Girolamo Miani: alla scuola del suo "caro Maestro Cristo" (Seconda parte)

L’attualità di un maestro dell’educazione cristiana, spiegata dal Superiore Generale dell’Ordine dei Padri Somaschi

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[La prima parte è stata pubblicata ieri, giovedì 7 febbraio]

Terzo passo: vivere dentro un ambiente di relazione comunionale

Nulla di veramente umano nasce, cresce e si sviluppa fuori di un ambiente che non sia veramente “umano”. Non si tratta di un gioco di parole, ma di una costatazione che ha radici antropologiche: la persona umana è relazione, e solamente dentro uno spazio di relazione si costituisce come persona, quindi prima si forma e poi sarà in grado di educare. Sempre a partire dalla data del 27 settembre 1511, acquisterà in Girolamo ogni giorno più importanza il trovare e poter far parte di un particolare ambiente relazionale umano-cristiano. La parola che identifica con chiarezza questo concetto è Compagnia: anche questa da scrivere con la lettera maiuscola.La Compagnia è e rimarrà l’ambiente formativo-educativo di Girolamo, ed allo stesso tempo la sua eredità spirituale e carismatica per la Chiesa.

Motivo questo passo fondamentale evidenziando nella vita del Miani la doppia traccia che il termine Compagnia ha nella sua esperienza di cristiano e di cristiano riformato[1].

Prima traccia: si tratta della Compagnia del Divino Amore. Non si nasce cristiani (al massimo si nasce in una famiglia o cultura cristiana), cristiani lo si diventa attraverso un lungo percorso di formazione. Il luogo della formazione cristiana è sempre una compagnia, come la si chiamava allora, o dentro un’esperienza di comunione, come si preferisce dire oggi. La Compagnia del Divino Amore, espressione italiana della Devotio Moderna, è l’ambiente dove Girolamo scopre e viene avviato alla conoscenza della Parola di Dio, meditata e vissuta insieme, ed all’esercizio delle opere di carità verso il prossimo. La Compagnia è e rimarrà la sua scuola di vita cristiana, in questo ambiente è dove Girolamo diventa cristiano riformato.Seconda traccia: si tratta della Compagnia dei Servi dei Poveri. Il fine nobile di tanti sacerdoti e laici dell’epoca era di riformare il popolo cristiano allo stato di santità del tempo degli Apostoli, il luogo per realizzare tale “riforma” è la Compagnia dei Servi dei Poveri. Essere servi ed essere poveri, è per Girolamo non una condizione in cui ci si viene a trovare, ma un impegno di vita da raggiungere e conservare come bene profondo e indispensabile da preferire a tutto. Ne sono testimoni le raccomandazioni che si trovano nelle lettere, nella Nostra Orazione e la breve pennellata dell’amico che lo descrive esercitato a vivere la santa pratica della vita cristiana sempre in compagnia dell’amica povertà[2]. L’esercizio costante di formazione personale di Girolamo, e che propone ai suoi amici e collaboratori, è di diventare servi ed esercitarsi in povertà.

Quarto passo: educare la propria coscienza attraverso l’avvertire una Presenza

Il segreto con cui Girolamo riusciva a mantenere viva ed effettiva la sua formazione continua, dopo la “conversione”, e soprattutto quando incomincia ad avvertire il ruolo di Fondatore, sta, secondo me, nell’aver educato la sua coscienza ad avvertire una Presenza (anche qui scritto in maiuscolo) sempre al suo fianco. Si tratta della presenza di Cristo Gesù che, come continuamente ripete ai suoi fratelli e figli della Compagnia, non abbandona mai chi pone la fede e la speranza in Lui solo. Che si tratti di una presenza educativa per sé ed i suoi, credo sia facile dedurlo, seguendo anche qui una doppia traccia linguistica: i sostantivi e gli aggettivi che Girolamo usa nel rapportarsi con Cristo.

Prima traccia: i sostantivi. Stando alle fonti coeve al Fondatore, Girolamo si riferiva a Cristo contemplandolo nella veste di suo Maestro e Capitano. Maestro e Capitano sono due sostantivi che non esprimono, in questo caso, una professione didattica o militare, quanto una relazione identificante. Girolamo segue costantemente la scuola del suo Maestro e quindi si fa discepolo, obbedisce e si esercita a seguire il suo Capitano e diventa soldato, ossia pratica su di sé una continua disciplina. La formazione continua necessita quindi per Girolamo di discepolato e di ascetica. Se riuscirà a mettere insieme molte buone persone sia sacerdoti sia laici formando comunità di poveri istruiti nella vita cristiana e che si guadagnano da vivere con il loro onesto lavoro[3], è perché verrà identificato anche lui come un maestro e capitano di Compagnia, ma potrà essere tale, solo nella misura in cui si manterrà discepolo e soldato dell’unico Maestro e Capitano: Cristo.

Seconda traccia: gli aggettivi. Scrivendo e parlando (cfr. nella preghiera) di Cristo Girolamo fa uso di un’aggettivazione propria, segno di una personalissima esperienza mistica. Gli aggettivi che ritornano con più costanza sono caro e buono, e poiemergono due superlativi, benignissimo e dolcissimo. Gli aggettivi non dicono la sostanza, ma esprimono la cura delle relazioni e la formazione dei sentimenti. Si tratta di curare la relazione personale con Gesù (= gli aggettivi buono e caro), e di formare, partendo da tale relazione personalissima, i propri sentimenti (= i superlativi benignissimo e dolcissimo). E’ proprio questa relazione e cura dei sentimenti in Cristo che renderà Girolamo ogni giorno più paziente, benigno e misericordioso verso tutti incominciando da quelli di casa[4].

A conclusione una convinzione ed un impegno quotidiano

Convinzione:La convinzione emerge dal ripercorrere l’esperienza educativa di san Girolamo e nell’eredità da lui lasciata alla Congregazione. La esprimerei così: il comando di Gesù al dottore della legge che lo interrogava come Maestro su chi è il prossimo, “va’ e anche tu fa’ così”[5], può essere trascritta come “vai e diventa educatore”. Ricordiamoci però che farsi educatore è un valore che necessità un lavoro su se stesso.Ogni giorno ci dobbiamo ricordare che i poveri ed i piccoli non sono sono educati, ma che ci educano! L’educazione deve sempre partire dal basso, dal punto più basso, dal debole, dal povero, dall’ultimo … a differenza di altre cose – come l’economia – ha come metro di riferimento il debole non il forte!

Impegno quotidiano: L’impegno quotidiano lo traggo dal sapiente programma di vita che Angelo Roncalli scrisse per se stesso, e che intitolò Solo per oggi:

Solo per oggi crederò fermamente, nonostante le apparenze contrarie, che la Provvidenza di Dio si occupi di me come se nessun altro esistesse al mondo.

Solo per oggi avrò cura del mio aspetto; non alzerò la voce, sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno, non pretenderò di migliorare nessuno se non me stesso.

Solo per oggi compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.

Solo per oggi dedicherò dieci minuti a qualche buona lettura ricordando che, come il cibo è necessario al corpo, così la buona lettura alla vita dell’anima.

Solo per oggi non avrò timori. Non avrò paura di godere ciò che è bello e di credere alla bontà.

Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò a puntino ma
lo farò e mi guarderò da due malanni: la fretta e l’indecisione.

Posso ben fare per dodici ore ciò che mi sgomenterei se pensassi di doverlo fare per tutta la vita.

Sono certo che anche Girolamo avrebbe sottoscritto questo impegno… di sicuro lo ha vissuto.

***

NOTE

[1] Termine usato in An 13,7 per identificare il Miani nella sua missione caritativa ed apostolica.

[2] An 13, 5

[3] An 13, 2

[4] 6Lett 12

[5] Lc 10, 37

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ZENIT Staff

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