Gesù sulla croce: un affidamento totale al Padre

La catechesi di Benedetto XVI durante l’Udienza Generale

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di Luca Marcolivio

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 15 febbraio 2012 (ZENIT.org) – Come mercoledì scorso, anche stamattina papa Benedetto XVI ha incentrato l’Udienza Generale sulla preghiera di Gesù nell’imminenza della morte. Questa volta il Santo Padre si è soffermato in particolare sul Vangelo di Luca.

Il terzo dei vangeli sinottici riporta tre delle frasi pronunciate da Gesù in croce. La prima è una supplica al Padre dopo essere stato inchiodato sul patibolo.

La richiesta di perdono per i propri carnefici (Lc 23,33-34) è perfettamente coerente con il Discorso della Montagna: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano” (Lc 6,27). “Adesso, dalla croce, Egli non solo perdona i suoi carnefici, ma si rivolge direttamente al Padre intercedendo a loro favore”, ha commentato Benedetto XVI.

Molto simile, ha osservato il Papa, è l’atteggiamento del protomartire Santo Stefano che, assalito dalle pietre dei suoi aggressori, proclama: “Signore, non imputare loro questo peccato” (At 7,60).

Inoltre Cristo chiede al Padre di perdonare chi lo crocefigge “perché non sanno quello che fanno” (Lc 23-34). Questa “ignoranza”, ha spiegato il pontefice “lascia aperta la via verso la conversione”, come già evidenziato da Benedetto XVI nel suo saggio Gesù di Nazaret (II, 233).

La seconda affermazione di Gesù in croce è rivolta al latro poenitens, ovvero il buon ladrone pentitosi dinnanzi al Figlio di Dio morente. La richiesta del ladrone a Gesù di ricordarsi di lui quando entrerà nel suo Regno (Lc 42), riceve una risposta che va oltre ogni aspettativa: “In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso” (Lc 43).

Entrando in comunione con il Padre, Gesù schiude agli uomini le porte dei Cieli, dandoci la certezza che “la bontà di Dio può toccarci anche nell’ultimo istante della vita e la preghiera sincera, anche dopo una vita sbagliata, incontra le braccia aperte del Padre buono che attende il ritorno del figlio”.

Un istante prima di morire, infine, Gesù grida: “Padre, nelle tue mani, consegno il mio spirito” (Lc 44-46). A tal proposito Benedetto XVI ha osservato che ciò avviene proprio quando il sole si è eclissato e il velo del tempio squarciato.

“La morte di Gesù – ha commentato il Santo Padre – è caratterizzata esplicitamente come evento cosmico e liturgico; in particolare, segna l’inizio di un nuovo culto, in un tempio non costruito da uomini, perché è il Corpo stesso di Gesù morto e risorto, che raduna i popoli e li unisce nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue”.

Il Padre a cui Gesù si è abbandonato definitivamente, è lo stesso che Cristo, dodicenne, nomina dopo essere stato ritrovato da Giuseppe e Maria nel tempio insieme ai dottori: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo essere in ciò che è del Padre mio” (Lc 2,49). “Allora era rimasto per tre giorni nel tempio di Gerusalemme, il cui velo ora si è squarciato”, ha fatto notare il Papa.

In entrambi i casi Gesù vive una “relazione unica con il Padre” e, in particolare sulla croce, Egli “vive pienamente, nell’amore, questa sua relazione filiale con Dio, che anima la sua preghiera”.
Gesù pronuncia le sue ultime parole prima di morire, richiamandosi ad un Salmo: “Alle tue mani affido il mio spirito” (Sal 31,6). Così come nel Getsemani aveva chiesto al Padre che fosse fatta la sua volontà, ora è proprio al Padre che Egli “consegna tutta la sua esistenza”.

Se all’inizio della Passione, Gesù viene “consegnato nelle mani degli uomini” (Lc 9,44), adesso “è nelle mani del Padre che Egli pone il suo spirito”. Così “tutto è compiuto, il supremo atto di amore è portato sino alla fine, al limite e al di là del limite”.

Le ultime parole di Gesù in croce, ha proseguito Benedetto XVI, “offrono indicazioni impegnative alla nostra preghiera, ma la aprono anche ad una serena fiducia e ad una ferma speranza”. Ci invitano a perdonare come anche Lui ha fatto, tenendo “lo stesso atteggiamento di misericordia e di amore che Dio ha nei nostri confronti”.

Affidandosi totalmente a Dio Padre, Gesù “ci comunica la certezza che, per quanto dure siano le prove, difficili i problemi, pesante la sofferenza, non cadremo mai fuori delle mani di Dio, quelle mani che ci hanno creato, ci sostengono e ci accompagnano nel cammino dell’esistenza, perché guidate da un amore infinito e fedele”, ha poi concluso il Santo Padre.

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ZENIT Staff

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