Giubileo delle persone escluse

Giubileo degli Emarginati. Per ridare dignità agli "scartati" d'Europa

Da domani al 13 novembre l’evento giubilare promosso da Sant’Egidio e l’associazione Fratello che vedrà a San Pietro con il Papa oltre 6mila poveri e clochard da 22 diverse nazioni

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L’ultimo atto del Giubileo della Misericordia è dedicato a loro: a tutte le persone che vivono ai margini della società, costretti a dormire per strada e a sentirsi rifiutati in qualsiasi luogo pubblico per gli abiti malconci o il cattivo odore. Quelli che Papa Francesco chiama i prodotti di una “cultura dello scarto” tesa a recidere le parti più fragili del tessuto sociale.

Proprio il Papa restituirà a questa gente “una dignità” celebrando i prossimi 11-13 novembre il Giubileo per le Persone Escluse, che vedrà la presenza a Roma di oltre 6mila poveri, clochard, senzatetto provenienti da 22 nazioni diverse.

“Una dignità sopratutto spirituale”, spiega Carlo Santoro della Comunità di Sant’Egidio, che insieme all’associazione francese Fratello è tra i promotori dell’evento giubilare. “C’è una grande aspettativa nei confronti del Papa, sanno tutti che è un loro grande amico e che ha fatto già diverse cose: le docce, il barbiere, il dormitorio. Credo, tuttavia, che l’attesa più grande sia di ricevere una dignità spirituale”.

“Francesco – sottolinea – sa toccare le corde dei poveri nel dire: ‘Voi siete importanti per la Chiesa’. Il Papa ci insegna sempre che ogni essere umano non ha un problema solo materiale; noi spesso dimentichiamo che queste persone fanno parte della Chiesa e che hanno anche bisogni spirituali”.

Per questo Sant’Egidio, oltre ad offrire servizi storici come la mensa a Via Dandolo, prova a coinvolgerli in iniziative come le preghiere per strada. “Il tentativo spesso è di evitare di vedere queste persone perché, per l’opinione pubblica, sporcano o rovinano i monumenti a Roma, invece sono esseri umani e ognuno di essi porta con sé una storia, speranze, sofferenze”.

La Comunità è attiva dal 1984 nell’opera di accompagnamento e assistenza di questi homeless: quelli della zona San Pietro come pure di quartieri più periferici tipo Tiburtina, Termini o Tuscolana. Tra i diversi servizi svolti, di recente si è aggiunto anche quello di aiutare trovare un lavoro per il totale reinserimento di questi “scartati” in società.

“Abbiamo un centro accoglienza dove proviamo a capire quali possibilità ci siano”, spiega Carlo Santoro. “Non è facile perché alcuni sono da molto tempo fuori dal mondo del lavoro o perché non hanno referenze né possono averle. Allora proponiamo di accompagnarli nella ricerca del lavoro, anche solo valutando gli annunci sui giornali, specie per i più giovani che hanno maggiori possibilità”.

“Alcuni siamo riusciti a farli lavorare. Ad esempio facendogli frequentare un corso dell’Associazione Romana dei Fornai: un lavoro difficile, notturno, che a tanti romani non piace…”. “Certo – prosegue il rappresentante di Sant’Egidio – è difficile trovare un lavoro se sei vestito male o non puoi lavarti. Quante volte sentiamo fare commenti per strada o negli autobus sulla puzza di queste persone. Purtroppo c’è un grosso pregiudizio radicato, nessuno pensa: ‘Se non avessi una casa, un bagno, come farei?’. Nessuno si mette dalla parte di questa persone. Penso che tutti noi dobbiamo comprendere ancora molto di cosa significhi essere poveri”.

Obiettivo di Sant’Egidio è dunque “di far cambiare la mentalità” ad una città come Roma. “Auspichiamo anche che, a partire da adesso, in quest’anno del Giubileo della Misericordia, visto che l’inverno e il freddo si avvicinano, verranno aperti dormitori e posti di accoglienza da parte delle istituzioni e di altri enti e associazioni”.

L’atteggiamento a cui tutti siamo chiamati è quello suggerito da Papa Francesco: “Guardare le persone negli occhi, dar loro la mano, perché spesso in noi prevale l’individualismo e anche la nostra poca voglia di vedere persone così diverse da noi”. In realtà, afferma Santoro, “essendo amici dei poveri si scopre quanto siano simili a noi e quanto ognuno di noi, potenzialmente, potrebbe diventare povero in una società così assurda in cui, se non sei più produttivo, vieni fatto fuori”.

Fortunatamente, grazie anche ai ripetuti appelli di Bergoglio, si segnala un cambio di tendenza, evidenzia Santoro: “Abbiamo visto sempre di più la nascita di gruppi spontanei, così come di singoli, che iniziano a parlare, ad aiutare, a mettersi vicino alle persone che vivono in strada. Questo è un fenomeno in crescita. Spero che continui questa onda buona che è arrivata dal Papa, questo suo amore, questo suo mettere al centro della Chiesa i poveri”.

In più si registrano storie belle, come quella di Willy, clochard belga di Anversa, per 30 anni vissuto per strada che, anche da anziano, si recava ogni mattina a Messa nella parrocchia vaticana di Sant’Anna. È lì che sono stati celebrati i suoi funerali e poi, per decisione del Papa, la salma è stata seppellita nel Cimitero Teutonico “in mezzo ai principi”. “È il riscatto dei poveri”, commenta Carlo Santoro, “la Chiesa povera che vuole il Papa e che anche noi vogliamo perché mette al centro i deboli della società”.

Il lieto fine di Willy, però, non è concesso a tutti. “Chissà quante volte è successo che un vecchio sia morto assiderato per strada e nessuno se ne è accorto, è morto nell’anonimato, senza funerale… Questo, in genere, non fa notizia né cronaca, mentre lo fanno i due punti di spread che diminuiscono”, osserva il delegato di Sant’Egidio. “Effettivamente, in questo mondo che mangia un po’ l’umanità, va recuperato questo senso forte che penso possa essere salvato solo dalla Misericordia di quest’anno, che ci è stata instillata e ispirata nei confronti ‘degli scartati’”.

Il discorso, tuttavia, “va ancora molto compreso”. “Forse – aggiunge – sarà possibile farlo quando si capirà che quello dei poveri non è un argomento sociologico o populista, ma è Vangelo. Il primo scartato è stato proprio Gesù”.

“Penso che l’idea del Papa sia trasmettere questo spirito e cioè che ognuno di noi può fare qualcosa per i poveri, anche poco”, afferma Carlo Santoro. “Tutta la Chiesa e ciascuno di noi che ne fa parte, siamo chiamati ad aiutare ciascun povero che incontriamo per la strada. In Africa si dice che nessuno è talmente povero che non può aiutare un altro povero. Nessuno può tirarsi fuori, ognuno deve prendersi la propria responsabilità”.

Stesso discorso vale per i rifugiati. “Un tema strumentalizzato”, secondo Santoro,“è evidente che ci sono persone che scappano dalla guerra e qua non possiamo dire di essere abbastanza poveri per non accoglierli, o che non c’è lavoro e via dicendo. Tantomeno possono metterci in crisi 9 donne immigrate con qualche bambino. Non credo che ciò possa destabilizzare la nostra società o i nostri valori, anzi i nostri valori sono proprio l’accoglienza, la solidarietà. Queste persone rischiano la vita in mare, non vengono qua in vacanza o a fare campeggio, scappano dalla guerra che è una cosa molto seria. Purtroppo non siamo riusciti a fare ancora nulla per fermare la guerra, ma possiamo fare tanto per aiutare i rifugiati”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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