Giovanni XXIII e l'ermeneutica della riforma

Il cardinal Roncalli scriveva nei suoi diari “Ogni epoca ha le sue opere d’arte”

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Il cardinale Angelo Roncalli annota nei suoi diari all’anno 1958: “30 agosto, sabato […] Passando da Lodi arrivammo a Rivolta d’Adda, dove fui ammirato della Casa Generale delle Suore Adoratrici fondate dal ven. Francesco Spinelli presso la cui tomba fui ben contento di pregare. Come il Signore lavora i suoi Santi! Ivi incontrai parecchie anime sacerdotali distinte. Verso le 16 dopo aver visitata la parrocchiale di Rivolta molto interessante: mi rimisi in viaggio che fu felice. Alle 21 giungemmo felicemente a Venezia”.

Di quella visita si ha anche una relazione, recentemente ripubblicata da La Voce di sant’Alberto, stesa dal parroco – monsignor Felice Soregaroli, che lo accolse nella Basilica di San Sigismondo e Maria Assunta in Rivolta d’Adda – in cui traspare la visione ecclesiale di colui che dopo pochi mesi fu eletto pontefice assumendo il nome di Giovanni XXIII. Infatti nella sua valutazione dei diversi stili artistici presenti nella Basilica di Rivolta d’Adda si percepisce quell’ermeneutica della riforma che lo guiderà anche nella convocazione del Concilio Vaticano II.

***

Veramente, allora, due mesi or sono e precisamente il 30 agosto scorso, non… era Papa. Era il Patriarca di Venezia, era S. Eminenza il Cardinale Roncalli […].

Ebbi l’immeritato onore di sedere alla sua destra durante il pranzo consumato nell’ospitale Casa Madre delle Suore Adoratrici. Durante la conversazione, sempre piacevolissima, si è parlato anche di Lourdes, della sua andata per la Consacrazione della nuova Basilica sotterranea e del mio prossimo pellegrinaggio […]

Poi si è saputo che un bambino di Rivolta aveva trovato… dei documenti. Si trattava, mi pare, della polizza di assicurazione della sua macchina. Era caduta, forse mentre era sceso Sua Eminenza. In anticamera, stavano il Tenente dei Carabinieri di Crema e il nostro Sig. Maresciallo. Prima del “caffè” andò da loro con tanta affabilità e si intrattenne in cordiale colloquio.

Quando tornò, osai chiedere se voleva visitare la nostra Chiesa. “Sì, volentieri – mi rispose – ho avuto qualche notizia di questa antica chiesa; vengo a visitarla con piacere, ma… a patto che non si suonino le campane… Le dico questo perché qualche parroco, credendo di farmi piacere gli bastava una promessa del genere e preparava una vera e propria funzione religiosa e io… oggi ho poco tempo. Devo essere a Venezia questa sera alle 8 e desidero fermarmi un momento al Santuario di Caravaggio. Alle 3 vengo a vedere la sua Chiesa, ma… si ricordi: non lo dica a nessuno”.

S. Eminenza doveva fermarsi in Convento per rivolgere la sua parola alle Suore; io corsi, contento, a casa dare… segretamente l’annuncio. Mi sembrava di essere Zaccheo, sceso dal sicomoro dopo che Gesù gli aveva detto: “Oggi vengo a casa tua!”.

Con me, venne il Segretario di Sua Emminenza. Da buon intenditore d’arte, rimase entusiasta della nostra Chiesa; mi fece tuttavia notare la stonatura dell’altare barocco in una Chiesa romanica. Tanti altri mi avevano fatto la stessa osservazione; rassegnatamente me l’aspettavo anche dal Cardinale. Invece… Alle tre, ero di nuovo in Casa Madre, ma S. Eminenza era appena partito. Rifeci, in fretta, la strada e lo incontrai alla porta della Chiesa. C’erano i nostri Sacristi, qualche uomo, qualche donna, qualche bambino. Si è soffermato con tanta benevolenza e tutti Gli hanno baciato la mano. Quanti di Rivolta, ora, rimpiangono la loro mancata presenza!

Lentamente, osservando ogni cosa, ha attraversato tutta la nostra Basilica. Alla balaustra si è inginocchiato in preghiera. Pregava Gesù e guardava l’Altare. Io Gli ero vicino. Quando si alzò: “Vede Eminenza – Gli dissi – l’Altare non è adatto alla Chiesa… me lo dicono tutti; bisognerebbe sostituirlo con una mensa che si addica allo stile della Basilica…”.

“Perché? – mi rispose – Io invece penso che stia bene quell’altare che è tanto bello… Deve essere del settecento. Se lei lo sostituisce avrebbe un altare, sia pure in stile… ma fabbricato ora. Ogni epoca ha le sue opere d’arte! Lei ha già una bella chiesa romanica del 1100 circa, ha un bel Altare barocco del settecento… ed ora faccia un’altra opera d’arte, lei, la più preziosa”.

Io Lo guardavo con apprensione. Mi strinse le mani e continuò: “Lei curi con zelo questa parrocchia e la faccia diventare una parrocchia modello – 1958”. Rimasi commosso e confuso.

“Sì, Eminenza! Farò del mio meglio… mi aiuti con la sua preghiera”.

Me la promise, me l’assicurò col Suo gesto caratteristico che sembrava un abbraccio.

“Grazie, Santità!” Posso ripetere ora, per quella promessa… di benedizioni che mi fece uscendo dalla mia Chiesa per entrare nella mia casa.

Non mi sembrava vero ospitare un Cardinale, un Principe di Santa Romana Chiesa… Neppure lontanamente pensavo di ospitare il futuro Papa.

Si fermò affabilmente, accettando di bere qualche cosa di fresco. Faceva tanto caldo in quel giorno. Si interessò della salute di mia sorella, che era in quel momento ammalata, la benedisse e parlò delle sue sorelle, morte da poco, quasi contemporaneamente.

“Per noi sacerdoti – soggiunse – dopo la mamma sono tanto preziose le sorelle ed ho sofferto molto per la loro morte”.

Fuori, davanti alla Chiesa, la sua macchina, targata S.C.V. attendeva.

Prima di salirvi, il futuro Pontefice fece ancora dono della Sua Benedizione ai pochi presenti, alla Parrocchia tutta.

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Pietro Messa

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