Giornata Mondiale Rifugiato: la voce spezzata dei minori in fuga dalla guerra

Oltre 3.000 i bambini e gli adolescenti giunti via mare in Italia da gennaio ad oggi, riferisce Save the Children. Ora chiedono all’Europa un futuro di pace

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Dalla frontiera di sbarco a sud, nelle città di transito a Roma e Milano e alle frontiere con gli altri paesi europei, sono quasi 2.000 i bambini e minori soli non accompagnati in fuga dai conflitti in Siria, Iraq, Palestina, Somalia e Libia, o dall’arruolamento militare senza termine per la dittatura in Eritrea, che chiedono oggi con una sola voce all’Europa di poter crescere in pace, giocare, andare a scuola e costruire con dignità la loro vita come i milioni di loro coetanei che vivono nell’Unione.

Sono più di un terzo dei 5.669 minori giunti via mare in Italia tra il 1° gennaio al 17 giugno di quest’anno, di cui 3.622 minori hanno affrontato il viaggio da soli. È a loro che Save the Children, l’Organizzazione dedicata dal 1919 a salvare i bambini e tutelarne i diritti, vuole dare voce alla vigilia della Giornata Mondiale del Rifugiato 2015.

“Le testimonianze che raccogliamo ogni giorno con i minori soli e le famiglie che incontriamo e assistiamo nelle aree di sbarco e nei centri di prima accoglienza a sud o nelle città di Roma e Milano, ci raccontano di lunghi viaggi che durano settimane o mesi, in mano ai trafficanti, di violenze di ogni tipo subite ripetutamente nei paesi attraversati e poi in Libia, gravi traumi che hanno lasciato un segno profondo. L’Italia e l’Europa hanno il dovere di accoglierli e proteggerli, e di offrire loro la possibilità di costruire un futuro diverso da quello violento che sono stati costretti ad abbandonare”, ha dichiarato Raffaela Milano, direttore programmi Italia-Europa di Save the Children.

“Come sottolineato anche dalla nuova Agenda europea per l’immigrazione proposta dalla Commissione e all’esame degli stati membri, i minori soli rappresentano una componente particolarmente vulnerabile nell’ambito dei flussi migratori ed è indispensabile che l’Europa si doti di un sistema integrato di accoglienza e protezione per evitare che, una volta giunti in Europa, questi ragazzi e ragazze siano di nuovo costretti ad una nuova odissea nella mani di trafficanti senza scrupoli”, ha aggiunto.      

Tra i minori soli non accompagnati sbarcati in Italia nel 2015 con l’intenzione nella maggior parte dei casi di raggiungere familiari o amici nei paesi del nord Europa tra cui Svezia, Norvegia, Germania e Inghilterra, ci sono più di mille adolescenti eritrei, scappati da soli da una dittatura che li condanna già da giovanissimi ad un arruolamento nell’esercito senza scadenza come spiega Eden, che aveva appena compiuto 18 anni quando è fuggita l’anno scorso dal suo Paese. 

“Non avevo scelta – racconta – in Eritrea ero un soldato e guardando le altre persone come me, ho visto quale sarebbe stato il mio futuro, cioè non avevo futuro. Ho disertato e non potevo restare più lì, quindi ho deciso di partire. I soldati in Eritrea fanno parte del servizio militare nazionale a tempo indeterminato. Non hanno un luogo in cui dormire, devono fare per addestramento circa 600 chilometri a piedi in due mesi in luoghi impervi, ricevendo solo un po’ di pane e dell’acqua e dovendo per il resto arrangiarsi. Devono essere pronti per la guerra in ogni momento”.

Il viaggio dall’Eritrea all’Italia passa attraverso l’Etiopia e il Sudan, o l’Egitto, prima di raggiungere la Libia, con un’esposizione continua alle violenze efferate dei trafficanti, che  può durare settimane o mesi, ma anche anni come per Samson, che ne ha 16 oggi ed è tra i quasi 200 minori soli eritrei che sono a Roma in attesa di proseguire il loro viaggio verso il nord Europa.  

