Foto: Gc36.org

Gesuiti: quel “granello di senape” che Sant’Ignazio piantò

Il domenicano Bruno Cadoré ha celebrato ieri la Messa d’apertura della 36° Congregazione generale nella Chiesa del Gesù

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

I 215 membri della 36° Congregazione generale della Compagnia di Gesù, hanno celebrato ieri, 2 ottobre, l’Eucaristia nella Chiesa del Gesù per aprire i lavori assembleari.
La messa è stata presieduta da padre Bruno Cadoré, maestro dell’ordine dei predicatori. Secondo una tradizione consolidata da anni, il superiore dei domenicani è invitato a celebrare il funerale del Generale dei gesuiti.
“Un’assemblea come la vostra, radicata in una tradizione di evangelizzazione così ricca e portatrice di così tanta esperienza degli uni e degli altri, si potrà certamente dedicare sia al compito di chiamare sempre la Compagnia ad osare l’audacia dell’«improbabile», che alla volontà evangelica di farlo con l’umiltà di quelli che sanno che, in questo servizio in cui l’umano impegna tutta la sua energia, «tutto dipende da Dio»”, ha detto Cadoré.
La Compagnia di Gesù, ha proseguito il domenicano, fu per Sant’Ignazio il classico evangelico “granello di senape, in un tempo di crisi, di bisogno di fraternità e di fronte a sfide immense” ed oggi è auspicabile avere questa “audacia dell’improbabile” che fu propria del fondatore.
Viviamo oggi in un mondo costruito sul “sul sangue di una moltitudine di dimenticati e manipolati”, su “nuovi idoli” e su “violenze che sfigurano il viso dell’umano nelle persone, le società, i popoli” e che talora pretendiamo di “rovesciare, con le nostre mani umane e nel limite delle nostre intelligenze e delle nostre capacità”.
Serve però, piuttosto, un lavoro di “rammendo”, facendo sentire “la voce di Colui che, contro ogni previsione, conduce il suo popolo e gli dà la forza di vivere con la sua fedeltà”. Padre Cadoré ha quindi auspicato per i gesuiti la grazia di lasciarsi guidare da questa voce divina che “rovescia la morte e stabilisce la vita”.
Il domenicano ha quindi indicato ai gesuiti, la “audacia dell’evangelizzazione”, orientata verso il “il viso di questo Salvatore di cui prova a far sentire la voce e percepire il mistero”.
L’omelia ha fatto riferimento anche agli inevitabili “scandali” e alla necessità di “non trascinare nel peccato nessuno di ‘questi piccoli’” e, comunque, di perdonare sempre, andando “oltre l’offesa per dare di nuovo, senza condizione, la vita in abbondanza”.
Padre Cadoré ha concluso ricordando una preghiera di Sant’Ignazio, che a Gesù chiedeva: “insegnaci ad essere generosi, ad amarti come lo meriti, a dare senza contare, combattere senza preoccuparci delle ferite, lavorare senza cercare il riposo, dedicarci senza aspettare altre ricompense di quella di sapere che facciamo la tua Santa volontà”. Un invito, secondo il domenicano, a mettersi tutti al servizio della “tavola di Emmaus, dove il semplice servitore impara il suo mestiere lasciandosi guidare dal suo primo compagno, il Salvatore, Gesù-Cristo”.
[A cura di Luca Marcolivio]

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione