ci abbraccia e il risultato dell’accettazione coraggiosa delle dure esigenze della vita».

In conclusione dell’omelia, continuando a far parlare Don Bosco attraverso le sue labbra e la sua esperienza, Don Chavez ha dichiarato che attraverso l’espressione: “Un pezzo di Paradiso aggiusta tutto”, raccolta dalle labbra della Venerabile Mamma Margherita, Don Bosco indicava «una prospettiva che, oltre ad andare al di là delle fragilità e delle contingenze umane, apriva uno spiraglio di futuro e di eternità, insegnando che “le spine della vita saranno i fiori per l’eternità”».

Come successore di Don Bosco e responsabile della formazione dei confratelli che vivono e operano in ogni parte del mondo, Don Chavez ha infine dichiarato di “condividere pienamente tale profonda ed entusiasmante esperienza per stimolare l’impegno e la dedizione non solo a contemplare Don Bosco educatore, ma soprattutto a offrire ai giovani il Vangelo della Gioia attraverso la Pedagogia della Bontà”.

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ZENIT Staff

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