"Gli evangelizzatori devono confidare nel Signore e nella sua grazia"

Intervista al Rev. Prof. Marco Porta, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose all’Apollinare della Pontificia Università della Santa Croce

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di Valeria Ascheri

ROMA, martedì, 23 ottobre 2012 (ZENIT.org).- In occasione dell’Anno della Fede, aperto giovedì 11 ottobre da papa Benedetto XVI, ZENIT ha intervistato il professor Marco Porta, sacerdote e direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose all’Apollinare della Pontificia Università della Santa Croce.

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Guardando all’Anno della Fede appena iniziato, quali sono secondo lei i temi  o le questioni più importanti e urgenti per il credente di oggi?

Prof. Marco Porta: Penso che sia sufficiente dare una scorsa ai primi punti della lettera Porta Fidei con cui Benedetto XVI ha indetto l’anno della fede per rendersi conto che le urgenze pastorali sono davvero tante. Mi ha colpito in particolare un’espressione del punto 7: il Papa afferma che dobbiamo riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede. In effetti molta gente, almeno nel nostro mondo occidentale, nutre una sorta di risentimento nei confronti della Chiesa e del cristianesimo perché si è lasciata dipingere dai “maestri del sospetto” (Marx, Nietzsche, Freud) un’immagine del cristianesimo nemico della gioia e della bellezza. È vero il contrario: dove è si è affievolita la fede cristiana la vita ha assunto toni sempre più cupi.

L’anno della Fede può essere quindi un trampolino di lancio per la nuova evangelizzazione o piuttosto è la nuova evangelizzazione il motore dell’anno della fede? Non sono due sfide troppo grandi per la crisi che la religione e la Chiesa stessa stanno vivendo? E come si deve orientare il credente dinanzi a questi due grandi ‘compiti’?

Prof. Marco Porta: La sfida dell’evangelizzazione è sempre troppo grande per le forze umane e certamente lo è anche oggi, tanto che Benedetto XVI, nell’omelia della Santa Messa per l’apertura dell’Anno della Fede l’11 ottobre scorso, ha parlato dell’ avanzata di una “desertificazione spirituale”. Ma l’evangelizzazione era una sfida ancora più grande  quando Gesù ha detto agli Apostoli: Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. In quella stessa occasione il Signore aveva però  precisato: Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Allora come oggi gli evangelizzatori devono confidare nel Signore e nella sua grazia: l’evangelizzazione non è una ‘mission impossible’, perché tutto è possibile per chi crede. Ques’anno rappresenta un’ottima occasione per ravvivare la fede come condizione fondamentale dell’azione apostolica.

Anno della Fede e Nuova Evangelizzazione: ma a prima vista non possono sembrare due iniziative in contrasto fra loro? Se è necessario un anno di studio e approfondimento della fede come si può nel contempo pensare di portare avanti l’iniziativa di una nuova evangelizzazione?

Prof. Marco Porta: Mi torna in mente una confidenza di Sant’Agostino, che diceva più o meno: non ho mai imparato meglio qualcosa di quando ho dovuto scriverne. Non vedo alcun contrasto tra l’impegno di approfondire i contenuti della fede e quello di annunciarli. Direi che sono due momenti inseparabili, che si stimolano ed alimentano a vicenda. E lo stesso Benedetto XVI  ha spiegato, nell’Omelia già citata sopra, come queste due dimensioni siano intimamente legate: “La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada”.

Per l’Anno della Fede l’Istituto Superiore di Scienze Religiose all’Apollinare ha pensato qualche nuova proposta particolare? Quali strumenti può offrire un Istituto Superiore di Scienze Religiose per questo tempo di ‘nuova evangelizzazione’?

Prof. Marco Porta: La principale offerta formativa di ogni ISSR è il Corso di Scienze Religiose, che da qualche anno è stato innalzato ad un livello accademico equivalente a quello di una facoltà universitaria. Il primo ciclo, di durata triennale, consente di acquisire una formazione completa filosofica e teologica, simile a quella di una Facoltà di Teologia, ovviamente in una forma meno estesa. È auspicabile che accedano ai corsi degli ISSR coloro che in qualche misura partecipano ai diversi compiti dell’evangelizzazione, dai catechisti agli animatori di attività pastorali. In Italia esistono ISSR in tutte le regioni, in totale sono circa 70. Per quanto riguarda il nostro Istituto, oltre al normale Corso di Scienze Religiose, offriamo anche programma formativi parziali, in ambito teologico o biblico, rivolti a chi non ha sufficiente disponibilità di tempo per seguire il corso completo. Abbiamo attivato da diversi anni un corso teologico pastorale su “Amore-Famiglia-Educazione”, e dall’anno scorso abbiamo istituito un biennio di specializzazione sulle tematiche del rapporto ‘Religione-Società’.

“Religione e Società”: non di rado ai nostri giorni la religione è in realtà ancora la causa di problemi, provoca della chiusure e alimenta ideologie o, comunque, contribuisce a creare  divisioni tra gli uomini, della stessa razza, della stessa nazione e a volte all’interno della stessa famiglia. La religione può diventare quindi un male per la società? Com’è possibile?

Prof. Marco Porta: Chi in nome di un credo religioso promuove conflitti e contrapposizioni più o meno violente tradisce l’essenza autentica della religione. Lo ha spiegato con chiarezza e vigore Benedetto XVI nella memorabile lezione di Ratisbona e l’ha ripetuto incessantemente, anche nel recente viaggio in Libano: chi ama Dio non uccide. Dio sta sempre dalla parte della ragione, della carità, del dialogo, della comprensione tra i popoli.

Si parla molto di dialogo con le altre religioni e di ecumenismo mentre, in tutto il mondo, aumenta il fenomeno delle sette e, specialmente da parte intellettuale, si vede emergere il movimento del” nuovo ateismo”, in certi casi accompagnato da una certa dose di aggressività e con una carica di matrice ideologica.  Da filosofo della religione, con quali forze e con quale spirito si può vincere in tutti questi campi così diversi e impegnativi?

Prof. Marco Porta: Da filosofo della religione ho imparato da René Girard che dietro l’aggressività si nasconde sempre la ricerca di capri espiatori, messa in moto dalle rivalità mimetiche. Non bisogna lasciarsi irretire dalle polemiche aggressive, rispondendo alle provocazioni in modo irruento. Bisogna invece invitare gli interlocutori a mettere da parte le contrapposizioni pregiudiziali e a confrontarsi con la verità in un dialogo sereno e rispettoso e certamente la ‘nuova evangelizzazione’ si vuole porre in questa dimensione di apertura e condivisione, in cui l’ascolto e la reciproca volontà di comprensione devono sempre essere presenti. A tale proposito aggiungerei che occorre superare lo scetticismo relativista che porta a sfiduciare a priori qualunque aspirazione alla ricerca della verità e quindi a frenare il dialogo stesso.

A proposito di scetticismo e di crisi dell’idea di verità e di giustizia, il mondo sta attraversando una ancora grave e preoccupante crisi economica, che colpisce soprattutto i più deboli e le attività a sfondo caritativo e no-profit. Lei pensa che la religione e, in particolare, una rinnovata visione cristiana, possano in qualche modo influire positivamente sul rapporto tra economia, politica ed etica nel prossimo futuro? E in quale modo?

Prof. Marco Porta: Nel Motu Proprio Porta fidei il Santo Padre ha osservato che “Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai va
lori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone” . La crisi economica è stata causata soprattutto da una crisi morale, una crisi di valori.

Tra le cause più serie della crisi c’è la speculazione finanziaria, frutto di avidità ed egoismo, e da parte di tanti che hanno responsabilità pubbliche una vergognosa corruzione. Non è vero che i “vizi privati” siano innocui per la società. Senza senso morale di responsabilità e senza virtù, come la capacità di sacrificarsi per il bene comune, lo spirito di servizio, ecc. non si può costruire una società giusta. Sono convinto che la fede sia il miglior antidoto contro la spaventosa caduta di idealità morali che ha ridotto la politica ad una lotta per la spartizione del potere. In questi ultimi decenni si è parlato troppo di diritti e poco di doveri, con l’aggravante che i diritti sono diventati tirannici e capricciosi come quelli dei bambini.

Ha citato prima la famiglia come un tema di approfondimento all’interno dell’Istituto da Lei diretto. Certamente, nella visione cristiana la famiglia ricopre un ruolo cruciale e indispensabile, ma, sociologicamente parlando, è ancora così nella società di oggi?

Prof. Marco Porta: Mi sembra che non possiamo accettare che si presentino le qualità essenziali del matrimonio, cioè l’unità, l’indissolubilità, l’apertura alla vita, come una visione confessionale, che riguarderebbe solo i cattolici. Sono esigenze intrinseche dell’amore coniugale e della sua naturale fecondità che si possono riconoscere e difendere con argomenti di carattere razionale, in un dibattito democratico e rispettoso dove tutti, quindi anche i cattolici, che sono normali cittadini, hanno diritto di intervenire e di presentare le proprie ragioni.

Il tema sulla vita (inizio e fine) è senz’altro tra i più rilevanti e accesi e da sempre terreno di contesa tra scienza e religione. E’ possibile conciliare le due prospettive o si tratta di un contrasto insanabile come vediamo nei costanti dibattiti di bioetica?

Prof. Marco Porta: Nelle questioni bioetiche, come dicevo prima a proposito del matrimonio, è indispensabile a mio avviso evitare la contrapposizione laici-cattolici. Penso che si debba promuovere un clima di rispetto e di ascolto che consenta un confronto sereno, una reciproca esposizione delle proprie idee, sulla base comune di ciò che gli antichi romani chiamavano “ius gentium” e poi si è chiamato diritto naturale. Non molto tempo fa un insigne pensatore come Jurgen Habermas, di formazione chiaramente laica, ha affermato che nel dialogo democratico su tali questioni è di fondamentale importanza ascoltare anche le grandi tradizioni religiose.

Qual è il suo auspicio e augurio per l’Anno della Fede nell’ottica della nuova evangelizzazione?

Prof. Marco Porta: L’auspicio naturale è che ciascuno di noi possa realmente crescere nella fede per poter così fare proprio il progetto che viene proposto nella prefazione dell’Instrumentum Laboris per il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, che si sta proprio svolgendo in questi giorni: “Bisogna cercare nuovi metodi e nuove forme espressive per trasmettere all’uomo contemporaneo la perenne verità di Gesù Cristo, sempre nuovo, sorgente di ogni novità. Solamente una fede solida e robusta, propria dei martiri, può dar animo a tanti progetti pastorali, a medio e largo raggio, infondere la vita alle strutture esistenti, suscitare la creatività pastorale all’altezza delle necessità dell’uomo contemporaneo e delle attese delle società attuali”.

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ZENIT Staff

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