Giovanni XXIII, un Papa al di là di ogni ideologia

Lo scrittore Marcello Veneziani demolisce il mito del Papa di “sinistra” proponendo “l’altra bontà di Roncalli” rivolta verso coloro che durante la guerra combatterono dalla parte perdente

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Quello di “tirare i Papi per la mozzetta” a destra o a sinistra non rappresenta un costume recente, sorto nel corso del pontificato di Francesco. È vecchio almeno quanto lo sono le ideologie con il suffisso “-ismo”. Ne furono poi oggetto – chi più e chi meno – un po’ tutti i Papi saliti al soglio pontificio dopo la fine del Secondo conflitto mondiale. In particolare la figura di papa Roncalli, canonizzato appena due giorni fa, venne intarsiata di una retorica ideologica (di sinistra) che in taluni casi rasenta e persino valica il confine del goffo. In occasione dei cinquant’anni dalla sua morte, il 3 giugno 2013, è apparso su Il Giornale un articolo dell’intellettuale di destra Marcello Veneziani mirato a sottolineare “l’altra bontà di Roncalli”. Una bontà, che sottende pietà e misericordia, rivolta verso tutti, indiscriminatamente. Anche verso chi, nel corso della guerra, aveva militato dalla cosiddetta “parte sbagliata”. Nell’intervista che segue, Marcello Veneziani parla di questo e di altri aspetti di Giovanni XXIII.

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In un’epoca in cui in Italia forte era l’influenza culturale e politica della sinistra, quale fu l’atteggiamento di papa Giovanni XXIII rispetto alla memoria dei tragici eventi della Seconda guerra mondiale?

Veneziani: Roncalli nel dopoguerra ebbe sempre come prioritario impegno la pacificazione degli italiani e il rispetto della memoria storica anche di coloro che furono dalla parte perdente. L’indulgenza che molti riscontrarono in Roncalli da Papa verso il comunismo e la sinistra era la stessa che egli aveva espresso verso Mussolini e il fascismo, durante e anche dopo il regime.

E nel decennale del 25 aprile 1945, cosa dispose il card. Angelo Roncalli, allora Patriarca di Venezia?

Veneziani: Roncalli dispose che i sacerdoti dovessero astenersi da prender parte a manifestazioni civili, come i cortei per celebrare la Resistenza e autorizzò a celebrare messe in suffragio dei caduti di ogni parte, compresi i fascisti. Del resto, quando fu ucciso Mussolini, Roncalli annotò: “Giornata triste nel pensiero della fine esecranda riservata dai partigiani – cosiddetti patrioti – a Mussolini e Clara Petacci. Vangelo sanguinoso e implacabile. Io però ho invocato misericordia e pace”.

Memoria a parte, dopo la famosa seduta del Gran Consiglio del Fascismo del luglio ’43, mons. Roncalli, delegato apostolico in Turchia e Grecia, descrisse con parole tutt’altro che ingrate la figura del Duce, vero?

Veneziani: All’indomani del Gran Consiglio del fascismo che aveva destituito Mussolini il 25 luglio del ’43, lo stesso monsignor Roncalli scriveva: “Il gesto del duce lo credo atto di saggezza che gli fa onore. No, io non getterò pietre contro di lui. Anche per lui sic transit gloria mundi. Ma il gran bene da lui fatto all’Italia resta; il ritirarsi così è espiazione di qualche suo errore”. Perfino il Processo di Verona, quando Mussolini e la Repubblica sociale italiana manderanno a morte alcuni gerarchi colpevoli di tradimento, sarà interpretato da monsignor Roncalli come iscritto in un disegno della Provvidenza. Dopo la guerra papa Giovanni sarà testimone decisivo a Norimberga in favore dell’ambasciatore della Germania nazista a Istanbul, sede apostolica di Monsignor Roncalli, Franz von Papen.

Nell’Enciclica Mater et Magistra, Giovanni XXIII riprende e commenta così la Quadragesimo annodi Pio XI: “…non è da ammettersi in alcun modo che i cattolici aderiscano al socialismo moderato: sia perché è una concezione di vita chiusa nell’ambito del tempo, nella quale si ritiene obiettivo supremo della società il benessere, sia perché in esso si propugna una organizzazione sociale della convivenza al solo scopo della produzione, con grave pregiudizio della libertà umana, sia perché in esso manca ogni principio di vera autorità sociale”. A cosa attribuisce, allora, la nascita del “mito” di Giovanni XXIII quale Papa “di sinistra”?

Veneziani: L’innovazione più radicale di Papa Giovanni fu la cosiddetta distinzione tra l’errore e gli erranti. Il comunismo restava un errore, ma i comunisti, gli erranti, non potevano perciò essere dannati, ma la chiesa aveva il dovere di dialogare e di aprire le sue braccia accoglienti. Fermo restando che si trattava comunque di “un errore”. Roncalli fece cadere di fatto la scomunica ma riaffermò l’incompatibilità tra la lotta di classe, la rivoluzione, l’uso della violenza e il materialismo ateo, con i principi, la fede e la pratica cristiana.

Sempre a proposito di Encicliche. Come valuta la Pacem in terris nel contesto geopolitico in cui fu emanata?

Veneziani: Ferma restando la dottrina cristiana in ordine all’umanità e alla comunità, il Papa cercò di alzare lo sguardo oltre la fase più intensa della Guerra fredda, ormai alle spalle, e di osservare la realtà con uno sguardo sì pacifico ma anche “terzo” rispetto ai due confliggenti, il capitalismo e il comunismo, rispetto ai quali la visione spirituale cristiana era diversa anche se magari non equidistante. Naturalmente, non mancò qualche concessione forse eccessiva allo spirito del tempo…

Come interpreta le affinità riscontrate tra quell’Enciclica e il discorso che pronunciò Palmiro Togliatti durante un comizio a Bergamo dal titolo Il destino dell’uomo?

Veneziani: Beh, i comunisti colsero la palla al balzo delle aperture giovannee, con opportunismo politico e con tempismo storico, valorizzando la linea di compromesso storico che poi si sarebbe chiamata catto-comunista, ma che era presente, seppure minoritaria, sin dall’immediato dopoguerra e al tempo del patto costituzionale. Il tutto venne poi avvolto negli anni in una melassa di buonismo ecumenico che comprendeva il Papa Buono, l’Americano Buono (Kennedy), il comunista buono (Kruscev)…

Molti osservatori paragonano, per temperamento e lucidità politica, Giovanni XXIII a papa Francesco. Condivide questa considerazione?

Veneziani: Per certi versi sì, Giovanni XXIII si presentò come la gigantografia di un parroco, con un linguaggio semplice e un incedere dimesso, senza la solennità ieratica dei papi che lo avevano preceduto. Si potrebbe dire che papa Giovanni XXIII evocò in molti la figura materna, un volto affabile, teso alla carezza e ad affermare il ruolo della Chiesa mater et magistra. Tanto Wojtyla appare come una figura paterna, di vero Santo Padre, quanto Roncalli esprime nella sua tenerezza, seppure a volta un po’ ruvida, il volto materno della Chiesa. Papa Roncalli sta a papa Bergoglio come Paolo VI sta a Benedetto XVI, due figure di pontefici intellettuali, anche se Montini con un’estrazione politico-culturale e Ratzinger con una vocazione teologico-filosofica.

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Federico Cenci

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