Gli occhi di una Madre ricercano sempre i figli

La festa della Madonna di Guadalupe o “La Morenita”

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di padre Mario Piatti icms,
direttore della rivista “Maria di Fatima”

ROMA, mercoledì, 12 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Per parlare, con una certa autorevolezza, della Vergine di Guadalupe, della apparizione a Juan Diego e del “segno” straordinario – la Tilma, – lasciato quale prova della veridicità degli avvenimenti e dell’amore di Maria Santissima verso i suoi figli, occorrerebbero competenze specifiche e studi qualificati. Soprattutto le continue “scoperte”, avvenute dalle accurate indagini svolte, anche in tempi recentissimi, sulla misteriosa e miracolosa figura, impressa sul mantello dell’indio, riempiono il cuore di stupore, suscitano una sana curiositas e confermano sempre più l’origine soprannaturale della illustre reliquia.

Il veggente, che si chiamava, in azteco, Cuauhtlotatzin, fu battezzato nel 1524, a circa cinquant’anni di età, con il nome di Juan Diego; a sua moglie Malintzin fu invece imposto il nome Maria Lucia. L’indio si distingueva per la fedeltà agli impegni di vita cristiana, per la frequenza alla catechesi e ai sacramenti, sotto la guida sollecita dei buoni Frati francescani. Persa la moglie, si dedicò con maggiore impegno “alle cose di Dio”. In questo contesto di religiosità e di pietà si collocano le apparizioni, avvenute tra il 9 e il 12 dicembre 1531. Lo sfondo storico, invece, è quello – spesso discusso e contestato – della colonizzazione spagnola del Nuovo Continente, che produsse la fine della civiltà pre-colombiana degli Aztechi. Nel 1521 la capitale, Tenochtitlan, era stata devastata, segno della ormai irrimediabile e definitiva caduta di un Impero.

In questa cornice, la mattina del 9 dicembre 1531, attraversando la collina del Tepeyac, una bellissima Signora appare a Juan e gli rivela di essere “la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio”. Ella desidera che si edifichi una Chiesa in suo onore. Il vescovo, informato dall’indio, non vuole dar credito al racconto. I fatti successivi, accompagnati da una insolita fioritura fuori stagione e dalla figura della Vergine, comparsa inspiegabilmente sulla “tilma”, convincono però il vescovo stesso – e i numerosi presenti – della affidabilità della vicenda narrata da Juan Diego.

La venerata immagine, posta nella cattedrale, fu da subito oggetto di fervida e crescente devozione da parte della gente, che giungeva da ogni dove per ammirarla e per pregare.

La Madonna si presenta, sul sacro telo, con le fattezze tipiche di una meticcia. Porta una tunica, con fiocchi neri all’altezza del ventre, segno, per gli indios, di un inequivocabile stato di gravidanza. Il manto, percorso da un ricamo di stelle, giunge ai piedi, posati sulla luna, mentre all’indietro rifulge il sole con i suoi raggi.

Sono passati diversi secoli e nulla è mutato di quella straordinaria “icona”, non attribuibile ad alcun artista né ad alcuna tecnica pittorica. La indagine scientifica cerca, oggi più che mai, di trovare una spiegazione plausibile, ma è costretta ad arrendersi alle soglie di un mistero inesplicabile. Addirittura, in tempi recenti, sono state individuate, nelle pupille di Maria Santissima, le sagome di coloro che erano presenti all’incontro di Juan Diego con il vescovo, quando fu constatata la veridicità del miracolo.

Come sempre accade, anche a Guadalupe la Madre di Dio ha voluto donare al mondo – e in particolare alle Americhe – un attestato di predilezione. Ancora una volta si è resa interprete della misericordia del Figlio, per ricomporre, quale ambasciatrice di amore e di pace, i dissidi e le lotte crudeli, in corso oggi come allora.

Un intero continente è affidato al suo Cuore materno; una varietà di popoli, di culture e di sensibilità trovano in Lei un riferimento sicuro per il loro cammino. È Lei la vera evangelizzatrice, che non si arrende mai di fronte alle miserie degli uomini, ma sempre sa guardare avanti e andare oltre, nella fiduciosa speranza che la Grazia trovi finalmente una breccia nell’anima dei suoi figli.

Guadalupe è un’ulteriore prova dell’impegno assunto da Maria Santissima con Gesù, morente sulla Croce. I suoi occhi – nei quali si riflettono i volti di chi allora assistette al prodigio, quasi cinque secoli fa – in realtà accompagnano, con indicibile sollecitudine materna, la vita di ciascuno di noi.

Anche per la Tilma, come in altri casi analoghi, le accurate ricerche degli scienziati non fanno che avvalorare i fatti. Qualcuno, come sempre, ha cercato di negare tutto: la esistenza di Juan Diego, la narrazione “troppo” inverosimile degli eventi, il miracolo stesso… Ma, come si suole dire, contra factum non valet argumentum.

Paradossalmente è proprio la Chiesa a custodire, “laicamente”, tra i tanti tesori di Grazia concessi dal Cielo, il sommo rispetto per le diverse competenze e una sincera apertura allo studio e alla indagine. La Verità di Cristo non teme il confronto: anzi lo sollecita, per ottenere una chiarezza e una evidenza sempre più autentiche.

Certamente Dio può – quando vuole, come vuole e secondo i misteriosi piani della sua Provvidenza – sovvertire le leggi della Natura. Non per ricercare “effetti speciali” o segni spettacolari della sua potenza, ma per rinnovare a ogni uomo la gratuità del suo amore e della sua tenerezza paterna.

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ZENIT Staff

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