“Sono stato rapito e rinchiuso per 3 mesi nel Sinai – riferisce – insieme ad altre 150 persone, eritrei, etiopi e somali, senza acqua  e senza cibo, ogni tanto lanciavano del pane e chi era fortunato mangiava. Mi hanno torturato per avere più soldi e ancora soldi, mi legavano e facevano cadere addosso le gocce di plastica fusa bollente, mi hanno appeso a testa in giù per percuotere i piedi e impedirmi di scappare, ho avuto un braccio rotto, ma un giorno un compagno è riuscito a svitare la cerniera della porta e siamo riusciti a scappare”.

Il viaggio di Tareke, che ha 17 anni, è durato poco più di un anno, nel tragitto tra il Sudan e la Libia, in 30 su un pickup dei trafficanti, qualcuno ha fatto qualcosa che non andava e loro, sotto l’effetto di droghe che prendevano in continuazione, li hanno tirati giù dal mezzo, li hanno cosparsi di benzina e gli hanno dato fuoco davanti a noi. “In Libia – dice il ragazzo – siamo stati chiusi per 4 mesi in una fabbrica di sardine vicino a Tripol, in più di mille persone, venivamo percossi con delle barre di ferro per ricattare i nostri parenti o amici che ci sentivano urlare dal telefono, per avere più soldi. Da me i trafficanti hanno avuto 5.500 dollari per tutto il viaggio: 1600 dall’Etiopia al Sudan, 1800 dal Sudan alla Libia e 2000 dalla Libia all’Italia”.

Feben e Lem Lem hanno rispettivamente 16 e 18 anni, sono sorelle, erano insieme mentre attraversavano il fiume Tezeke al confine con il Sudan dentro un contenitore tirato da una corda, nell’acqua c’erano molti coccodrilli. Racconta Feben: “Una volta in Sudan i trafficanti del posto ci hanno portati in Libia vicino a  Bengasi e ci hanno rivendute per 1,700 dollari a testa agli altri trafficanti che organizzavano la traversata del mare per la quale abbiamo pagato 1.800 dollari ciascuna. Abbiamo aspettato un mese rinchiuse prima di imbarcarci, e poi in mare eravamo sospese tra la vita e la morte, il motore del barcone si è rotto e tutti gridavano forte, ci stringevamo, pregavamo, pesando a nostro fratello che è in Inghilterra. Vogliamo raggiungerlo ma non sappiamo come fare”.

“I nostri genitori sono in Eritrea – spiega –  insieme ad un’altra sorella e ad un fratello, non abbiamo notizie di loro, non sappiamo se partiranno dopo di noi. Nessuno vuole lasciare il proprio Paese, non lo auguro a nessuno, mi vergogno per averlo fatto e aver perso ogni dignità, ma voglio studiare, diventare un avvocato e difendere i diritti umani”.

Per offrire assistenza e protezione ai bambini con le loro famiglie e ai minori soli non accompagnati, principalmente di origine eritrea e siriana, che fanno sosta a Roma e Milano nel tentativo poi di  proseguire il viaggio verso il nord Europa, Save the Children ha esteso il suo intervento nelle due città. A Roma, all’interno del campo gestito dalla Croce Rossa Italiana presso la Stazione Tiburtina, è stata installata una tenda che accoglie uno Spazio Bambini e Adolescenti dove un team dell’organizzazione realizza attività partecipative, ludico-ricreative ed educative per i bambini e agli adolescenti migranti accompagnati e non, ospitati all’interno del campo, per sostenerli ed aiutarli a elaborare il proprio vissuto,  superare i traumi subiti e ricevere una corretta informazione legale rispetto ai loro diritti. Il team è già  da giorni operativo anche al di fuori del campo attraverso attività di outreach, volte a raggiungere e supportare le famiglie e i minori soli che sono attualmente al Centro Baobab o in altri luoghi limitrofi.

Save the Children si occuperà inoltre, in accordo con Croce Rossa Italiana, di facilitare il coordinamento degli interventi rivolti ai minori, operando in sinergia con le altre associazioni attive sul campo e di monitorare le esigenze ed il rispetto dei diritti dei più piccoli. A Milano, presso l’hub provvisorio creato dal Comune di Milano presso la Stazione Centrale, lo staff di Save the Children, già impegnato nelle attività quotidiane di outreach nella zona e presso il centro diurno per i minori soli non accompagnati Civico Zero in via Soperga,  avvia oggi le attività educative e ludico-ricreative dedicate ai numerosi bambini dei gruppi familiari che sostano con i loro bambini in attesa del collocamento nei centri predisposti dal Comune.

 
Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione